Due cuori, una capanna e un regime patrimoniale. Il più vantaggioso. A prescindere dal Paese di residenza della coppia. A partire dal 29 gennaio le coppie in cui uno dei due partner è un cittadino di un altro stato europeo potranno scegliere se adottare il regime patrimoniale italiano o quello del Paese dell’altra metà, a seconda della convenienza. Un cambio di rotta voluto dall’Unione europea allo scopo di garantire alle coppie certezza del diritto attraverso l’unicità e prevedibilità della legge che ne regolerà i rapporti.
Chi interessa
In Italia il provvedimento interessa ogni anno circa 24 mila nuove coppie formate da cittadini europei di diversa nazionalità. Secondo i dati Istat più recenti, nel 2015 in Italia il 12,4% delle nozze celebrate tanto con rito religioso quanto con quello civile (oltre 24.000 su 194.377) ha visto l’unione di coniugi di differente nazionalità. Un dato in linea con quanto accade in tutta Europa, dove stando ai dati pubblicati dalla Commissione Europea, nel 2007, il 13,4% dei matrimoni e delle unioni registrate presentava un elemento internazionale.
In tutta l’Ue - spiega Federnotai - le coppie internazionali sono oltre 16 milioni. Numeri importanti che in assenza di una armonizzazione giuridica hanno reso significativi i costi indotti dai procedimenti giudiziari paralleli in Paesi diversi, dalla complessità delle cause e dalle conseguenti spese giudiziali, stimati per l’appunto intorno a 1,1 miliardi di euro l'anno.
Cosa cambierà
Secondo quanto spiega Federnotai, i due regolamenti – il 1103/2016 e il 1104/2016 – “superano gli attuali articoli della legge n. 218/95 sul diritto internazionale privato e, per le coppie che si formano a partire dal 29 gennaio 2019, rendono uniforme il trattamento giuridico dei rapporti patrimoniali nei Paesi Ue aderenti. Al contempo i due regolamenti riconoscono alle parti libertà della legge applicabile, la cosiddetta 'optio iuris', qualora si preferisca la legge della propria cittadinanza in luogo della legge collegata alla prima residenza abituale della coppia”.
Alle parti viene garantita la possibilità di scegliere espressamente una la legge diversa da quella dello Stato di prima residenza abituale di entrambi i coniugi quale quella dello Stato di cittadinanza di uno di essi al momento della conclusione dell’accordo, ad esempio.
Addio ai paradossi
“Il cambiamento è radicale”, spiega all’Agi Giovanni Liotta, presidente di Federnotai. “I nuovi regolamenti consentiranno di superare situazioni paradossali (ma che accadono per i conflitti tra ordinamenti giuridici) e che si sono verificate. Ma per le coppie che nascono dal 29 gennaio non si dovrebbero più verificare. Oggi una coppia ad esempio italo francese con prima residenza abituale in Austria ma che vive a Parigi, a seconda che si rechi da un notaio in uno di questi Paesi (o da un avvocato) per verificare di chi sia la proprietà di un immobile acquistato in Italia durante il matrimonio, potrà avere risposte diverse. A seconda del Paese dalla cui prospettiva (giuridica) si valutava il regime patrimoniale della coppia, questo poteva essere la comunione legale di diritto italiano o la separazione de beni austriaca. Il bene in Italia potrebbe quindi dirsi di entrambi i coniugi o di uno solo, quello che firmo' l'atto di acquisto. Con i nuovi Regolamenti la soluzione sarà per i tre Paesi la legge della prima residenza abituale cioè la legge austriaca".
In mancanza di una scelta esplicita
Nel caso in cui, invece, i coniugi o le parti dell’unione registrata non effettuino una scelta esplicita, i nuovi regolamenti prevedono che vada applicata la legge dello Stato della prima residenza abituale al momento della conclusione del matrimonio oppure la legge dello Stato in cui l’unione è stata registrata. E tale legge varrà per tutti i paesi Ue aderenti ai Regolamenti.
Il ‘problema’ delle coppie omosessuali
Ma non tutti gli Stati membri si sono espressi a favore del cambiamento, in virtù del fatto che i nuovi regolamenti sono rivolti anche alle coppie formate da persone dello stesso sesso. Al punto che l’Unione europea ha promosso i due regolamenti attraverso lo strumento della cosiddetta cooperazione rafforzata. Ecco i Paesi che hanno detto sì:
- Belgio
- Bulgaria
- Repubblica ceca
- Germania
- Grecia
- Spagna
- Francia
- Croazia
- Italia
- Lussemburgo
- Malta
- Paesi Bassi
- Austria
- Portogallo
- Slovenia
- Finlandia
- Svezia
- Cipro.