In Francia passa la legge che vieta i cellulari a scuola e tutti, professori e docenti, pensano che il nuovo ministro della pubblica istruzione dica subito la sua in vista della riapertura delle scuole a settembre, così da chiudere subito una grana che riguarda gli studenti delle superiori. E invece no, Marco Bussetti sul tema non risponde e manda a dire che la priorità non è certo questa. "C'è la grana dei magistrali", spiegano da viale Trastevere, sede del ministero. Davvero una bella grana, questa, i cellulari possono aspettare.
I diplomati magistrali, che fino al 2002 pensavano di poter insegnare negli asili e nelle scuole primarie senza problemi, sono rimasti impigliati in un'ingarbugliata questione piena di contraddizioni: chi ha ottenuto il ruolo negli anni passati si è guadagnato il posto di lavoro sicuro, mentre chi è passato all’insegnamento in tempi recenti, dopo essersi seduto in cattedra ora rischia di tornare a casa. Perché il diploma oggi basta più. Lo ha stabilito con una recente sentenza il Consiglio di Stato. E solo un decreto del governo può cambiare le cose, per quei 50 mila che da settembre si troverebbero senza cattedra e senza titolo per rivendicarla.
Bussetti sta vegliando le possibili soluzioni e costruendo insieme agli uffici tecnici del Miur il primo decreto scolastico del governo giallo-verde. L'obiettivo è vararlo già in settimana.
I diplomati sono stati tolti dal ruolo e dalle graduatorie pre-ruolo dalla sentenza del Consiglio di Stato dello scorso dicembre ed avallata, nei mesi successivi, da un verdetto dell’Avvocatura di Stato. Il parere, pur se non vincolante per la magistratura, fa decadere il diritto delle maestre non laureate a rimanere nelle graduatorie a esaurimento, le cosiddette Gae che danno la precedenza nella conquista di una cattedra a tempo indeterminato e che sono state appunto chiuse.
La certezza, al ministero dell’Istruzione, è che sul tema delle diplomate magistrali rimaste senza cattedra bisogna andarci molto cauti perché la decisione riguarda non solo loro ma anche centinaia di migliaia di 'controinteressati', dai laureati in scienze della formazione ai vincitori di concorso, che potrebbero trovarsi improvvisamente scavalcati nelle graduatorie o comunque destinatari di una disparità di trattamento - spiega Il Fatto quotidiano.
La sentenza da cui tutto ha avuto inizio
La sentenza del Consiglio di Stato ha dichiarato che il diploma magistrale non è un titolo abilitante per accedere alla professione. Servono la laurea e la scuola di specializzazione, ricorda Il Secolo XIX. Una vicenda cominciata nel 2001, quando vennero chiuse le scuole magistrali, e proseguita con la riforma Moratti, che ha fissato come requisiti per poter insegnare la laurea e la scuola di specializzazione. Da allora molti diplomati magistrali hanno presentato ricorso, l’hanno vinto e sono riusciti a entrare nelle graduatorie a esaurimento.
Il Miur ha ribadito che restano fermi i diritti acquisiti di coloro che sono risultati destinatari di una sentenza già passata in giudicato, scrive Orizzonte Scuola. In tutti gli altri casi la decisione di dicembre non ha comunque effetti immediati. Occorrerà infatti attendere le sentenze di merito che, con ogni probabilità, si uniformeranno alla decisione del Consiglio di Stato.
Le ipotesi
È il governo che deve intervenire con un decreto per mettere ordine alla questione. Una delle ipotesi circolata nei giorni scorsi prevede che le maestre diplomate siano inserite nelle graduatorie di concorso ma senza concorso, subito dopo i vincitori naturali. Al'interno di questo blocco dovrebbero poi essere inseriti i laureati in Scienze della formazione primaria, un'ipotesi che il Miur ha però respinto. Insomma, l'ipotesi presenta non pochi punti deboli, ha limiti tecnici che rischiano di generare nuovi ricorsi.
La contromossa dei sindacati
In vista delle prossime sentenze e della necessità di garantire un ordinato avvio del prossimo anno scolastico, le Organizzazioni sindacali hanno espresso l’esigenza di un urgente intervento in sede parlamentare. Un’iniziativa legislativa tesa a salvaguardare, innanzitutto, il diritto delle studentesse e degli studenti alla continuità didattica e a un insegnamento di qualità e che possa contemperare le attese dei diplomati magistrali coinvolti dalle sentenze con quelle dei laureati in Scienze della formazione primaria.