Diploma in quattro anni, si parte. È online dal 19 ottobre il decreto che dà l'avvio al Piano nazionale di sperimentazione annunciato questa estate che coinvolgerà 100 classi di licei e Istituti tecnici di tutta Italia. Da venerdì 20 ottobre al 13 novembre gli istituti potranno presentare le loro candidature. Fino a ora sono state 12 in tutta Italia le scuole che hanno sperimentato percorsi quadriennali sulla base di progetti di istituto autorizzati di volta in volta dal ministero. Per rendere maggiormente valutabile l'efficacia della sperimentazione e per consentirne una maggiore diffusione territoriale viene previsto, ora, un bando nazionale con criteri comuni per la presentazione dei progetti che partiranno nell'anno scolastico 2018/2019.
I requisiti richiesti
Un "elevato livello di innovazione", l'utilizzo di "tecnologie e delle attività laboratoriali nella didattica" e di una metodologia di studio "in lingua straniera". E ancora: continuità con le scuole medie, "il mondo del lavoro, gli ordini professionali e l'università". Questi, come scrive Huffington Post, sono i requisiti che i licei e gli istituti tecnici italiani dovranno possedere per candidarsi al piano nazionale di sperimentazione del diploma in quattro anni.
Il progetto nato nel 2000
Il progetto della sperimentazione quadriennale - ricorda un comunicato del Miur - prende le mosse dalla riforma dei cicli scolastici messa a punto dal ministro Berlinguer nel 2000 - non entrata in vigore perché poi bloccata dalla ministra Moratti - e successivamente ripresa dalla commissione di studio istituita nel 2013 dal ministro Profumo, incaricata di elaborare delle proposte per abbreviare il percorso scolastico con lo scopo di far conseguire il diploma entro il diciottesimo anno di età. La ministra Carrozza, nell'anno scolastico 2013/14, autorizzò due progetti sperimentali proposti da due scuole che già avevano caratteristiche di forte internazionalizzazione: il San Carlo di Milano e il Guido Carli di Brescia. Da allora sono sempre state le scuole a fare richiesta a 'sportello' di sperimentazione quadriennale. Il 19 ottobre poi la ministra Fedeli ha
La sperimentazione si conclude nel 2023
Ora si procederà, appunto, con una sperimentazione a livello nazionale al termine della quale, nel 2023, i risultati dovranno essere discussi con tutti i rappresentanti del mondo della scuola e con i decisori politici. Le istituzioni scolastiche che presenteranno la candidatura dovranno assicurare alle studentesse e agli studenti il raggiungimento delle competenze e degli obiettivi specifici di apprendimento previsti per il quinto anno di corso, nel rispetto delle Indicazioni Nazionali e delle Linee guida. Ciascuna istituzione scolastica potrà presentare il progetto per una sola sezione, a partire dalla classe prima, e per un solo indirizzo di studio. La candidatura potrà essere presentata solo dopo aver ottenuto il consenso degli organi collegiali, dovrà essere quindi frutto di una scelta condivisa, e dovrà essere in linea con gli orientamenti già presentanti anche alle famiglie nel Piano triennale dell'Offerta Formativa.
La commissione tecnica
Un'apposita Commissione tecnica valuterà le domande pervenute. Le proposte dovranno distinguersi per un elevato livello di innovazione, in particolare per quanto riguarda l'articolazione e la rimodulazione dei piani di studio, per l'utilizzo delle tecnologie e delle attività laboratoriali nella didattica, per l'uso della metodologia Clil (lo studio di una disciplina in una lingua straniera), per i processi di continuità e orientamento con la scuola secondaria di primo grado, il mondo del lavoro, gli ordini professionali, l'università e i percorsi terziari non accademici. Nel corso del quadriennio, un Comitato scientifico nazionale valuterà l'andamento nazionale del Piano di innovazione e predisporrà annualmente una relazione che sarà trasmessa al Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione. A livello regionale, invece, saranno istituiti i Comitati scientifici regionali che dovranno valutare gli esiti della sperimentazione, di anno in anno, da inviare al Comitato scientifico nazionale.
I motivi di una riforma
I motivi alla base di questa riforma, scrive il Fatto Quotidiano, sono essenzialmente due: la necessità di mettersi al passo con l'Europa e il contrasto all'abbandono.
- il primo motivo è quello che l’abbreviazione del percorso di studi permetterà di far diplomare i ragazzi un anno prima; proprio come accade ai loro coetanei spagnoli, francesi, portoghesi, ungheresi e inglesi.
- La convinzione che questa rimodulazione agirà anche da contrasto all’abbandono scolastico. Quanto le argomentazioni siano siano deboli lo sanno bene quanti nelle scuole ci lavorano. Quanti hanno figli o nipoti che nelle classi trascorrono le loro mattine.
I dubbi sull'operazione
I particolari dell’operazione, scrive ancora il giornale, lasciano perplessi. A partire dalla promessa di classi con in media 25-30 alunni, proseguendo per la valorizzazione delle tecnologie digitali. Non mancherà, naturalmente, “un rafforzamento del curriculo”, a partire dall’alternanza scuola-lavoro. Ciò che si rischia, in sostanza, è che per andare incontro alle richieste dell'Europa di eliminare le differenze nella formazione, si perda identità per creare un ibrido.