Sono oltre mille i migranti ospiti dal Cara di Borgo Mezzanone ad una decina di chilometri da Foggia. Altri mille quelli che vivono nelle baracche o nelle masserie abbandonate in quella che viene chiamata la ex pista che si trova a ridosso della struttura di accoglienza.
Si tratta per la maggior parte di nordafricani, che lavorano come braccianti nelle campagne. Moltissimi di loro da qualche mese vivono in tende e roulotte sistemate a pochi chilometri dall'ex Gran Ghetto che si trovava nelle campagne tra San Severo e Rignano Garganico e che è stato sgomberato due estati fa.
Emergenza in tutta la provincia
Il Gran Ghetto era stato sgomberato anche dopo l'inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Bari su presunte infiltrazioni criminali nella gestione del caporalato nel campo. Un campo che ora sta tornando a rinascere a pochi metri dal vecchio.
Ma quella dei migranti è una emergenza che investe tutto il territorio provinciale dove insistono numerosi ghetti e insediamenti abusivi di stranieri che vivono senza le minime condizioni igienico sanitarie. Oltre 800 quelli ospitati in diversi centri sparsi per la provincia di Foggia, per lo più donne e bambini. Ci sono i ghetti di Borgo Tressanti e Borgo Libertà nelle campagne di Cerignola, Cicerone a Orta Nova.
Molti dei migranti sgomberati dal Gran Ghetto sono sparsi tra le varie baraccopoli della Capitanata, compresi alcuni rifugi che sarebbero stati ricostruiti proprio nella zone dove sorgeva, come già detto, l'insediamento abusivo. Alcuni di questi sono ospiti a Casa Sankara e all'Arena, due strutture realizzate ad hoc. Ma la convivenza non è facile: sono continue le proteste dei residenti di Borgo Mezzanone.
Il caso Nardò
Nel Salento, dopo la demolizione della ex falegnameria Boncuri di Nardò, simbolo dello sfruttamento dei migranti vittime del caporalato, buona parte della forza lavoro, impiegata nei campi in questo periodo per la raccolta delle angurie, vive in casolari abbandonati, in precarie condizioni igienico sanitarie. Nelle campagne di Nardò, dove la domanda di braccia per l'agricoltura cresce durante la stagione estiva, l'attenzione anche quest'anno è alta. "Parte dei braccianti immigrati, soprattutto africani, alloggia nel nuovo Villaggio accoglienza, ma almeno un centinaio di migranti, presumibilmente irregolari, si rifugia negli edifici rurali abbandonati, non potendo entrare nella struttura di accoglienza essendo senza documenti", spiega Monica Accogli, della Flai Cgil di Lecce.
A parte questo, in provincia di Lecce, non risulta la presenza di veri e propri ghetti come quello, ormai scomparso, della ex falegnameria Boncuri. La segretaria generale della Cgil di Lecce, Valentina Fragassi, annuncia, comunque, l'impegno del sindacato per un'azione ancora più incisiva: "con il Protocollo caporalato chiediamo il pieno rispetto non solo umano, ma anche sotto il profilo delle tutele lavorative per ogni migrante e, inoltre, maggiore integrazione. I migranti non devono rimanere isolati nelle campagne, ma vanno integrati nei centri urbani".
Nel Barese, dove l'affluenza di braccianti stranieri si concentra soprattutto durante la stagione della raccolta delle ciliegie, l'emergenza abitativa dei lavoratori è stata contrastata con la creazione di un campo di accoglienza avvenuta oggi a Turi. "Sono circa 150 i lavoratori che giungono nelle campagne di Turi - fa sapere Anna Lepore, della Flai Cgil di Bari - ai quali si è data una sistemazione dignitosa con l'intervento della Regione che ha fornito i container".