Ospitiamo il diario di Gabriele, 36 anni, costretto all'isolamento nel paese di Codogno, dove si è scatenato il focolaio più violento di coronavirus in Italia. Il testo è stato raccolto da Manuela D'Alessandro
È lunedì e starò con la mia famiglia per il virus. È un’idea che mi piace poterli proteggere, espormi io facendo le commissioni: se fossi al lavoro vivrei nell’angoscia per loro. Solito giro col cane e incontro un vicino anziano che si avvicina un po’ troppo. Basta uno sguardo per capirsi e tornare alla distanza di sicurezza. La bella sorpresa è che le farmacie sono aperte. Vado in quella del mio quartiere dove c’è poca gente e si entra a due a due, con mascherina e guanti in lattice.
Faccio un giro in centro, dove invece c’è una coda mai vista per avvicinarsi all’oblò da dove spunta la testa del farmacista. La gente è nervosa, vuole mettere le mani sulle medicine che servono. Tour dei supermercati per rassicurarmi che siano aperti: alcuni sì, affollati e per la prima volta vedo anche la protezione civile. Meno male. Non moriremo di fame!
Recupero bimbi e moglie e andiamo a farci un giro in bici in aperta campagna dove è difficile incontrare gente, al massimo qualcuno che corre. Non voglio far correre ai piccoli a nessun rischio. La giornata è limpida, siamo più sereni.
DIARIO DI GABRIELE - PRIMO GIORNO
A casa, poi, i bambini fanno una videochiamata Whatsapp con gli amichetti, ridono, giocano, contano dalla finestra chi ha la mascherina e chi no. Magari domani, quando mi hanno assicurato che arriveranno le mascherine in farmacia, organizziamo un incontro tutti ‘protetti’, all’aria aperta. Sarebbe bello. Più tardi riesco per un giro negli altri paesi della zona rossa.
Mi colpisce l'immagine di due ragazzine con le maschere che vedo abbracciate su una panchina mentre guardano i telefonini. La loro amicizia vince sulla paura. Stasera sono preoccupato e dispiaciuto per le notizie che arrivano da amici di Milano e dai colleghi di Piacenza. Un amico mi scrive che all’Esselunga di Milano si sono picchiati anche oggi. Noi qui siamo una comunità unita, non me le immagino scene così. E oggi in strada c'era molta più vita. Forse sì, ci stiamo abituando all'idea del virus e questo strano lunedì in famiglia non è stato poi così male.