C’è un giudice assediato dalle donne che è appena stato insignito dell’Ambrogino d’Oro, la più ambita benemerenza civica di Milano a cui quest’anno era candidata anche una ragazza di successo, Chiara Ferragni. “Mi cercano quasi tutti i giorni, via mail o chiamando al centralino del Tribunale”. Le donne che insidiano Fabio Roia, 58 anni, attuale presidente della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Milano, sono vittime di violenze sessuali, di maltrattamenti, di stalking. Chiamano lui perché con un impegno assiduo dentro le aule di giustizia ma soprattutto fuori - ed è per questa seconda attività che è stato premiato dal Comune - da anni le tutela come un padre, un amico, un fratello.
“Ho cominciato a interessarmi di loro all’inizio degli anni ’90 quando mi sono reso conto che erano le persone più fragili, assieme ai minori, nelle vicende giudiziarie. Spesso subivano una discriminazione strisciante. Vedere persone che soffrivano per mano dell’istituzione giustizia mi ha portato a reagire”.
Da allora ha iniziato a studiare la materia, a ideare protocolli che potessero aiutarle, quando sedeva nel Consiglio Superiore della Magistratura, a girare l’Italia per centinaia di incontri di formazione con avvocati, magistrati e chiunque in qualche modo sia toccato dal tema della violenza sulle donne. E a ritagliarsi negli spazi lasciati dalla legge provvedimenti innovativi, come l'ultimo, nell'ottobre scorso, che l'ha portato ad applicare una norma del codice antimafia a uno stalker.
“Mi sono rimaste nel cuore in particolare donne vittime di gravi violenze a cui ho dato i miei riferimenti personali qualora ne avessero avuto bisogno. Queste persone che ce l’hanno fatta, con un’alternativa di vita ormai costruita, le sento magari a Natale per gli auguri o in occasioni di questo tipo. Allora ho la sensazione di avere risolto dei problemi complessi e questo è molto appagante”.
A volte le ha aiutate solo con un semplice ‘Come va?’ al telefono: “Cerco di dargli consigli, anche pratici, ma bastano poche parole, interessarsi di come stanno. Il giudice rappresenta una figura istituzionale e parlare con lui le fa sentire di per sé protette. Quando mi chiamano in Tribunale sono in imbarazzo perché devo coniugare la voglia di dare dei suggerimenti col divieto di poter dare delle consulenze e allora gli spiego qual’è la rete di servizi a cui possono rivolgersi”.
Negli anni la situazione delle donne abusate, parte lesa nei processi, “è migliorata ma ancora si fanno domande vietate dalla legge, per esempio inerenti alla sfera sessuale della vittima, restano dei pregiudizi per cui non gli si crede in prima battuta e poi c’è un approccio troppo lungo nella risposta giudiziaria, che è una nuova forma di violenza perché ci vuole una risposta pronta in situazioni di emergenza”. L''Ambrogino d'Oro' è tutto per loro: "Per me è una grande emozione, che condivido con tutte le donne che hanno sofferto o stanno soffrendo per mano di un uomo".