La Cassazione ha riscritto le regole per l’attribuzione dell’assegno di divorzio. Era necessario, dopo che un anno e due mesi fa la cosiddetta ‘sentenza Grilli’ aveva rivoluzionato le cose stabilendo che il mantenimento del tenore di vita non era più un principio attuale su cui parametrarne il valore. Moltissime sentenze si erano prontamente adeguate, altre avevano sollevato più di un dubbio e alla fine, come sempre accade in questi casi, sono intervenute le Sezioni Unite della Cassazione la cui pronuncia è considerata una ‘ultima parola’.
Per spiegare cosa ha stabilito la Cassazione e cosa cambia nel divorzio, però, dobbiamo partire dall’inizio, e in questo caso da dove cominciano tutti i divorzi: una storia d’amore finita male.
I fatti
Una coppia, sposata nel 1978, si separa consensualmente dopo ventinove anni di matrimonio, senza alcuna previsione di assegno da parte di un coniuge a favore dell’altro.
L’accordo sul divorzio, però, non si trova e la decisione viene rimessa al Tribunale di Reggio Emilia, che sentenzia ponendo a carico dell’ex marito 4.000 euro mensili a titolo di assegno divorzile in favore della ex moglie.
L’ormai ex marito impugna la sentenza di divorzio dinnanzi la Corte d’Appello di Bologna che, in applicazione dell’orientamento espresso dalla Corte di Cassazione nel maggio 2017 (la sentenza Grilli di cui sopra), ribalta la sentenza del Tribunale emiliano, non solo negando all’ex moglie l’assegno di divorzio, ma condannandola a restituire anche le somme già ricevute in corso di causa a tale titolo, sulla base del presupposto che la signora era economicamente autosufficiente (perché aveva di uno stipendio decisamente superiore alla media ed era titolare di un patrimonio mobiliare e immobiliare molto cospicuo).
La moglie propone dunque ricorso per Cassazione con richiesta, accolta nell’ottobre 2017, di rimessione del ricorso alle Sezioni Unite.
Le sezioni unite hanno impiegato nove mesi, due in meno del previsto, per trarre le loro conclusioni. Per capire cosa hanno stabilito abbiamo chiesto aiuto all’avvocato Eliana Onofrio di Milano, esperta di diritto di famiglia.
Questa sentenza, come anche quella ‘Grilli’ non ignora quanto siano cambiate le cose dal varo della legge sul divorzio…
“Prima di entrare nel merito della decisione del caso concreto, le Sezioni Unite hanno avvertito la necessità di illustrare il quadro legislativo-giurisprudenziale di riferimento. Così hanno messo a confronto la versione originaria e quella novellata nel 1987 dell’art. 5, comma 6, della Legge sul divorzio, i princìpi ispiratori della sentenza delle Sezioni Unite, che ha dato vita a un orientamento rimasto fermo per un trentennio (secondo la quale il presupposto per la concessione dell’assegno di divorzio deve essere rinvenuto nell’inadeguatezza dei mezzi del coniuge a conservargli un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio) e della sentenza della I Sezione della Cassazione che ha mutato tale orientamento – la cosiddetta ‘Grilli’ - che aveva invece individuato come parametro per la concessione dell’assegno divorzile la non autosufficienza economica del coniuge richiedente.
E a quale conclusione sono arrivati?
"Che entrambi i parametri – il tenore di vita matrimoniale e l’autosufficienza economica - sono passibili di critica. Quello del tenore di vita perché vi sono state modificazioni sociali che hanno inciso sull’interpretazione simbolica del legame matrimoniale, per il rischio di creare rendite di posizione disancorate dal contributo personale dell’ex coniuge richiedente alla formazione del patrimonio comune o dell’altro ex coniuge e per la deresponsabilizzazione conseguente all’adozione di un criterio fondato solo sulla comparazione delle condizioni economico-patrimoniale delle parti”.
"Quello della autosufficienza economica perché tale valutazione sarebbe sì rilevante “ma incompleta, in quanto non radicata sui fattori oggettivi e interrelazionali che determinano la condizione complessiva degli ex coniugi dopo lo scioglimento del vincolo”.
E, in sintesi, cosa hanno stabilito?
"Le Sezioni Unite hanno risolto oggi il contrasto giurisprudenziale con la sentenza n. 18287 che per comodità possiamo condensare in 6 punti:
- l’assegno di divorzio dovrà avere funzione assistenziale (per assenza incolpevole di mezzi di sostentamento), compensativa e perequativa (per il sacrificio di forze che hanno consentito all’altro coniuge di accumulare un patrimonio personale e di impiegare il proprio tempo nel lavoro, sovente disinteressandosi dell’assistenza familiare);
- si dovrà procedere a un rigoroso accertamento probatorio dei fatti posti a base della disparità economico-patrimoniale conseguente allo scioglimento del vincolo matrimoniale;
- vi sarà l’obbligo della produzione dei documenti fiscali dei redditi delle parti e il potenziamento dei poteri istruttori attribuiti al Giudice;
- bisognerà accertare il contributo fornito dal coniuge economicamente più debole alla conduzione della vita familiare e, conseguentemente, alla formazione del patrimonio familiare e personale dell’altro coniuge, anche in relazione alle potenzialità future. Di tale contributo la parte richiedente l’assegno dovrà fornire la prova con ogni mezzo, anche mediante presunzioni. La parte che chiede la riduzione o la eliminazione dell’assegno posto originariamente a suo carico dovrà invece fornire la prova contraria;
- l’assegno divorzile sarà dovuto all’esito di un bilancio dell’impegno dato da ciascuno dei coniugi al ménage familiare, all’età dei coniugi e alle loro capacità reddituali future;
- l’assegno potrà essere sempre revisionato o escluso senza limiti di tempo in caso di modifica oggettiva delle condizioni che lo hanno determinato".
Ma negli altri Paesi come funziona?
"Le Sezioni Unite hanno avvertito l’esigenza di sottolineare il fatto che la soluzione adottata è in perfetta armonia con quella di altri ordinamenti giuridici europei e non. La soluzione prospettata è largamente coerente con il quadro della legislazione dei Paesi dell’Unione Europea. […]. La comparazione con alcuni ordinamenti europei (in particolare quello francese e tedesco) evidenzia in particolare, la natura specificamente perequativo-compensativa attribuita all’assegno di divorzio. Ordinamenti tutti che si prefiggono come obiettivo la consacrazione della pari dignità degli ex coniugi. La conferma della centralità del principio di eguaglianza effettiva tra i coniugi trova riscontro effettivo anche nel VII Protocollo addizionale alla Convenzione Europea dei Diritti Umani, nell’articolo 5 che recita ‘I coniugi godono dell’uguaglianza dei diritti e responsabilità di carattere civile tra di essi e nelle loro relazioni con i loro figli riguardo al matrimonio, durante il matrimonio e in caso di suo scioglimento. Principio evoluzione di quanto già contenuto nell’art. 16 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 10.12.1948, secondo il quale 'Uomini e donne hanno eguali diritti riguardo al matrimonio, durante il matrimonio e all’atto del suo scioglimento'.
In conclusione, da avvocato, che giudizio dà di questa sentenza
"Le Sezioni Unite sono riuscite a dare una risposta calibrata, equitativa, tecnicamente ineccepibile, che tiene conto delle diverse e composite realtà familiari italiane. In buona sostanza, è stato dato un colpo al cerchio e uno alla botte. Coloro che confidavano di poter avere dalle Sezioni Unite una ricetta buona per tutti i casi – parametri oggettivi e granitici cioè, da poter utilizzare in qualsiasi causa di divorzio – non sono stati accontentati. Messo definitivamente in soffitta il vecchio criterio del tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio, è stato cassato anche quello della sola autosufficienza economica della Sentenza Grilli, perché ritenuto incompleto. Unico soldato lasciato dalla Cassazione sul campo è 'il caso concreto', da analizzarsi attentamente soprattutto alla luce del principio di solidarietà che poggia sul cardine costituzionale della pari dignità dei coniugi, che vige anche dopo lo scioglimento del matrimonio".
Un esempio concreto di cosa cambierà?
"È ipotizzabile che verrà negato l’assegno divorzile al coniuge benestante che non abbia dovuto sacrificare se stesso in nome del matrimonio. Viceversa, al coniuge benestante che abbia contribuito alla formazione del patrimonio comune o personale dell’altro, dovrà essere riconosciuto l’assegno divorzile in forza della sua componente perequativa (e non certo assistenziale, avendo l’istante, nel caso di specie, i mezzi per sostenersi). Così si può immaginare che se il coniuge richiedente l’assegno non ha contribuito alla formazione del patrimonio familiare o personale dell’altro, non gli andrà riconosciuto alcun assegno se economicamente autosufficiente; mentre, se non lo è, gli andrà riconosciuto solo un assegno limitato agli alimenti, in forza della componente assistenziale dello stesso".