Enzo Boschi era uno scienziato di primissimo livello e un grande combattente. Di quelli che, è il caso di dirlo, non si tirano mai indietro. Fino all’ultimo, fino a quando ha avuto le forze per farlo, non si è mai risparmiato né come scienziato né come divulgatore. A muoverlo era la consapevolezza che studiare i terremoti in Italia ha un significato molto particolare perché vuol dire fare di tutto per cercare di salvare vite umane. Enzo Boschi non ha mai dimenticato questo aspetto particolare del suo lavoro e per tutta la sua lunga attività si è sempre sforzato di costruire un sistema di ricerca che non fosse confinato nelle aule delle università o degli istituti, ma che fosse il più possibile sul campo, capace cioè di supportare lo Stato in ogni processo decisionale, di essere cioè operativo.
L’intuizione della rete di rilevamento sismico
Sua l’idea di dotare l’Italia di un Istituto di ricerca - l’Istituto di Geofisica e Vulcanologia, INGV - che fosse anche un centro operativo 24 ore su 24, capace cioè di poter contare su una rete capillare di sensori e di ricercatori in grado di intervenire tempestivamente, quasi in tempo reale, al fianco della Protezione Civile, con informazioni validate, mappe e analisi puntuali dei processi sismici in atto. Se oggi in Italia abbiamo una delle reti di rilevamento sismico tra le più avanzate al mondo, il merito, è in gran parte di Enzo Boschi. Del resto il suo impegno di ricercatore è stato fin dall’inizio segnato dai terremoti. Non solo sotto il profilo geofisico, ma anche, e soprattutto, sui molteplici aspetti, di natura politica legati a questo fenomeno naturale. Dalla evacuazione della Garfagnana (1985), e fino al processo alla Commissione Grandi Rischi a seguito del terremoto de L’Aquila (2009), la sua attività di ricercatore si è sempre intrecciata con questi delicati meccanismi.
Imprevedibile, calcolabile
Non c’è stato sciame sismico in questi anni, che non sia stato accompagnato da un suo diretto interessamento diretto come scienziato o da un suo commento come divulgatore scientifico. Del resto questi sono stati i piani su cui amava lavorare: ricerca, operatività e divulgazione.
In un paese a rischio sismico, il suo più grande sforzo era quello di cercare di far comprendere ai cittadini, ma anche ai decisori politici, che è inutile pensare di poter prevedere l’arrivo di una scossa, mentre è utile conoscere il rischio che si corre con la massima precisione possibile. Per Boschi, non si muore per effetto dei terremoti, ma per le case che ti crollano in testa. “le vittime dei terremoti sono attribuibili all’abusivismo, alle irregolarità, alla sciatteria, che hanno molti corresponsabili”, aveva scritto dopo il terremoto di Casamicciola.
Contro le fake news
Lo ha detto in ogni occasione e in tutte le salse: in maniera ufficiale avviando quel progetto di ricerca che ha permesso di elaborare le mappe di rischio sismiche del nostro paese, che in maniera divulgativa attraverso interviste, editoriali ed articoli. Per esempio, su Blog Italia, aveva pubblicato un vero e proprio decalogo contro le fake news relative ai terremoti.
Nei suoi post ha affrontato questioni anche molto delicate, come per esempio quelle legate ai risarcimenti per i danni creati dai terremoti. “Dal 1970 ad oggi, 7 dei 10 terremoti più costosi d’Europa si sono verificati in Italia, paese doppiamente esposto per la vulnerabilità del suo patrimonio artistico e per le costruzioni edificate in assenza o in barba alla normativa antisismica. Questo dovrebbe far riflettere sulla concessione del risarcimento a tutti, comunque e nonostante le responsabilità di taluni, pubblici o privati che siano”.
Controcorrente
Da grande combattente, Enzo Boschi non si è mai risparmiato una polemica. Come quella nei confronti di Milena Gabanelli, che dalle pagine del Corriere della Sera aveva proposto di introdurre un’assicurazione contro i terremoti. Oppure quella nei confronti dell’ex premier Mario Monti, che nei giorni del terremoto di Ferrara si era lasciato sfuggire una previsione in merito a una probabile scossa proprio su Ferrara. Non usava mezze parole: “se il 70% del patrimonio immobiliare di un territorio sismico come l’Italia, risulta inadeguato a scosse di medie magnitudo, è anche grazie alla sconsideratezza con la quale gli amministratori locali spesso, non hanno vietato l’edificabilità in aree a rischio. Casamicciola è solo l’ultimo dei tanti casi” aveva scritto proprio l’indomani del terremoto a Ischia.
Durissimo poi con la politica dei condoni. “Decisamente scellerata poi è la piaga dei condoni, la cui madre di tutte le regolarizzazioni dell’abusivismo è la legge 47 del 1985 del governo Berlusconi. Una sanatoria per la quale grande fu la protesta affinché almeno i territori dichiarati sismici fossero esclusi da questa delittuosa fittizia idoneità assegnata per default all’edificazione precaria, fuori norma, illecita” aveva scritto sempre dopo il terremoto di Ischia.
C’era però un cruccio che lo affliggeva che lo ha accompagnato fino agli ultimi giorni: era il distacco, da lui sofferto e vissuto in maniera non sempre serena verso l’Ingv e la comunità di ricercatori e scienziati che fanno riferimento a questo ente di ricerca. Per chi gli è stato vicino, si è trattato di un dolore profondo che lo ha segnato in maniera indelebile.
L'ultimo post per l'Agi
Dal 2017 era uno degli autori di BlogItalia e nel suo ultimo post parlava del rischio di uno tsunami nel Mediterraneo. "E' possibile che si generino tsunami che possono arrivare anche ad essere devastanti" scriveva "Ce lo dice la storia geologica del nostro mare. La placca euroasiatica, quella africana e quella anatolica si scontrano proprio sotto i fondali del mar Jonio e da questo scontro nascono terremoti e vulcani che possono generare tsunami. Fu proprio l’eruzione di un vulcano, quello di Santorini, in Grecia, nel Mar Egeo, uno dei tanti che si trovano nel Mediterraneo, anche vicino alle coste italiane, che ha generato forse l’evento più distruttivo che si sia mai verificato nel mondo e che forse ha provocato la fine della civiltà Minoica".