Un quesito "eccessivamente manipolativo" e, dunque, "inammissibile". Così la Corte Costituzionale, con una decisione presa a maggioranza (che sarebbe stata "solida e ampia"), ha bocciato il referendum proposto da 8 Consigli regionali - Veneto, Piemonte, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Sardegna, Abruzzo, Basilicata, Liguria - per l'abolizione del metodo proporzionale nell'attribuzione dei seggi in collegi plurinominali nel sistema elettorale sia della Camera che del Senato.
Una pronuncia - le cui motivazioni saranno depositate entro il 10 febbraio - adottata dopo una camera di consiglio 'fiume', iniziata alle 9,45 di questa mattina per finire solo nel pomeriggio alle 16, nella quale e' stato esaminato - e dichiarato inammissibile - anche il conflitto di attribuzione, inerente la legge sui referendum, sollevato da 5 delle Regioni promotrici del quesito.
Al momento, Palazzo della Consulta spiega le ragioni della sua decisione con un comunicato: "La richiesta e' stata dichiarata inammissibile per l'assorbente ragione dell'eccessiva manipolatività del quesito referendario nella parte che riguarda la delega al Governo, ovvero proprio nella parte che, secondo le intenzioni dei promotori, avrebbe consentito l'autoapplicatività della normativa di risulta"
Soddisfatti gli oppositori al quesito, come il professor Felice Besostri, intervenuto ieri nell'udienza a porte chiuse davanti alla Corte in rappresentanza del gruppo parlamentare di Leu alla Camera, del Coordinamento per la democrazia costituzionale, dell'associazione 'Attuare la Costituzione' e di alcuni cittadini-elettori: "Spero che questo - afferma Besostri - sia di insegnamento per le Regioni di promuovere referendum nell'interesse delle Regioni stesse e non per fare un servizio a una forza politica. Se sono veramente convinte che il sistema maggioritario uninominale e' il migliore, lo adottino per il loro rinnovo".
Nello stesso tempo, invece, il professor Giovanni Guzzetta, che con il collega Mario Bertolissi ha rappresentato alla Corte i promotori del referendum, pur attendendo di leggere le motivazioni per qualsiasi approfondimento, si chiede "se in futuro ci sarà ancora spazio per i referendum elettorali, perché le esigenze di autoapplicabilità consentono al legislatore di fare leggi costruendole in modo che non siano referendabili".
Di una "cronaca di inammissibilita' annunciata", parla il professor Alfonso Celotto, ordinario di diritto costituzionale all'università Roma Tre: "La giurisprudenza costituzionale - ricorda - è stata sempre orientata in maniera univoca nel senso che non si puo' fare un referendum elettorale se la normativa di risulta non è autoapplicativa, dato che il sistema deve sempre poter funzionare". Quella di oggi "è una sentenza corretta, ovviamente, e tecnica. Non è una sentenza politica", commenta infine il presidente emerito della Consulta, Cesare Mirabelli.