“Dottoressa, lei, se vuole, ha una bomba in mano. Lei può far esplodere la bomba. Scoppierà un casino. Arriviamo a Renzi”. Questo il tenore delle frasi che Gianpaolo Scafarto, l’ufficiale del Noe sotto inchiesta per falso e rivelazione del segreto istruttorio nell’ambito dell’inchiesta su Consip e il colonnello Sergio De Caprio (ex capitano Ultimo) hanno detto al procuratore di Modena, Lucia Musti, come lei stessa ha riportato durante l’audizione tenuta con il Csm il 17 luglio.
"Questa frase inchioda Tiziano Renzi"
Secondo il Corriere della Sera, la frase è stata pronunciata nel settembre del 2016: quattro mesi prima che Scafarto depositasse presso le procure di Roma e Napoli l’informativa sul caso Consip, contenente notizie non veritiere per le quali il capitano, che nel frattempo è stato promosso a maggiore, è tuttora indagato per falso. Scafarto è accusato perché nell’informativa scrisse che Alfredo Romeo, imprenditore napoletano arrestato e poi scarcerato dopo 6 mesi per corruzione nell’ambito dell’inchiesta su Consip, la società del ministero del Tesoro che si occupa di controllare e gestire gli appalti per il pubblico, aveva detto: “Renzi, l’ultima volta che l’ho incontrato…”.
A un secondo esame i magistrati avevano però constatato che la frase attribuita a Romeo era stata invece pronunciata dall’ex parlamentare Italo Bocchino, che si riferiva all’ex premier Matteo Renzi e non al padre Tiziano. Resta dunque da stabilire se si tratti di dolo o di un errore. Nella stessa informativa Scafarto aggiunse una nota personale scrivendo che “Questa frase assume straordinario valore e consente di inchiodare alle sue responsabilità Tiziano Renzi in quanto dimostra che effettivamente Romeo e Renzi si sono incontrati, atteso che Romeo ha sempre cercato di conoscere Matteo Renzi senza riuscirvi”.
Per approfondire: Com'è nata l'inchiesta Consip e chi sono i protagonisti
Musti evitò di incontrare ancora Scafarto
Musti ha spiegato al Csm di non aver gradito quell’anticipazione da parte del capitano, che peraltro costituisce una violazione del segreto investigativo, e che pensò che Scafarto fosse ‘poco serio’. Dalla deposizione del procuratore emerge anche che lei ha cercato di tenersi lontana dal capitano, non rispondendo alle sue continue richieste di incontrarsi e ai suoi messaggi. Solo quando poi uscirono le prime indiscrezioni sul ‘caso Consip’, il magistrato capì che le frasi di Scafarto si riferivano a quella inchiesta.
Il maggiore non risponde al pm
Secondo il Corriere della Sera, le indiscrezioni che Scafarto ha rivelato alla procuratrice Musti, quattro mesi prima che venisse registrata la frase falsamente attribuita a Romeo, potrebbe far pensare che Tiziano Renzi fosse già nel mirino dei carabinieri.
In ogni caso martedì scorso Scafarto è stato convocato dai pm romani, ma si è rifiutato di parlare. Renzi ha commentato “Noi vogliamo la verità, non persone che appartengono all’Arma dei carabinieri e si avvalgono della facoltà di non rispondere”.
"Finalmente l'hanno preso"
L’udienza della Musti, come spiega Repubblica, si è tenuta nel quadro di un accertamento che il Csm sta portando avanti in merito alla fuga di notizie del luglio 2015, quando il Fatto Quotidiano pubblicò il contenuto delle telefonate tra Renzi e Adinolfi, risalenti al gennaio 2014, nelle quali l’ex premier parlava di Letta e di come rimuoverlo da palazzo Chigi. Oggi come allora, le indiscrezioni sono trapelate dopo che i fascicoli sono stati trasferiti da Napoli a Roma. Quando ha appreso che Scafarto era accusato di aver falsificato l’informativa del caso Consip, la Musti ha dichiarato di aver pensato “Finalmente l’hanno preso”. Ma dalla deposizione della Musti emergono giudizi molto critici non solo nei confronti dei carabinieri del Noe, ma anche sui colleghi napoletani.
Musti accusa Scafarto e 'Ultimo': "Tempismo sospetto"
La Musti ha espresso più volte durante l’audizione giudizi al vetriolo nei confronti dei carabinieri del Noe. È opinione della pm che quella informativa sia ‘fatta coi piedi’ e piena di ‘chiacchiere da bar’ non sostenute da fatti concreti. Per li procuratore il tempismo e il tenore delle affermazioni di Scafarto e De Caprio sono portatori di sospetti, che sembrano trovare conforto nell’inchiesta avviata sul capitano.
'Ultimo' al contrattacco: "Fu la pm Musti a chiedermi di tacere"
Respinge le accuse il colonnello dei carabinieri Sergio De Caprio, il Capitano Ultimo che arrestò Totò Riina e, come scrive ancora Repubblica, precisa che fu la pm Musti a chiedergli di tacere. Dopo le ultime rivelazioni in merito all'inchiesta Consip apparse sulla stampa, De Caprio precisa: "Non ho mai svolto indagini per fini politici", definendo una "campagna di linciaggio mediatico" quella apparsa sui giornali, secondo cui in più di un'occasione, lui e il capitano del Noe Scafarto si rivolsero alla procuratrice di Modena Lucia Musti. Di Caprio chiarisce che fu proprio il magistrato a richiedere il silenzio del militare: "La dottoressa Musti è stata supportata in tutto quello che ci ha liberamente richiesto, compresa la presenza del capitano Scafarto a Modena, compreso il fatto di non informare delle indagini il comandante provinciale dei carabinieri di Modena e la prefettura perché li considerava collusi con le cooperative rosse su cui da tempo indagava autonomamente".
Prima sentenza del caso Consip: Marco Gasparri patteggia 20 mesi
È arrivata giovedì la prima sentenza sul caso Consip. L'ex dirigente della Centrale acquisiti della pubblica amministrazione, Marco Gasparri, ha patteggiato una condanna a 20 mesi di reclusione davanti al Gup di Roma, Rosalba Liso, che ha ratificato l'accordo raggiunto dai legali dell'imputato con la Procura. Gasparri era accusato di corruzione in concorso con l'imprenditore campano Alfredo Romeo, dal quale ha ammesso di aver ricevuto 100.000 euro in contanti come pagamento di consigli e suggerimenti sulle offerte da presentare a Consip. Romeo sarà processato il prossimo 19 ottobre.
Renzi: "La verità viene fuori"
"Questa vicenda che era stata utilizzata per colpire me colpirà chi l’ha usata per tradire il senso dello Stato. Colpirà chi ha falsificato le prove contro il presidente del Consiglio". Così Matteo Renzi, dopo le rivelazioni sul caso Consip. "Chi voleva utilizzare Consip per gettare fango addosso a me - scrive Il Giornale - vedrà questo fango ritorcerglisi contro. È stato così per Expo, per il jobs Act. Lo sarà anche per la vicenda Consip perchè se un carabiniere falsifica delle prove, se un agente dei servizi segreti si intrufola in vicende nelle quali non deve stare ...se tu parti dal presupposto che la verità prima o poi arriva la vivi in modo semplice, non hai nulla da temere. La verità viene fuori".