Ospitiamo il diario di Gabriele, 36 anni, costretto all'isolamento nel paese di Codogno, dove si è scatenato il focolaio più violento di coronavirus in Italia. Il testo è stato raccolto da Manuela D'Alessandro
Mi chiamo Gabriele, ho 36 anni, vivo con mia moglie e due figli a Codogno, nello stesso quartiere del primo contagiato in Italia dal coronavirus. Il mio pensiero stamattina è riempire il frigorifero di cibo perché ho paura di restare senza per la quarantena. Prima però porto fuori il cane in un paese che non riconosco.
È vero, Codogno non è Milano, dove vivevo, ma così deserta non l’ho mai vista. Incontro un amico e scambiano due parole al volo, a debita distanza. Prendo l’auto e mi fermo in centro: nessuna farmacia disponibile, alcune hanno il cartello ‘aperta per urgenze ma a battenti chiusi”. Faccio un giro per vedere se ci sono supermercati aperti. Zero.
Non sono un tipo che piange ma mi vengono le lacrime agli occhi per il nervoso. Com’è possibile che nessuno pensi a noi? Mi dirigo a Casalpusterlengo, il paese vicino nella zona rossa. Al ‘Penny’ c’è il delirio, sembra un film sulla fine del mondo. Parcheggio strapieno, gente con le mascherine in coda. Provo al Conad, anche qui un disastro, ma qualcosa dovrò pur comprare. Il personale fa entrare a scaglioni di 50 alla volta ogni 10-15 minuti ma solo se hai la mascherina, Poi capiscono che mica puoi togliere il cibo alla gente e fanno entrare tutti.
Non sono un tipo che piange ma mi vengono le lacrime agli occhi per il nervoso
Riempio tre cesti di roba, pago dopo un quarto d’ora di coda, mai visto da queste parti, e ringrazio la cassiera. “Grazie, state facendo una cosa bella a dar da mangiare a noi del paese vicino”. C’è anche una pattuglia dei carabinieri, sono senza mascherina. Gli chiedo se c’è carburante abbastanza per la quarantena, rispondono un po’ vaghi. Vado a fare il pieno, non si sa mai. Noto che controlli in giro non ce ne sono. Si entra e si esce dal paese senza problemi. A casa consegno le buste a mia moglie e le dico di correre a lavarsi le mani che qualcuno che ha il virus potrebbe avere toccato la spesa.
Io non ho fatto il tampone, non ho sintomi, ma poi se mi ammalo non credo che in Italia ti facciano morire per una cosa simile all’influenza… Nel pomeriggio vado a stare un po’ con la suocera blindata in casa qui vicino, ha problemi di salute, meglio se ne stia ben rintanata.
I miei figli sono abbastanza tranquilli, cerchiamo di non agitarli anche se sanno tutto e che bisogna stare attenti
I bambini stanno a casa, il maschio di 10 anni gioca alla Playstation con un amichetto di Novegro, dove stavamo prima, vicino a Milano, che è preoccupato per lui. Ma i miei figli sono abbastanza tranquilli, cerchiamo di non agitarli anche se sanno tutto e che bisogna stare attenti.
Anche io provo a stare sereno, ma ammetto di essere stressato, l’orecchio sempre alle notizie della tv. Sulle scale incontro i vicini, ci parliamo a distanza, la paura c’è. Stasera ci guardiamo un film, domani è lunedì e saremo tutti e quattro a casa, io non andrò nel negozio di ricambio d’auto a Piacenza dove lavoro. Sarà molto strano.