"Non si trattò come qualche storico negazionista o riduzionista ha provato a insinuare, di una ritorsione contro i torti del fascismo. Perché tra le vittime italiane di un odio, comunque intollerabile, che era insieme ideologico, etnico e sociale, vi furono molte persone che nulla avevano a che fare con i fascisti e le loro persecuzioni. Tanti innocenti colpevoli solo di essere italiani". Sergio Mattarella ha detto che celebrare la giornata del ricordo "significa rivivere una grande tragedia italiana vissuta allo snodo del passaggio tra la II guerra mondiale e l'inizio della guerra fredda. Un capitolo buio della storia nazionale e internazionale, che causò lutti, sofferenza e spargimento di sangue innocente".
Il 10 febbraio l'Italia celebra il Giorno del Ricordo, vengono commemorate le vittime delle foibe e la tragedia dell'esodo degli istriani, giuliani e dalmati. La giornata è stata istituita con una legge del marzo 2004; data che fa riferimento al Trattato di pace del 1947, che chiuse la vicenda dei confini orientali e col quale l'Istria passò alla Jugoslavia. Una legge che ha riconosciuto il diritto alla memoria di una intera popolazione italiana che più di altre subì le conseguenze della sconfitta nella Seconda Guerra mondiale.
Il capo dello Stato non ha esitato a ricordare quella che definisce una "ingiustificabile cortina di silenzio" che cadde sugli "orrori commessi contro gli italiani istriani, dalmati e fiumani, aumentando le sofferenze degli esuli, cui veniva così precluso perfino il conforto della memoria".
Una storia dolorosa
Una vicenda storica che si è sviluppata in tre grandi atti. Il primo con l’irredentismo, la vittoria nella Grande guerra, il passaggio all’Italia di regioni e città sotto il dominio asburgico, seguito dalla presa del potere fascista che portò avanti politiche anti-slave e si alleò con i nazisti. La seconda ebbe inizio con le ondate di violenze dei partigiani di Tito nell’autunno del 1943 e nella primavera del 1945. Trieste, Pola e i centri dell’Istria occidentale, Fiume e Zara, divennero terre di conquista jugoslava. Una delle pagine più buie della storia italiana con il biennio del terrore, la stagione delle foibe (1943-1945), seguita da anni di paure e pressioni.
Il terzo atto, dalla firma del trattato di pace del 10 febbraio 1947, che segnò l’inizio dell’esodo durato molti anni, con partenze massicce dalle zone assegnate alla Jugoslavia, per proseguire dopo il Memorandum di Londra del 1954, che stabilì il ritorno di Trieste all’Italia.
Vittime delle foibe, attenzione ai numeri
La storiografia stabilisce un numero di vittime che va da 3 mila a 5 mila, non tutte necessariamente istriane. Le milizie di Tito hanno ucciso i nemici dell’esercito jugoslavo. I numeri tondi sono in realtà approssimazioni e aumentare la conta delle vittime risponde ad uno scopo ben preciso. Invece per quanto riguarda gli esuli, il dato condiviso dagli studiosi fa riferimento a circa 250 mila persone.
Gli storici concordano sulla barbarie delle esecuzioni sommarie compiute dalle milizie jugoslave che in “stile sovietico eliminavano tutti i nemici del popolo” durante due ondate delle foibe, nel 1943 e nella primavera del ’45. Le modalità sono state raccontate dai sopravvissuti all’orrore, ma la documentazione a disposizione (fotografie) non è tanta, anche perché tutto accadeva molto velocemente. In un clima di terrore le persone venivano prelevate a casa, sparivano e di molte di loro non si ebbero mai più notizie.
C’è chi ha raccontato di vittime legate tra di loro ai polsi con un filo di metallo – anche donne e bambini – e con l’uccisione del primo della fila a colpi d’arma da fuoco, tutti precipitavano ancora vivi nelle profonde fenditure carsiche tipiche di quella zona, che ad un certo punto si allagavano, quindi erano il posto perfetto per nascondere cadaveri oltre ad essere utilizzate come discariche. Ma in molti casi venivano buttati dentro corpi senza vita e non tutte le salme sono state riesumate, data la difficoltà di accesso alle foibe. C’è chi ha raccontato di persone buttate nei fiumi e altre fatte annegare in mare con grandi quantità di pietre che le trascinavano sotto.
Memorie e micro storie
La storia dell’Istria è stata quella con la ‘S’ maiuscola, ma è composta da un mosaico di piccole storie di persone, di famiglie, molto diverse tra di loro, da anni oggetto di varie narrazioni. C’è tutta una letteratura sulle foibe e l’esodo in quanto chi l’ha vissuto sulla propria pelle ha sentito il bisogno di raccontare storie singole e singolari. Una memorialistica di ricordi condivisi, di frammenti di verità confluiti nella grande storia, di cui da ben più di 15 anni si occupano gli storici.
Se nell’immediato dopo guerra è calata una cortina di silenzio su quell’orrore, successivamente questo dramma locale e nazionale è stato strumentalizzato dall’estrema destra e rimosso, talvolta negato, da una certa sinistra, come evidenziato dal recentissimo saggio-inchiesta “Italiani due volte. Dalle foibe all’esodo: una ferita aperta della storia italiana” di Dino Messina. Secondo l’analisi di Messina, sono italiani due volte i 300 mila che in un lungo esodo durato oltre 20 anni dopo la fine del conflitto lasciarono l’Istria, Fiume e Zara. Erano nati italiani e scelsero di rimanere tali dopo il trattato del 10 febbraio 1947.
Il presidente Mattarella ha voluto anche ricordare le colpe di chi non accolse quei "circa 250 mila profughi, che tutto avevano perduto, e che guardavano alla madrepatria con speranza e fiducia", ma non sempre trovarono in Italia la comprensione e il sostegno dovuti. "Ci furono, è vero, grandi atti di solidarietà ma la macchina dell'accoglienza e dell'assistenza si mise in moto con lentezza, specialmente durante i primi anni, provocando agli esuli disagi e privazioni".
Mattarella ha puntando il dito contro "certa propaganda legata al comunismo internazionale" che "dipingeva gli esuli come traditori, come nemici del popolo che rifiutavano l'avvento del regime comunista, come una massa indistinta di fascisti in fuga. Non era così, erano semplicemente italiani", ha insistito. Il capo dello Stato ha messo in evidenza il ruolo cruciale dell'Europa, "spazio comune di integrazione, di dialogo, di promozione dei diritti, che ha eliminato al suo interno muri e guerre", ricordando che "l'ideale di Europa e' nata tra le tragiche macerie della guerra, tra le stragi e le persecuzioni, tra i fili spinati dei campi della morte".
(ha collaborato Veronique Viriglio)