“La parola del perdono possa giungere a tutti e la chiamata a sperimentare la Misericordia non lasci nessuno indifferente”. Con questo auspicio Papa Francesco ha indetto l’Anno Santo della Misericordia, come confida lui stesso nella Bolla d’indizione letta l’11 aprile in San Pietro davanti alla "Porta Santa". “Questo - assicura - è il momento di cambiare vita di lasciarsi toccare il cuore. Davanti al male commesso anche a crimini gravi è il momento di ascoltare il pianto delle persone innocenti depredate dei beni della dignità degli affetti della stessa vita”. “Il Giubileo ha sempre costituito l’opportunità di una grande amnistia, destinata a coinvolgere tante persone che, pur meritevoli di pena, hanno tuttavia preso coscienza dell’ingiustizia compiuta e desiderano sinceramente inserirsi di nuovo nella società portando il loro contributo onesto”, ricorda poi il Papa nella Lettera dello scorso settembre al Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione. Si tratta di un passaggio molto importante del testo anche se è stato inserito senza formalizzare un appello specifico alle autorità degli Stati, come quello lanciato da San Giovanni Paolo II perché nel 2000 fosse compiuto “un gesto di clemenza” verso i detenuti. In realtà, però, Bergoglio usa parole non equivocabili, mentre Wojtyla non era entrato nel merito di quale forma giuridica dovesse essere adottata. Nella tradizione dei Giubilei, che inizia nell’antico Israele, ogni 49 anni era prescritta la liberazione dei prigionieri, la cancellazione dei debiti e la restituzione delle terre agli antichi proprietari. Bonifacio VIII proclamò invece il primo Giubileo cristiano concedendo l’indulgenza come un bene puramente spirituale. Gradualmente è stata però riproposta l’antica legge giudaica, fino alle richieste avanzate dal papa polacco ai legislatori di tutto il mondo della cancellazione del debito estero dei paesi poveri e di un gesto di clemenza verso i detenuti.
Il documento firmato da Francesco assicura inoltre a tutti i carcerati la possibilità di ottenere l’indulgenza plenaria nelle loro celle. ”Il mio pensiero - rivela il Papa - va ai carcerati, che sperimentano la limitazione della loro libertà. A tutti costoro - scrive - giunga concretamente la misericordia del Padre che vuole stare vicino a chi ha più bisogno del suo perdono”. La Lettera indirizzata al presidente del dicastero per la Nuova Evangelizzazione, monsignor Rino Fisichella, stabilisce che i detenuti “nelle cappelle delle carceri potranno ottenere l’indulgenza, e ogni volta che passeranno per la porta della loro cella, rivolgendo il pensiero e la preghiera al Padre”. “Possa questo gesto - auspica il Pontefice - significare per loro il passaggio della Porta Santa, perché la misericordia di Dio, capace di trasformare i cuori, è anche in grado di trasformare le sbarre in esperienza di libertà”.