Non tutti i minorenni amano mostrarsi sui social e i genitori che pubblicano foto e aneddoti senza il loro consenso rischiano una multa fino a 10 mila euro. Lo ha stabilito il Tribunale di Roma (con una sentenza depositata il 23 dicembre 2017, procedimento 39913/2015) ordinando non solo la rimozione delle immagini, ma anche il pagamento di una somma di denaro in favore dei figli in caso di mancata cancellazione dei contenuti.
Il caso del sedicenne
La sanzione è scattata per una mamma che postava sul web foto e commenti del figlio sedicenne, il quale aveva chiesto tutela e la possibilità d “rifarsi una vita negli Stati Uniti”, lontano da sua madre. Secondo la psicoterapeuta che segue il sedicenne, la donna - che sta divorziando dal marito - avrebbe a lungo riportato i particolari della storia familiare su social network, paragonando il figlio “al ragazzo che ha ucciso la fidanzata” e definendolo “un malato mentale”. Secondo il giudice, il minore ha deciso di proseguire gli studi all'estero, in un college negli Stati Uniti, per “stare lontano dall'attuale contesto sociale, nel quale tutti i compagni sarebbero a conoscenza delle sue vicende personali, rese note dalla madre con uso costante e sistematico dei social network”.
Nella sentenza, inoltre, si legge che “la massiccia presenza mediatica (sui social network ndr) della vicenda del minore giustifica il turbamento dello stesso e la resistenza a proseguire gli studi in un contesto nel quale particolari della propria vita personale, sono ampiamente noti”.
Il primo caso in Italia
Quello della multa è un precedente unico in Italia, che detta un principio di diritto forte a tutela dei minori, nel solco di numerose pronunce che negli ultimi anni hanno costretto i genitori a disattivare i profili Facebook aperti a nome dei figli o a rimuoverne le fotografie pubblicate nelle proprie pagine social. Tanto che le disposizioni che regolano la gestione pubblica dell’immagine dei minori da qualche anno sono entrate anche nelle condizioni dei ricorsi per separazione consensuale e di divorzio, per evitare controversie: i genitori si mettono d’accordo da subito sull’utilizzo delle foto dei figli sui social o come sfondo dei profili Whatsapp, in genere vietandone l’utilizzo e chiedendo l’omologa da parte del tribunale.
Cosa prevede la legge
Il principio giuridico alla base di divieti e ordini di rimozione è semplice: l’articolo 96 della legge sul diritto d’autore (legge 633/1941) - si legge sul Sole 24 Ore - prevede che il ritratto di una persona non possa essere esposto senza il suo consenso, salve eccezioni. Lo stesso dispone il decreto legislativo 196/2003 in materia di trattamento dei dati personali. La fotografia, come qualsiasi altro elemento identificativo, è un dato personale e non può essere diffuso se non c’è l’autorizzazione dell’interessato. In più i minori godono di una tutela rafforzata data dall’articolo 16 della Convenzione sui diritti del fanciullo approvata a New York il 20 novembre 1989 e ratificata in Italia con la legge 176/1991.
I figli non fanno eccezione, anzi gli articoli 147 e 357 del Codice civile impongono ai genitori un dovere di cura e di educazione nei loro confronti che - tradotto e attualizzato - include anche la corretta gestione dell’immagine pubblica del minore. Se i genitori disattendono questi doveri può intervenire il giudice con sentenze che negli ultimi anni si sono mosse tutte nella stessa direzione: quella di tutelare i minori dai rischi di una sovraesposizione sui social.
Cosa può fare l’altro genitore
Il genitore che voglia impedire l’uso da parte dell’altro delle fotografie del figlio può agire in due modi. O con un ricorso autonomo in base agli articoli 96 della legge sul diritto d’autore e 10 del Codice civile, o prevedendo condizioni ad hoc nel ricorso per separazione o divorzio. In caso di separazione giudiziale il giudice, già con i provvedimenti provvisori, potrà far valere i diritti dei figli minori, tutelandone la riservatezza. In ogni caso il tribunale potrà ordinare l’eliminazione delle foto o la disattivazione del profilo del minore, sostituendosi al genitore che ha dimostrato di trascurare i profili educativi legati al corretto utilizzo delle nuove tecnologie.
Oltre alla tutela di immagine e privacy del minore, le pronunce dei giudici hanno l’obiettivo di arginare i rischi più frequenti del web. Già nel 2014 la Cassazione, con la sentenza 37596, aveva definito i social come luoghi aperti al pubblico, potenzialmente pregiudizievoli per i minori che potrebbero essere taggati o avvicinati da malintenzionati.
La Cassazione, del resto, aveva già ritenuto che il consenso di uno dei genitori non potesse escludere l’illiceità della condotta di chi pubblica le foto del minore se la diffusione è dannosa. Il principio è condiviso dal Garante della privacy che, in più occasioni (e in linea con la Carta di Treviso del 1990), ha invitato a non pubblicare sui giornali i dati identificativi dei minori se non è essenziale per l’interesse pubblico della notizia. A rafforzare, poi, la tutela dei minori c'è l’articolo 16 della Convenzione sui diritti del fanciullo del 1989.