La notizia è di lunedì 3 settembre. Fiat Chrysler Automobiles ha venduto ad agosto 24.700 vetture, con un aumento del 2,6 per cento rispetto allo stesso mese di un anno fa, per una quota del 27 per cento. Particolarmente rilevante la crescita delle immatricolazioni a privati, il 24,5 percento, che ha permesso una drastica riduzione di vendite delle cosiddette km 0. Nel progressivo annuo le registrazioni Fca ammontano a oltre 369.800 unità, per una quota del 27,1 per cento.
A sostenere questi risultati sono tutti i modelli di punta, con la classifica delle auto più vendute che vede 6 vetture Fca tra le prime dieci: Panda, Compass, 500X, Tipo, Renegade e 500L. Con quasi 5.700 immatricolazioni, Jeep registra in agosto un nuovo risultato decisamente positivo: le vendite aumentano del 137,8 per cento rispetto all'anno scorso e la quota si attesta al 6,2 per cento, la più alta mai raggiunta dal marchio, ben 3,3 punti percentuali in più rispetto al 2017.
Altrettanto positivo l'andamento del brand nel progressivo annuo: quasi 61 mila le Jeep registrate (il 104 per cento in più rispetto al 2017) e quota al 4,5 per cento. Nel mese, Compass e Renegade hanno ottenuto risultati davvero positivi. La prima è risultata la terza vettura più venduta del mese con oltre 3 mila immatricolazioni e una quota nel segmento del 18,7 per cento. La Renegade, oltre a confermarsi stabilmente nella top ten, è la più venduta del suo segmento (con quasi 2.100 registrazioni e una quota del 14,5 per cento) seconda solo alla 500 X. Infine, la Grand Cherokee risulta la più venduta del suo segmento con una quota del 22,9 per cento.
Insomma, un vero boom. Jeep sembra essere il brand più amato del momento. Quella che segue è un'analisi del fenomeno Jeep uscita sul mensile L'Automobile nel numero di settembre.
Fenomeno Jeep*
Il marchio è la gallina dalle uova d’oro per Mike Manley. E i suoi 9 anni alla guida di Jeep saranno fondamentali per il nuovo ceo di Fiat Chrysler Automobiles nella corsa agli obiettivi imposti dal piano industriale 2018-2022. Oggi, dopo un piccolo colpo di freno nel 2017 che seguiva 7 anni in cui le vendite erano quadruplicate, Jeep è infatti tornata a crescere. Nel primo semestre le vendite nel mondo del marchio più globale di Fca sono salite del 22% a 800.700 unità. I dati raccolti dagli analisti di Jato Dynamics mostrano che l’avanzata è merito però soltanto di due modelli: la seconda generazione della compatta Compass e la quarta generazione della “bandiera” Wrangler. Per la prima è un vero e proprio boom, 213.588 clienti (+140%), per la seconda è un successo da 161.397 unità (+37%). Solo una lieve crescita per la Cherokee (+1,9%) in attesa che la versione oggetto di restyling arrivi su tutti i mercati, in rallentamento più marcato la Renegade (-8%), costruita anche a Melfi in Italia, che soffre una leggera cannibalizzazione della Compass. In discesa la Grand Cherokee (-9,4%) appesantita soprattutto dall’età.
La corsa del marchio Jeep, nel 2017 appena sotto 1,4 milioni, è partita nel 2009, anno in cui le vendite erano solo di 350.000 unità e stesso anno in cui Sergio Marchionne acquisì il gruppo Chrysler (in bancarotta pilotata), grazie a un accordo con l’amministrazione Obama. L’obiettivo 2018, fissato nel 2014, era di arrivare a 1.900mila vendite, poi ritoccato a 2 milioni tondi.
Il dubbio oggi è che l’asticella sia posta troppo in alto. Per arrivare a 2 milioni quest’anno, la crescita dovrebbe essere del 43%: il 22% consuntivato nel primo semestre non basta. E pare ancora più ambizioso l'obiettivo per il 2022: un balzo del 60% sul target 2018, così da arrivare a 3.200.000 unità. “Il target per il 2022 è un po’ aggressivo, ma non irraggiungibile e dipenderà molto da quando verranno lanciati i nuovi modelli promessi”, spiega Felipe Munoz di Jato Dynamics. L’analista fa notare che si riscontra un andamento variabile nelle strategie commerciali di Fca. “I nuovi prodotti del gruppo hanno sempre un buon inizio, però di solito arrivano sul mercato un po’ tardi rispetto alla concorrenza e spesso anche quando i modelli esistenti iniziano a registrare forti cali”.
Target 2 milioni
Per provare a toccare quota 2 milioni quest’anno, la Jeep può contare sulle ottime performance del mercato nordamericano (+22% a 495.022 unità nel semestre), che rappresenta quasi il 70% del totale, e sui record di Europa, Africa e Medio Oriente (l’area Emea) dove la crescita è forte in termini percentuali (+63%, addirittura +137 in Italia nei primi 8 mesi dell’anno e il doppio rispetto al 2017). Il problema vero si chiama area Asia-Pacific, e in particolare il mercato cinese: la regione Apac ha perso il 23% in 6 mesi, la sola Cina il 36%.
Che il principale problema di Jeep sia l’andamento delle vendite sul primo mercato mondiale l’aveva ammesso lo stesso Sergio Marchionne presentando il piano al Balocco: “L’immagine di un prodotto fuoristrada duro e puro e americano in Cina non basta più”. Soprattutto in tempi di dazi e guerre commerciali, nei quali gli Usa sono tornati a essere il vero nemico del governo cinese.
Baby Jeep
Ma per raggiungere e superare l’obiettivo dei 3 milioni di vendite, Jeep deve aggiungere alla sua linea di prodotti un modello più piccolo. Nel nuovo piano industriale è prevista una novità di segmento A in modo che il marchio “potrà arrivare a un punto, in cui ogni cinque suv venduti nel mondo, uno sarà del nostro brand”.
La nuova baby Jeep, che dovrebbe essere prodotta anche nella fabbrica di Pomigliano al posto della Fiat Panda (la quale tornerebbe a sua volta a essere costruita a Tychy in Polonia), entrerebbe in un segmento ancora in via di sviluppo in India e troverebbe già molti clienti in Europa e Brasile. Nel piano di Fca non sono però indicate le date di lancio previste dei nuovi modelli: la baby Jeep potrebbe rischiare di arrivare quando la festa sarà già iniziata, visto che, nei prossimi 24 mesi, giganti come Toyota e Hyundai lanceranno un A-suv e Suzuki ha appena introdotto in Giappone la nuova generazione del Jimny che, fedele al telaio a longheroni, è e rimarrà il più suv dei piccoli.
*Analisi pubblicata sul numero di settembre de l’Automobile, in edicola e in digitale