Verde, bianco, rosso. Mani, lavate, che s'incontrano e schioccano. C'è chi sventola la bandiera, chi suona e chi canta l'inno di Mameli. Poi c'è anche chi applaude medici e infermieri, veri simboli della resilienza nazionale. I balconi, in tempo di "quarantena" forzata, sono i baluardi della speranza e del sentirsi, nonostante tutto, profondamente italiani
La libertà e il patriottismo dei balconi tricolori
Il tam tam mediatico diventa tam tam musicale. L'appuntamento è per le 18 di un venerdì senza aperitivo. Quel balcone, che racconta di ore d'aria e desideri di fuga, si riempie di strumenti e voci, inusuali e stonate. Poco importa. Le giornate si allungano e la luce che filtra dalle finestre si trasforma in quella che rimane, da guardare, in fondo a un tunnel chiamato "emergenza"
L'acustica non è granché, il coro è improvvisato. Manca persino qualche nota, qualche accordo. Ma la voce non si spezza e costruisce un filo che unisce balaustre e corrimani. Qualche vaso è stato spostato per far posto a leggii moderni e antichi, smartphone e spartiti.
Quel che manca sono gli sgabelli. Quelli di velluto che accolgono concertisti e solisti. Manca lo spazio, ci si arrangia. Ciò che è più voluminoso si adatterà alle circostanze. Tutto serve, in fondo, ad alzare il volume per arrivare in ogni casa, in ogni appartamento e, infine, in ogni terapia intensiva d'Italia
Un'orchestra è sempre pronta a concedere il bis. Così, in un mezzogiorno che diventa di fuoco, si torna in scena. Lo strumento stavolta è uguale per tutti. Il ritmo, invece, è personale. Solo applausi, in coro, per chi ha indossato un camice e opgni giorno combatte contro un nemico più grande di tutti noi