L'incidente ferroviario del 25 gennaio in Lombardia ha riportato alla luce i problemi della mobilità su treno che vede muoversi ogni giorno 5,51 milioni di persone in Italia. Se da un lato cresce il numero complessivo dei pendolari, aumentano anche le differenze tra le varie regioni, ma anche nell'offerta con da una parte dai continui successi dell’alta velocità e dall’altra dai tagli agli intercity e da treni regionali spesso troppo vecchi e lenti.
A denunciare le condizioni del trasporto locale era stata a inizio del 2018 Legambiente che nel rapporto 'Pendolaria' raccontava come nel 2017 il numero dei pendolari del treno, che usano il servizio ferroviario regionale, sia aumentato con una crescita di 11 mila passeggeri al giorno (+0,4% rispetto al 2016), mentre il numero di persone che ogni giorno prende le metropolitane nelle sette città in cui è presente il servizio (Milano, Roma, Napoli, Torino, Genova, Brescia e Catania) ha visto un aumento di 22 mila viaggiatori giornalieri (+0,6% rispetto al 2016, stesso trend in positivo come tra 2016 e 2015). In particolare sono 2 milioni e 841 mila i passeggeri che usufruiscono del servizio ferroviario regionale, e oltre 2 milioni e 672 mila quelli che ogni giorno prendono le metropolitane. Per completare il numero di coloro che ogni giorno prendono il treno sui collegamenti nazionali, vanno aggiunte 40 mila persone che viaggiano sugli intercity e 170 mila tra Frecce ed Italo.
Alta Velocità vs Alta Frequentazione
Ai grandi successi dell’Alta Velocità maturati in questi anni – ampia offerta di treni tra Salerno, Roma, Firenze, Bologna, Milano, Torino e Venezia e un aumento dell’offerta in meno di 11 anni pari al 435% -, si affianca una situazione del trasporto regionale che rimane difficile, anche per via della riduzione dei treni Intercity e dei collegamenti a lunga percorrenza (-15,5 dal 2010 al 2016) con un calo del 40% dei passeggeri e la diminuzione dei collegamenti regionali (-6,5% dal 2010 al 2016), a seguito dei tagli realizzati nel 2009.
E poi in alcuni casi c’è il peggioramento del servizio con disagi e disservizi come accade sulla Roma-Lido di Ostia, linea suburbana gestita da Atac, dove si è registrata una riduzione del 45% dei passeggeri passati da quasi 100.000 tra studenti e lavoratori negli scorsi anni a 55.000. Oppure sulla Circumvesuviana: sulle tre storiche linee suburbane di Napoli dal 2010 al 2016 si è registrato un calo dell’offerta di treni del 30%.
Meno treni, ma più voglia di rotaia
In questi anni c’è da segnalare inoltre la chiusura di 1.323,2 chilometri di linee ferroviarie. Ad esempio in Molise non esiste più un collegamento ferroviario con il mare: sono scomparsi i treni che dal 1882 collegavano Campobasso con l’Adriatico e con Termoli. Ai chilometri di ferrovia chiusa, vanno poi aggiunti oltre 321 km di rete ordinaria che risulta “sospesa” per inagibilità dell’infrastruttura, come nel caso della Trapani-Palermo.
Eppure, come emerge dal dossier Pendolaria, dove si investe nella cura del ferro il numero dei pendolari cresce e aumenta la voglia di spostarsi in treno, come è accaduto in Lombardia, dove nonostante le difficoltà su alcune linee, si è raggiunta quota 735.000 passeggeri ogni giorno sui treni regionali (con un +3,1% nel 2017 e +24% dal 2009 ad oggi, quando erano 559 mila) o in Friuli Venezia Giulia dove si è passati da 13 mila a 21.500 i viaggiatori con un aumento del +38%.
Tornano a crescere i pendolari anche in Abruzzo (+5,3%), grazie al recupero di alcune corse nel 20117 e l’introduzione del cadenzamento dei treni sulla linea costiera Adriatica. Bene anche l’Emilia Romagna che tocca quota 205.000 (erano 106.500 nel 2010), in Trentino si è passati da 13.000 a 26.400, in Alto Adige da 19.900 a 31.400, in Puglia da 80.000 a 150.000.
C'è anche qualcosa di buono
Risultati positivi li troviamo anche nelle 38 esperienze di successo e buone pratiche del trasporto su ferro segnalate nel report di Pendolaria: al Nord come le linee in Val Venosta e Val Pusteria in Alto Adige, ma anche al Sud (come per la Metropolitana di Napoli, nella linea tra Bari e l’aeroporto, del collegamento diretto Palermo-Catania dopo la chiusura dell’autostrada nel 2015), o i tratti minori come fra Ascoli e Porto d’Ascoli dopo l’elettrificazione. Buone notizie arrivano anche da alcune linee sospese da tempo e che ora vedono la luce: come la Cecina-Saline di Volterra in Toscana chiusa e la Gemona-Salice, in Friuli che sono state riaperte, la Priverno-Terracina con lo stanziamento dei fondi da parte della Regione Lazio, la Bosco Redole-Benevento riaperta per fini turistici.
Le ragioni di questa situazione sono nei tagli avvenuti nelle risorse per il trasporto ferroviario ma anche nel gap infrastrutturale delle città italiane nelle dotazioni di linee metropolitane, tram, ferrovie suburbane rispetto agli altri Paesi europei. Differenze e disuguaglianze nel Paese sono da individuare, secondo Legambiente, in alcuni errori compiuti in questi anni nelle politiche dei trasporti (riduzioni treni e aumento delle tariffe) e nel modo diverso con cui le diverse Regioni hanno gestito il servizio dopo il trasferimento delle competenze nel 2001, con tagli ai servizi ferroviari e aumento del costo dei biglietti in quasi tutte le Regioni.
Sono poche le Regioni che hanno investito risorse proprie per potenziare il servizio e evitare i tagli, con una media di spesa rispetto al bilancio regionale dello 0,35% e tante Regioni che non investono alcuna risorsa aggiuntiva per migliorare il servizio rispetto a quelle trasferite dallo Stato.
Al sud circolano meno treni: ad esempio le corse dei treni regionali in tutta la Sicilia sono 429 contro le 2.396 della Lombardia. Inoltre i convogli sono più vecchi - con una età media nettamente più alta 19,2 anni rispetto ai 13,3 del Nord e a quella nazionale di 16,8 - e sono più lenti, sia per problemi di infrastruttura sia perché circolano treni non più adatti alla domanda di mobilità. Ad esempio tra Cosenza e Crotone non esiste un collegamento diretto, occorre effettuare almeno un cambio e impiegare 3 ore di viaggio per percorrere 115 km.
Altro problema, tra Ragusa e Palermo ci sono solo 3 collegamenti al giorno, tutti con un cambio, e in totale ci vogliono 4 ore e mezza per arrivare a destinazione. Al Sud poi l’Alta Velocità si ferma a Salerno e, malgrado la continuazione di alcune Frecce verso Reggio Calabria, Taranto o Lecce, il numero in rapporto a quelli che circolano al Centro-Nord di questi treni è insignificante.
Finanziamenti statali per le infrastrutture
Restano la nota dolente. Da quanto emerge da Pendolaria, dal 2002 ad oggi i finanziamenti statali hanno premiato per il 60% gli investimenti in strade e autostrade e solo per il 13% le reti metropolitane. Anche le Regioni continuano a scegliere strade e autostrade come priorità degli investimenti. Ad esempio la Regione Emilia-Romagna sta investendo 179 milioni di Euro di risorse pubbliche per la realizzazione di un’autostrada regionale come la Cispadana. Imponenti i progetti delle autostrade lombarde: quasi 3 miliardi di euro pubblici sono previsti tra Pedemontana Lombarda, Autostrada Regionale Cremona-Mantova, Autostrada regionale Broni-Mortara, Collegamento Boffalora-Malpensa, parte della Tirreno-Brennero ed Autostrada della Val Trompia. Poche le eccezioni come le Province Autonome di Trento e Bolzano, il Piemonte e la Toscana.
Se facciamo un bilancio di quanto realizzato in questa legislatura - che nel caso delle infrastrutture è ovviamente frutto di scelte che risalgono alle legislature precedenti – si evidenzia come a prevalere sia ancora le infrastrutture stradali: 217 km di autostrade (tra cui ricordiamo la Bre.Be.Mi., il Quadrilatero nelle Marche ed Umbria, parte della Asti-Cuneo), a cui si aggiungono altri 1.825 km di strade nazionali e 2.080 km di rete stradale provinciale e regionale, a fronte di 58,6 chilometri di metropolitane (12,9 km a Milano, 13,7 a Brescia, 1,6 a Genova, 23,4 a Roma, 7 a Catania, con una media di 11,8 l’anno) e 34,5 km di tram (17 km a Palermo, 12,5 a Venezia, 6 a Cagliari).