Sono quasi 7 milioni i pazienti visitati negli ultimi tre giorni negli studi dei medici di famiglia italiani. E quasi 3 milioni (ma la cifra è approssimata per difetto) hanno lamentato sintomi influenzali. Un numero in aumento del 30% circa rispetto allo stesso periodo degli scorsi anni. Sono i dati elaborati dalla FIMMG (Federazione italiana medici di medicina generale). Dal 2 al 4 gennaio negli ambulatori dei 45 mila medici sono state visitate quotidianamente circa 51 persone, contro una media abituale di 30/35. L'aumento è imputabile all'influenza, fanno sapere i medici.
"In questi giorni i nostri studi sono sovraffollati da persone con virus influenzali - sottolinea il segretario nazionale della FIMMG Silvestro Scotti - si tratta soprattutto di anziani e pazienti cronici. Per questo è importante sottolineare ancora una volta l'importanza delle vaccinazioni. Quest'anno stiamo assistendo a un leggero aumento di vaccinati nella popolazione over 65, ma la percentuale è ancora bassa".
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"L'influenza non sta colpendo allo stesso modo in tutte le regioni italiane - prosegue Scotti - i risultati migliori si stanno registrando nelle realtà in cui si punta sull'organizzazione complessa della medicina generale, caratterizzate da coincidenza di autonomia organizzativa e responsabilità nei risultati. In queste realtà i medici di famiglia, soprattutto grazie a investimenti sul personale, hanno espresso ruolo attivo nelle politiche di prevenzione con particolare riferimento alle vaccinazioni. Nel Veneto, ad esempio, l'incidenza è di 4 casi ogni 1000 assistiti (dati Influnet) mentre per esempio in Piemonte si contano 15 casi per 1000 assistiti, rendendo necessario chiedersi cosa non sta funzionando".
Questo andamento è paradigmatico - sottolinea il segretario della Fimmg - non solo per la vaccinazione influenzale ma perchè diventi una base di ragionamento per tutti i sistemi/modelli assistenziali che si inseguono da anni nelle regioni di cui si continua a parlare come la panacea di tutti i problemi (accessi pronto soccorso, liste d'attesa, gestione cronicità, prevenzione primaria e secondaria), ma oggi dai dati denunciati viene fuori che il vero investimento sulla Medicina generale è di maggiore fiducia delle istituzioni sui medici almeno pari a quella che i nostri pazienti hanno nei nostri confronti e questo in molte parti d'Italia nonostante la scarsità di strumenti".
"Appare infine evidente sottolinea che il modo di ridurre gli accessi in pronto soccorso non è rappresentato da semplicistico aumento della presenza nella giornata o nella settimana dei medici di famiglia quanto piuttosto da rendere più efficace ed efficiente il lavoro che questi già svolgono durante la loro ordinaria attività, ovvero più strumenti per medicina d'iniziativa più prevenzione primaria e secondaria meno accessi in pronto soccorso." conclude Scotti.