Chi non si è mai cimentato non può capire. Quando due giocatori di Football Manager si incontrano, a qualsiasi latitudine, si riconoscono come membri di un’unica comunità. “Non è solo un gioco”, è questa la frase che gli sentirete dire quando gli faranno notare, e prima o poi capita a tutti, che sì, forse una decina di ore su 24 potrebbero essere troppe da dedicare ad un videogioco, “dannato” videogioco per l’esattezza.
Di che si tratta
Qual è la verità? Beh, sta in mezzo. Definire Football Manager - il più famoso, storico e geniale gioco manageriale di calcio - semplicemente un gioco sarebbe piuttosto riduttivo. Sulla carta trattasi di un gioco: si prende in gestione una squadra di calcio e si orchestrano allenamenti, mercato, tattiche e formazioni. Ma l’essenza di Football Manager (FM per gli appassionati) è ben diversa: in realtà si tratta di qualcosa in più di una simulazione, una questione metafisica quasi: La possibilità di avere un’altra vita derivante da un altro lavoro, quello dei sogni di molti: l’allenatore; magari della tua squadra del cuore (ma nell’ambiente è considerato un errore da dilettanti).
“E quindi tu stai lì fermo a guardare i pupazzetti che giocano senza fare niente?”, questa domanda sarà giunta alle orecchie di qualsiasi player del mondo da fidanzate, genitori o amici poco avvezzi al vil gioco del pallon, e la risposta sarà stata sempre la stessa: “Sì, non puoi capire”. Ed è vero anche questo: non è facile spiegare l’empatia che scatta nei confronti di un club, spesso semisconosciuto, quando comincia l’avventura e con pochi spicci nelle casse societarie si inizia una scalata potenzialmente possibile nella realtà. FM infatti non ti dà la sensazione, ma la reale percezione di possedere il talento, l’occhio e la tempra necessari per svolgere quello che nel trailer di presentazione viene definito, a ben ragione, “il lavoro più bello del mondo”.
La realtà si intreccia con il gioco
Non è un caso che tante storie di calcio reale, professionistico, anche ad alti livelli, si intreccino con quelle del gioco. Chiedete ad Antonio Tramontano, Match Analyst che Fabio Cannavaro ha voluto nel suo staff con i cinesi del Tianjin Quanjian, che ha trasformato un gioco (ma davvero dobbiamo continuare a chiamarlo gioco?) in un lavoro ai più alti livelli. Chiedete a Alex McLeish, ex allenatore degli scozzesi dei Rangers, quando il figlio Jon, appassionato di FM, in tempi non sospetti non gli consigliò ma lo supplicò di acquistare un giovane argentino di nome Lionel Messi; chiedetegli quanto gli avrebbe voluto dare ascolto invece di liquidarlo pensando che “dai, è solo un gioco!”.
Chiedetelo all’England's Managers Association, che insieme all’università di Liverpool, ha istituito un corso per ex-calciatori dove Football Manager viene utilizzato come simulatore per imparare vari aspetti della gestione di un team. Chiedetelo a Matt Neil, che a 16 anni entra nell’immensa rete di osservatori che Sport Interactive, la casa che produce FM, organizza in tutto il mondo, che svolge un lavoro talmente accurato da essere notato lui e messo sotto contratto come Match Analyst prima e capo degli osservatori dopo dagli inglesi del Plymouth Argyle.
Gioco premonitore
Ecco, Football Manager basa le schede che prepara per ogni singolo giocatore su relazioni di osservatori che si occupano di seguire personalmente le squadre di ogni categoria di ogni campionato di circa una trentina di paesi diversi del mondo. Facile forse fare la scheda di Cristiano Ronaldo, provate a far quella di un terzinaccio di Lega Pro. FM lo fa, da vent’anni, ogni anno. Schede talmente ben fatte che esiste un’intera categoria di calciatori scoperti ben prima dal gioco che nella realtà. E parliamo di una categoria dentro la quale possiamo inserire Messi, Robben, Verratti e molti dei calciatori più importanti e vincenti dell’ultimo ventennio calcistico.
Un database di 600.000 giocatori
Il database di Football Manager contiene circa 600.000 voci, la maggior parte delle quali sono giocatori. Ogni giocatore ha 250 attributi, che sono stati compilati da una squadra di circa 1.300 scout in tutto il mondo. Anni fa Sky Sport utilizzò il database del gioco per confrontare i calciatori protagonisti del mercato estivo; sembra una follia, ma la realtà è che, come disse all’epoca Tom Markham, il capo dello sviluppo strategico delle attività di Sports Interactive: “I club utilizzano questi dati, perché mai non dovrebbero farlo i media?”.
Avete capito bene: nel 2008 fece notizia quando un club inglese, il Merseyside, firmò un accordo con Sport Interactive per utilizzare il database come strumento di scouting. Questo perché il lavoro svolto dalla società è talmente dedito al raggiungimento della realtà da risultare complementare a quella stessa realtà. Football Manager non ricostruisce semplicemente il calcio, ma lo aiuta a formarsi.
Sports Interactive ha firmato un accordo con Prozone, una società di analisi delle prestazioni e scouting utilizzata da molti dei migliori team del mondo. Una società che fornisce dati e filmati dei giocatori acquistabili sul mercato, specie ovviamente quelli sconosciuti, attraverso un programma chiamato Recruiter, che è stato abbinato al database di Football Manager per fornire una scheda ancora più dettagliata riguardo ogni singolo calciatore.
"Piuttosto che far visionare 20 giocatori per ricoprire una posizione, un club può dire, ok, ascolta, stiamo cercando un terzino sinistro", spiega Markham "Vogliamo che abbia tra i 19 e i 24 anni, vogliamo che sia alto più di un metro e 60, che parli francese, che abbia un passaporto europeo. Metti letteralmente tutti questi dati nel sistema e puoi trovare i giocatori adatti a te; e poi hai l'effettiva analisi video di Prozone di quel giocatore". Quello che per noi sembra un giochino divertente, una sorta di Youtube per calciatori di bassa categoria, in realtà aiuta moltissimo tutte quelle società, anche di medio livello (si vocifera che l’Everton ne faccia ampio uso), che non possono permettersi la rete di osservatori di Real Madrid e Manchester UTD. E voi continuate a chiamarlo gioco?
Football Manager torna a novembre
Il 2 novembre uscirà la nuova edizione di Football Manager e per l’occasione Iain Macintosh, giornalista sportivo inglese, è uscito in libreria con “Football Manager Stole My Life: 20 Years of Beautiful Obsession”, una raccolta di aneddoti, non solo personali, riguardanti le conseguenze che la dipendenza da FM ha creato nella vita di alcuni player. Prima fra tutte, poco divertente magari ma abbastanza chiarificatrice, quella che racconta di Football Manager citato in ben 35 cause di divorzio solo nel territorio inglese. Questo perché serve concentrazione e non si può mica perdere tempo con la vita reale quando devi giocare una finale di Europa League.
Come il giovane Adam Clery, che in occasione di una fondamentale Hibernian-Wolfsburg decide di indossare giacca e cravatta, mandare a tutto volume l’inno della sua squadra nel pre-partita e allungare i tempi della cronaca del match, chiaramente proiettato sulla parete di casa, fino a 90 minuti. Tutto reale insomma, anche la vicina che suona alla porta con due agenti di polizia quando gli schiamazzi per festeggiare la vittoria si fanno eccessivi.
C’è chi ha deciso di indagare il fenomeno FM con un documentario, splendido, dal titolo “An Alternative Reality: The Football Manager Documentary” dove vengono raccontate le storie di chi si immerge totalmente nella propria carriera di allenatore virtuale; forse troppo, forse sarebbe meglio alle volte accontentarsi e non fare come John Boileau, che scrisse agli inglesi del Middlesbrough presentando il suo curriculum come allenatore di Football Manager; il club sovvertendo le storiche leggende sullo humor inglese rispose “Il rapporto di lavoro che cerchiamo è di breve durata. Il suo indubbio talento meriterebbe i più grandi club europei”.
Un mondo a parte quindi che ci permette di prendere in mano e avere il pieno controllo su almeno una cosa della nostra vita: la nostra passione per il calcio. Un gioco che non è un gioco e che non è nemmeno una simulazione, ma è una realtà tutta nostra e del tutto tangibile. Una realtà virtuale dove comunque i nostri sentimenti per la squadra che andiamo a gestire e per la quale tifiamo e alla quale dedichiamo così tanto tempo, allevandola e mettendola in campo con tale affetto, sono del tutto reali. E voi volete davvero continuare a chiamarlo gioco?