È l'aprile del 2013 quando la Guardia di Finanza di Torino notifica gli avvisi di garanzia a 52 consiglieri regionali del Piemonte, indagati dalla Procura per peculato e, in particolare, per avere utilizzato in modo illecito i fondi destinati ai gruppi consiliari. Fra i destinatari del provvedimento figura anche l'allora presidente della Regione, il leghista Roberto Cota. I rimborsi contestati, che si riferiscono al periodo compreso tra maggio 2010 e settembre 2012, ammontano a circa a 900 mila euro.
Fra le "spese pazze" vi sono pneumatici per l'auto, panettoni e spumanti, buoni benzina, borse di lusso, gioielli, massaggi e mobili acquistati per il proprio appartamento. A destare scalpore sono anche le presunte "mutande verdi" che Cota avrebbe acquistato durante un viaggio negli Stati Uniti. Successivamente lo stesso Cota chiarirà dinanzi al giudice Silvia Bersano Begey che "le mutande verdi sono un'ignobile trovata mediatica, a causa di questa storia ho subito uno tsunami devastante. Sono stato oggetto di dileggio e volgare ilarità. Quel giorno mi trovavo a Boston per una visita istituzionale sull'integrazione delle università del territorio, ho comprato un paio di pantaloni corti, trasformati dai giornali in mutande verdi. Uno scontrino inserito per errore nelle spese da rimborsare. Non era un gadget politico, il verde e la Lega in questa storia non c'entrano nulla".
Il 5 marzo 2016 i pm torinesi Giancarlo Avenati Bassi ed Enrica Gabetta chiedono una condanna a 2 anni e 4 mesi per Roberto Cota. Per gli altri 23 ex consiglieri regionali imputati le richieste di condanna vanno dai 4 anni e 4 mesi ai 2 anni e 4 mesi. "In questi scontrini c'è di tutto - spiegano i magistrati- non è la magistratura che sta facendo i conti alla politica, quanto successo è patetico, qua siamo veramente fuori dal mondo".
Nel 2016, dopo due anni di udienze, il tribunale di primo grado assolve Cota e altri 14 consiglieri, condannandone 10. Nel 2018 il colpo di scena: la Corte d'appello ribalta la sentenza di primo grado e condanna 24 ex consiglieri, molti dei quali assolti nel precedente grado di giudizio. Fra questi vi sono anche Roberto Cota (Lega Nord, 1 anno e 7 mesi) e tre parlamentari: Augusta Montaruli (Fratelli d'Italia) condannata a 1 anno e 7 mesi (in primo grado gli era stata comminata una pena di 4 mesi); Paolo Tiramani e Riccardo Molinari (Lega Nord), condannati rispettivamente a 1 anno e 5 mesi e 11 mesi, dopo che entrambi in primo grado erano stati assolti. Si arriva così allo scorso ottobre, quando il sostituto pg della Cassazione, Pina Casella, ha chiesto di confermare l'impianto della sentenza di secondo grado, contestato dagli avvocati degli ex consiglieri condannati.
Si giunge infine a oggi, con l'assoluzione definitiva di Molinari decisa dalla sesta sezione penale della Corte di Cassazione perché "il fatto non costituisce reato". I giudici della suprema Corte hanno invece disposto un nuovo giudizio di secondo grado per Cota, Tiramani e Montaruli per un vizio di motivazione.