Un team di ricerca internazionale, coordinato dal dipartimento di Fisica della Sapienza, ha investigato e verificato sperimentalmente per la prima volta il fenomeno delle ricorrenze in fisica, dimostrando come la loro apparizione possa essere spiegata tramite equazioni matematiche esatte. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista Physical Review X.
Che cos’è un “déjà-vu”?
Da un punto di vista fisico, spiega la Sapienza in un comunicato, un fenomeno analogo fu scoperto dagli scienziati Enrico Fermi, John Pasta e Stanislaw Ulam oltre sessant’anni fa ed è noto come ricorrenza di Fermi-Pasta-Ulam. Enrico Fermi, lavorando a quella prima macchina di calcolo che sarebbe diventato il moderno computer, trovò in modo del tutto inaspettato, che alcuni sistemi non lineari complessi (cioè con molti gradi di libertà interagenti tra loro) durante la loro naturale evoluzione potevano spontaneamente ritornare allo stato di partenza in modo ciclico, senza mai raggiungere un equilibrio finale.
Nello studio condotto dal Dipartimento di Fisica della Sapienza, con la collaborazione dell’Institute for Complex Systems del Consiglio nazionale delle ricerche - Cnr, della Shenzhen University, della Hebrew University of Jerusalem e del Landau Institute for Theoretical Physics, è stato dimostrato sperimentalmente e per la prima volta come la ricorrenza di Fermi-Pasta-Ulam abbia origine in un preciso moto collettivo del sistema e come questo possa essere predetto ottenendo, dalle equazioni modello, soluzioni matematiche esatte. I risultati dello studio sono pubblicati sulla rivista Physical Review X.
“Tali soluzioni ricorrenti esatte – spiega Davide Pierangeli, autore corrispondente dello studio – prevedono infiniti “déjà-vu” e sono state teorizzate recentemente da Grinevich e Santini nel contesto di sistemi non lineari ottici e idrodinamici, ma la possibilità di osservarle direttamente non era così scontata”.
Con un’innovativa strategia sperimentale, che utilizza un cristallo reso altamente fotosensibile da campi elettromagnetici esterni (cristallo non lineare), il team ha osservato per la prima volta come specifiche onde ottiche possano ripresentarsi durante la propagazione della luce laser.
Nello specifico, la combinazione di tre fasci laser è stata utilizzata per eccitare l’equivalente ottico di una debolissima nota musicale, la quale, nel propagarsi in cristallo, genera una ricca melodia ottica che evolve naturalmente nello spazio sino a tornare alla nota iniziale, per poi ripetersi in modo ciclico.
Nonostante questa evoluzione ricorrente della luce avvenga in un volume dello spessore di circa un decimo di capello umano, il team è riuscito a controllarne precisamente il comportamento agendo sulle proprietà della nota - o onda - iniziale. Inoltre, i ricercatori hanno mostrato come sia possibile percorrere a ritroso questa complessa dinamica del campo ottico, fino a ottenere la specifica onda che ha generato quel particolare moto ricorrente.
Il risultato dello studio
Tutto ciò ha permesso quindi di identificare in modo univoco il meccanismo fisico alla base dei “dèjà-vu” di questo tipo. “Il tentativo di comprendere questa ricorrenza – aggiunge Eugenio del Re coordinatore del team di ricerca – ha caratterizzato l’intero sviluppo della scienza non lineare ed è tutt’ora una sfida aperta nota come problema FPU”.
Fino a oggi infatti, nessuna tra le diverse spiegazioni teoriche proposte ha mai trovato una verifica sperimentale, perché le ricorrenze sono un fenomeno estremamente sensibile a tutte quelle minime fluttuazioni e perturbazioni che caratterizzano ogni sistema naturale.
“I risultati del nostro studio – conclude del Re – fanno luce sul controverso e affascinante problema di Fermi-Pasta-Ulam e rappresentano un test all’avanguardia per la teoria delle onde non lineari, aprendo in questo modo prospettive uniche per predire l’evoluzione di sistemi altamente caotici, così come per il controllo di flussi di energia di varia natura ad altissima concentrazione, da tsunami e plasmi, a onde elettromagnetiche”.