Se in una storia criminale può esserci una vena di romanticismo, ce n'è un po' anche nella ingloriosa conclusione della fuga di Johnny Lo Zingaro, finito in manette per colpa di un materasso. Un materasso che voleva per poter stare con la donna che ama.
Li hanno trovati insieme, in un anonimo appartamento di una località ancora più anonima, un mese dopo aver mancato all'appuntamento al tramonto con il posto di guardia del carcere di Fossano (Cuneo).
Una caccia all'uomo durata un mese
Per catturare Giuseppe Mastini - questo il vero nome di Johnny - si sono impegnati in tanti: agenti dello Sco, uomini della Squadra Mobile di Cuneo, di Lucca e di Siena e investigatori della polizia Penitenziaria, insieme con quelli della Scientifica. Alla fine hanno fatto irruzione in un appartamento di Taverne d'Arbia, vicino Siena.
#johnnylozingaro individuato a Pietrasanta a casa dei parenti della sua compagna Poliziotti si sono sostituiti ai corrieri per una consegna pic.twitter.com/PnFlmTMYCk— Polizia di Stato (@poliziadistato) 25 luglio 2017
Lo Zingaro era stato individuato a Pietrasanta da dove poi si era allontanato insieme alla compagna. Gli investigatori hanno ricostruito tutti gli spostamenti della coppia localizzandola a Taverne d'Arbia dove aveva trovato ospitalità da alcuni parenti della donna che, per l'occasione, avevano anche acquistato un nuovo materasso. E proprio il materasso è stato il cavallo di Troia che ha permesso agli agenti di mettere le manette agli evasi: i poliziotti si sono sostituiti ai corrieri per la consegna e sono entrati in casa. Quando hanno avuto la certezza di avere davanti proprio Johnny lo Zingaro hanno dato il via libera all'irruzione.
Dalle giostre agli omicidi. Passando per le rapine
Analfabeta, figlio di giostrai lombardi di etnia sinti, Giuseppe Mastini, noto come 'Johnny lo zingaro' o il 'Biondino', è uno dei personaggi di spicco della criminalità comune romana. Già a 11 anni, trasferitosi nella Capitale con la famiglia, divenne noto alle forze dell'ordine per un furto e una sparatoria con la Polizia. Il primo delitto che gli è stato contestato, è l'omicidio di un autista di tram, Vittorio Bigi.
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Condannato a 15 anni di carcere, nel febbraio 1987 ottiene un permesso premio, del quale approfitta per rendersi latitante. Viene segnalato per una serie di rapine e riconosciuto in una fotografia dalla moglie di Paolo Buratti, console italiano in Belgio, ucciso nella sua villa a Sacrofano mentre tentava di resistere a una rapina. Viene fermato da due poliziotti contro i quali apre il fuoco: uno degli agenti muore, l'altro viene ferito in modo grave,
In un nuovo processo, celebrato nel 1989, viene condannato all'ergastolo per tutti i reati che gli vengono contestati, tranne l'omicidio di Sacrofano. Nel 2014 aveva usufruito di un permesso premio, per partecipare al concerto dei Prodigy a Roma.