La lotta alle mafie deve tornare a essere una "priorità" per la politica, con l'"impiego di uomini e mezzi nei territori controllati dalle organizzazioni criminali" tale da dimostrare "la presenza e la visibilità dello Stato" in quelle aree.
È l'appello che il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Federico Cafiero de Raho, rivolge, in un'intervista all'Agi, alle forze politiche e, in particolare, a coloro che saranno chiamati a governare il Paese.
"Nell'ultima campagna elettorale la politica - sottolinea il magistrato - non ha dato priorità al contrasto alle mafie, sono stati trascurati aspetti fondamentali, quali l'inquinamento economico, i condizionamenti e le infiltrazioni nelle amministrazioni locali, è mancata una parola forte per dire con decisione che i voti della mafia non si accettano mai".
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Sui giornalisti minacciati
Osservazioni che, in parallelo, Cafiero de Raho rivolge anche al mondo dell'informazione: "La stampa spesso non dà risalto a importanti operazioni investigative", rileva il procuratore senza però dimenticare gli episodi, sempre più frequenti, di giornalisti minacciati dalle mafie: "Si tratta di cronisti che svolgono attività di inchiesta sul mondo del crimine organizzato - afferma - e che riescono a smascherare quanto sia profondo il radicamento mafioso in determinati territori. Mettono a nudo il mafioso e sanno evidenziare il suo comportamento aggressivo, spregiudicato, di chi ritiene di essere al di sopra della legge. Questi giornalisti diventano il 'nemico' per la mafia, come lo diventa l'imprenditore vittima di estorsione che decide di denunciare. Se ne parlassero tutti, il mafioso sarebbe costretto ad arroccarsi in uno spazio molto più ridotto".
Sul pericolo in molte regioni
Al governo che verrà, dunque, il 'superprocuratore', dal novembre scorso alla guida dell'ufficio giudiziario di via Giulia, ricorda che "l'articolazione dello Stato deve essere parametrata alle esigenze del territorio per contrastare il fenomeno della criminalità organizzata". Cafiero de Raho pensa, in particolare, alla Calabria, "terra che soffre condizionamenti estremi e capillari da parte della 'ndrangheta", alla Puglia con la provincia di Foggia, "che vive un momento di grave turbamento per l'ordine pubblico e per la sicurezza dei cittadini per plurimi omicidi legati a conflitti tra clan", e alla città di Napoli "dove assistiamo alle cosiddette 'stese', e anche in centro si spara ad altezza d'uomo per mostrare di essere insensibile a qualunque sanzione".
Non mancano, poi, nel Paese, aree "dove le mafie si affacciano", Piemonte, Liguria, Emilia Romagna, Lazio, Veneto: "Il pericolo al Nord - spiega all'Agi il procuratore antimafia - non è solo la colonizzazione delle mafie o la presenza delle cosche, ma anche il fatto che le organizzazioni criminali puntano a reinvestire in quei territori i proventi del traffico di stupefacenti o di altre attività criminose. Le mafie tendono a insediarsi attraverso società 'schermatè, infiltrandosi nel tessuto economico".
Sulla Sicilia
Quanto alla Sicilia, Cafiero de Raho ribadisce di essere "ottimista" sul cerchio che sembra stringersi attorno al superlatitante Matteo Messina Denaro: "La mia esperienza - racconta - è che quando si spezza la rete che dà sostegno ai latitanti si arriva dopo un pò di tempo al loro arresto. La rete intorno a Messina Denaro inizia a essere tagliata, la latitanza diventa sempre più difficile, fino ad essere impossibile, e necessariamente si dovrà arrivare a lui".
Sulle intercettazioni
In Italia, secondo il capo della Direzione nazionale antimafia, la "legislazione è la migliore per il contrasto ai clan" e le innovazioni al codice antimafia "sono di grandissimo rilievo", ma qualche appunto critico va rivolto alla recente riforma sulle intercettazioni, che prevede che sia "la polizia giudiziaria a dover trascrivere i verbali e a valutare cosa sia rilevante o meno". Questa valutazione, dichiara Cafiero de Raho, "spetta al magistrato" e tali riforme "utili per la tutela della riservatezza finiscono per gravare ulteriormente sulle attività di investigazione, ritardando, ostacolando, spostando il centro di valutazione dal magistrato alla polizia giudiziaria".
Sul 41-bis
Ulteriori strumenti, inoltre, servirebbero per il contrasto alla corruzione, fenomeno che va di pari passo con quello mafioso: "Sarebbe utilissimo pensare ad agenti sotto copertura, infiltrati, in grado quindi di provare gli accordi corruttivi - sostiene il procuratore antimafia - nonchè prevedere benefici per chi decide di denunciare". Infine, Cafiero de Raho mette in evidenza l'importanza che la detenzione speciale e il 41 bis rivestono nella lotta alle mafie: "Questi sono i meccanismi che impediscono al boss in custodia cautelare o in esecuzione pena di continuare a esercitare il suo potere all'esterno del carcere. Non deve esserci alcun tentennamento, la detenzione al 41 bis e quella senza benefici penitenziari sono strumenti fondamentali, è necessario - conclude il capo della Dna - mantenere il rigore finora assunto, per evitare qualunque debolezza".