Il pubblico ministero napoletano Henry John Woodcock indagato dalla procura di Roma per falso in concorso con l’ex capitano del Noe Gianpaolo Scafarto. Come scrive Giovanni Bianconi sul Corriere della Sera, si tratta di una nuova indagine sul pm oltre a quella per violazione di segreto. Il pubblico ministero è indagato per falso, in concorso con Scafarto, autore di comunicazioni su una presunta auto dei servizi segreti che avrebbe spiato le mosse dei suoi carabinieri impegnati negli accertamenti sull’imprenditore Alfredo Romeo. Secondo l’accusa, scrive il quotidiano, quando inserì questo dato nell’informativa trasmessa agli inquirenti, Scafarto già sapeva che i Servizi non c’entravano, ma poi è stato lo stesso ufficiale a chiamare in causa il magistrato; quella scelta non fu sua, ma «indotta» dal pm, avrebbe detto in un interrogatorio, prima di trincerarsi nel silenzio tenuto negli ultimi mesi.
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Le accuse a Woodcock
Il procuratore aggiunto Paolo Ielo e il pm Mario Palazzi, scrive il Mattino di Napoli, non accusano Woodcock soltanto di rivelazione del segreto istruttorio in concorso con la giornalista Federica Sciarelli, sostenendo che sia stato il regista della fuga di notizie di dicembre, ma anche di falso in concorso con l'ex capitano del Noe (da pochi giorni maggiore) Gianpaolo Scafarto. L'ipotesi è che la manipolazione dell'informativa chiave dell'indagine, quella che aggravava la posizione di Tiziano Renzi, padre dell'ex premier, e nella quale un'intera sezione era dedicata al coinvolgimento dei servizi segreti (risultata del tutto falsa), sia stata anche opera del magistrato. Alla base dell'accusa, però, ci sono proprio le dichiarazioni del militare che, davanti ai pm di Roma, cercava di difendersi.
La testimonianza di Scafarto
"La necessità di compilare un capitolo specifico - ha detto Scafaro il giorno dell'interrogatorio, come riporta il quotidiano partenopeo - fu a me rappresentata come utile direttamente dal dottor Woodcock che mi disse testualmente: Al posto vostro farei un capitolo autonomo su queste vicende, che io condivisi", ha raccontato l'11 maggio Scafarto, interrogato dai pm della Capitale, Paolo Ielo e Mario Palazzi, scaricando parte della responsabilità sul magistrato. Erano stati i carabinieri del Nucleo investigativo di Roma a dimostrare che proprio in quel capitolo, il numero 17, si susseguivano le imprecisioni più gravi. Alcune incongruenze contenute nell'informativa, secondo i pm capitolini, sarebbero state messe nero su bianco intenzionalmente.
Pm Musti: "Questi sono matti"
Intanto vengono pubblicate dalla stampa le accuse del procuratore di Modena Lucia Musti che il 17 luglio, davanti alla prima commissione del Csm, al colonnello del Noe Sergio De Caprio e al capitano Gianpaolo Scafarto. La pm, scrive Repubblica, lamentan le continue pressioni di Scafarto per incontrarla. "Quei due sono veramente dei matti. Abbiamo fatto bene a liberarcene subito". "Le loro intercettazioni? Fatte coi piedi". Le informative? "Roba da marziani".
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Renzi: "La verità viene fuori"
"Questa vicenda che era stata utilizzata per colpire me colpirà chi l’ha usata per tradire il senso dello Stato. Colpirà chi ha falsificato le prove contro il presidente del Consiglio". Così Matteo Renzi, dopo le rivelazioni sul caso Consip.
"Chi voleva utilizzare Consip per gettare fango addosso a me - scrive Il Giornale - vedrà questo fango ritorcerglisi contro. È stato così per Expo, per il jobs Act. Lo sarà anche per la vicenda Consip perchè se un carabiniere falsifica delle prove, se un agente dei servizi segreti si intrufola in vicende nelle quali non deve stare ...se tu parti dal presupposto che la verità prima o poi arriva la vivi in modo semplice, non hai nulla da temere. La verità viene fuori".
I dubbi del Fatto
Molto critico il Fatto Quotidiano, il giornale che pubblicò a luglio 2015 il contenuto delle telefonate tra Matteo Renzi e il generale della guardia di Finanaza Michele Adinolfi, risalenti al gennaio 2014, nelle quali l’ex premier parlava di Letta e di come rimuoverlo da palazzo Chigi. Marco Travaglio, che titola a tutta pagina "Si inventano un golpe per insabbiare Consip", critica nel suo editoriale il procuratore di Modena, Lucia Musti: "Non si capisce perché non segnalò 30 mesi fa quelle orrende condotte ai vertici dell'Arma - scrive riferendosi al colloquio che la pm ha riferito al Csm di aver avuto con Scafarto e De Caprio - ma continuò a lavorare con i putribondo figuro e attese le controindagini e la campagna renziana per esultare ("Finalmente l'hanno preso") e vuotare il sacco a scoppio ritardato". Travaglio fa anche una considerazione sulle modalità e la tempistica della testimonianza della Musti: "il 17 luglio denuncia Scafarto e 'Ultimo' al Csm - scrive il direttore del Foglio - che non ha alcun potere su di loro: tutta acqua al mulino di chi vuole cacciare il pm Woodcock".