Con una sentenza che "fa giustizia", il Consiglio di Stato ha dato il via libera lunedì alla creazione del Parco archeologico del Colosseo, ribaltando la sospensione del Tar del Lazio, arrivata agli inizi di giugno dopo il ricorso presentato dal comune di Roma. Uno stop che ha comportato una perdita di tempo, ha spiegato il ministro dei Beni Culturali, Dario Franceschini, in una conferenza stampa che si è tenuta al Mibact all'indomani della sentenza. "Ripartiamo da dove ci eravamo fermati", ha osservato il ministro convinto che la riforma che include l'area del Colosseo tra i 32 monumenti e parchi autonomi voluta e realizzata proprio da Franceschini, valorizzi quello che è "il più importante parco archeologico al mondo", la cui superficie, che si estende per 74 ettari, comprende le aree del Foro romano, Palatino e Domus aurea. Dopotutto quella imboccata "non è una strada sperimentale, ma è già stata sperimentata". E se ha funzionato altrove, "non si capisce perché non dovrebbe funzionare con il Colosseo".
Sì al direttore straniero
Non solo: il Consiglio di Stato ha dato ragione al ministro anche su un altro punto, quello della selezione internazionale del direttore: "La sentenza del Consiglio di Stato fa chiarezza su tutti i punti" compreso quello della "selezione internazionale" che, al contrario di quanto detto dai più critici, "non limita gli italiani", ha osservato Franceschini. Intanto, al ministero sono già pervenute "82 domande, di cui il 20% percento non italiane" . L'obiettivo ora è quello di "sfruttare questa pausa e lavorare sulla selezione in modo che il nuovo direttore (o direttrice) prenda servizio dal 1 gennaio 2018".
Nel 2017 sette milioni di visitatori al Colosseo
Oltre alla sentenza del Consiglio di Stato, dalla sua Franceschini ha anche la prova che la riforma sui musei sta dando i suoi frutti: i dati del 2017 sull'affluenza mostrano una crescita enorme. E "se il trend venisse confermato - ha sottolineato il ministro - l'anno si chiuderebbe con quasi 50 milioni di visitatori nei musei" perlopiù italiani. E in questo quadro che "si inserisce anche il parco archeologico, perfettamente in linea" con la riforma, dunque, e che secondo le stime, dovrebbe chiudere l'anno con 7 milioni di visitatori.
Il braccio di ferro col Campidoglio
Dei 32 Comuni con musei o parchi a gestione autonoma inseriti nella riforma, il Comune di Roma è l'unico che ha creato "attriti", ha dichiarato Franceschini. E pensare che il progetto del Colosseo non è del tutto nuovo al Campidoglio: "Con la riforma a Roma non è stata scorporata solo l'area del Colosseo, ma anche il parco dell'Appia antica e di Ostia Antica che già operative con tanto di direttore scelto su scala internazionale", ha osservato il ministro sottolineando che in nessuno di questi casi sono state sollevate obiezioni e critiche, come avvenuto per l'area del Colosseo. Non solo: per Franceschini il Campidoglio non ha mai indicato il suo rappresentante scientifico nei parchi già designati a Roma. "Questi posti sono stati lasciati liberi in attesa di una decisione".
Il 2 agosto l'incontro con Raggi
Il ministro si è detto a collaborare anche se "naturalmente ci dovrebbe essere un minimo di bilateralità perché in un anno, in tutte le scelte fatte in materia di beni culturali, il Comune non mi ha mai informato". Se l'attrito andrà avanti, il ministro "non lo sa", ma ha ribadito: "So solo che è l'unico ad aver fatto ricorso". Intanto ha confermato l'incontro "previsto per il 2 agosto con il vice sindaco e il sindaco" anche se "di mezzo è arrivata la sentenza a fare chiarezza".
La questione degli incassi
Tra le proteste sollevate c'era anche quella legata agli incassi del Colosseo che, secondo i detrattori (e il Campidoglio) verrebbero così sottratti al Comune. Si parla di circa 40 milioni di euro annui. In realtà, ha sottolineato Franceschini, nella nuova gestione nemmeno un euro arriverà al Campidoglio. Così come è sempre accaduto. Non è una novità. Il ministro ha spiegato che, come tutti i musei, il Colosseo devolve il 20% degli incassi al Fondo di solidarietà nazionale, "ma abbiamo previsto nel decreto, come forma di tutela, che il Colosseo devolva il 30% - quindi più della quota emersa dallo storico - alle attività della soprintendenza del patrimonio culturale del comune di Roma". Che è diverso dal dire che il 30% andrà al Campidoglio. E, scanso equivoci, "abbiamo previsto che quel 30% vada dal Colosseo alla soprintendenza senza transitare per il ministero".