Per rovesciare la società maschilista e fare in modo che gli Harvey Weinstein siano sempre meno bisogna cambiare i piccoli gesti quotidiani. E se necessario “rendersi anche un po' antipatici”. Parola di Giulia Blasi, la freelance italiana artefice dell’hashtag #quellavoltache, con cui Asia Argento ha denunciato il produttore di Hollywood Weinstein di averla molestata.
In pochi giorni l’hashtag è diventato ora virale e mentre parliamo, Giulia controlla i dati: “Circa 14mila tweet solo in Italia. Per non parlare di Instagram”. L’idea – racconta all’Agi – “è stata mia ma non ce l’avrei mai fatta da sola. Ho avuto la fortuna di avere il sostegno di un gruppo di persone con cui sono in contatto e che si occupano di tematiche sulle differenze di genere. A loro l’idea è piaciuta molto, e così siamo partiti. Io pubblicando un post sul mio blog e Denise D’Angelilli sul suo account Instagram”.
La vera spinta è “arrivata quando sue siti, Pasionaria.it e Gaypost.it hanno chiesto ai lettori di raccontare le loro storie. E così sono arrivati i primi racconti”. Poi la denuncia di Asia Argento ha fatto il resto.
Basta con la cultura del bomberismo
È “un urlo collettivo che si sta espandendo anche all'estero” e che sta “rovesciando la narrativa tradizionale che vede processare le vittime”. Nella cultura tradizionale non si parla mai dei colpevoli, degli uomini, e questo ha messo in piedi un sistema di connivenze che copre soprattutto l'uomo. Di fondo, dice Giulia Blasi all'AGI, c’è “una ‘cultura del bomberismo’, che spinge gli uomini a mostrarsi sessualmente aggressivi per dimostrare la propria virilità”. La società è ancora basata su un sistema patriarcale che mette tutto il potere nelle mani degli uomini.
Il Momento che raccoglie #quellavoltache è ormai lungo come Infinite Jest. https://t.co/jCuxcPJGVp
— Giulia Blasi (@Giulia_B) 15 ottobre 2017
Fermiamo il nostro amico in discoteca
Cosa passiamo fare nel nostro piccolo? Giulia non ha dubbi: “Cambiare il nostro modo di fare nella vita di tutti i giorni, rispettando la volontà del prossimo e stando bene attenti a non superare i confini”. La sconfitta del sistema in cui viviamo passa per un radicale cambio di mentalità. “Non basta stigmatizzare lo stupro se non siamo in grado di fermare il nostro amico che fa lo scemo con la ragazza sola”.
Chi sono i Weinstein italiani?
Dopo Asia Argento, migliaia di donne si sono unite all’urlo collettivo di Giulia. Tra queste c’è anche un altro volto noto della tv: Miriana Trevisan. “Siamo molto in contatto in questi giorni. Lei, come molte altre, non ha voluto sottostare a una serie di richieste e la sua convinzione è che se la sua carriera non ha preso il decollo il motivo è quello. In questi casi tuttavia bisogna sempre usare il condizionale perché non accade di rado che le promesse poi non vengono nemmeno mantenute”. Chi sono allora i nostri Bill Cosby? Chi sono i nostri Weinstein? L’obiettivo ultimo è quello di rovesciare questo sistema, ma “se anche questo urlo riuscisse a impaurire questi uomini e a fermarli sarebbe già un buon risultato”.
“Me too”, 12 milioni di vittime di molestie si confessano su Twitter
“Me too”. “Ci sono anche io”, o meglio, “è successo anche a me”. Se leggete in un post su Twitter le due parole inglesi introdotte dall’hashtag, sappiate che chi le ha scritte ha subito una molestia sessuale. Ed è la nuova campagna nata domenica su iniziativa dell’attrice americana Alyssa Milano. La Milano si è chiesta quante sono al mondo le donne che hanno subito violenza sessuale, convinta che questa versione social del confessionale possa aiutare a “rendere un’idea della vastità del fenomeno”. In appena 48 ore, 12 milioni di persone - perlopiù donne ma non solo - hanno condiviso la loro esperienza con l'hashatg #metoo. Da San Francisco a Perth, passando per Parigi e Il Cairo, il j’accuse sta facendo il giro del mondo, con tanto di traduzione in lingua, come è accaduto con “AnaKaman”, la versione araba di #metoo.
If you’ve been sexually harassed or assaulted write ‘me too’ as a reply to this tweet. pic.twitter.com/k2oeCiUf9n
— Alyssa Milano (@Alyssa_Milano) 15 ottobre 2017
“È successo anche” a Lady Gaga
L’iniziativa dell’attrice, suggeritale da un amico, ha trovato subito il plauso delle colleghe che non hanno esitato a digitare la denuncia social. Tra queste, America Ferrera di “Ugly Betty”, Debra Messing di “Will & Grace”, Rosario Dawson e Lady Gaga.
— xoxo, Gaga (@ladygaga) 15 ottobre 2017
All too pervasive... Me too. #MeToo #TogetherWeRise https://t.co/ju5K3USDt8
— Rosario Dawson (@rosariodawson) 16 ottobre 2017