Sono i ragazzi, la loro possibilità di formarsi, di crescere e di dar vita a nuove imprese, le carte su cui Riccardo Rossi, nuovo sindaco di Brindisi, punta per favorire la piena trasformazione della sua città.
Stretta dentro uno sviluppo legato all'industria pesante - energia e petrolchimico - la sfida della città pugliese è prendere decisamente la strada della definitiva transizione verso un nuovo modello di sviluppo basato sulla "economia della conoscenza".
Un vera e propria rivoluzione rispetto al passato, ma anche una scelta decisa che può traghettare Brindisi verso un futuro più sostenibile sotto il profilo ambientale e sociale. I dati raccolti dai ricercatori della Fondazione Eni Enrico Mattei (FEEM) e pubblicati nel rapporto "Per un'Italia sostenibile: l'SDSN Italia SDGs City Index 2018" del resto parlano chiaro: Brindisi deve fare molto per raggiungere gli obiettivi definiti dall'Agenda 2030 sulla sostenibilità delle nazioni Uniti.
Solo sei dei sedici obiettivi esaminati sono stati raggiunti con una percentuale superiore al 50 per cento e sono dunque più a portata di mano. Gli altri invece sono tutti al di sotto della soglia del 50 cento e, tra questi, almeno 5 sono sotto quella del 20. Gli obiettivi sono definiti sulla base di diversi indicatori economici (reddito, distribuzione, lavoro, infrastrutture, innovazione), ambientali (qualità dell'aria, acqua, rifiuti, energia sostenibile), sociali (partecipazione, cooperazione, assistenza), di salute (aspettativa di vita, obesità) e di istruzione.
Quelli che, nel caso di Brindisi destano maggiore preoccupazione sono quelli legati all'istruzione, alla parità di genere, al lavoro, ai trasporti, ai rifiuti e anche alla partecipazione. "Sul tema del reddito e della povertà - spiega Rossi - Brindisi sconta il fatto di essere una città del Sud e una città in difficoltà in cui evidentemente c'è un problema di occupazione e c'è anche un problema in termini di qualità dei servizi" e questo anche per effetto di un nuovo sistema di finanziamento degli enti locali che non ha permesso di garantire un flusso finanziario tale da sostenere il fabbisogno.
"Abbiamo valutato - ha spiegato Rossi - che il passaggio a nuovo sistema che ha spostato dai fondi governativi alla tassazione locale il finanziamento degli Enti Locali ha determinato per Brindisi dal 2010 al 2018 la perdita di circa otto milioni di euro all'anno su un bilancio complessivo di circa 110-120 milioni". Si tratta di una cifra importante perché se è vero che una buona parte del bilancio dei comuni è assorbita dai costi fissi, questa cifra potrebbe essere destinata ad interventi mirati in diversi ambiti della vita cittadina. Per il primo cittadino di Brindisi, però non è solo una questione di bilancio e di risorse.
La città ha i numeri per uscire dalla crisi, spiega il Sindaco
"C'è un problema generale di tutto il Sud che non è riuscito ancora a recuperare i livelli pre-crisi. Questo si riflette su molti altri aspetti, come per esempio la dispersione scolastica, che è molto elevata qui a Brindisi e sulla possibilità di costruire interventi contro il disagio. Per esempio uno dei problemi è legato alla casa: molte famiglie hanno perso il lavoro e sono ora sotto sfratto".
La città però, secondo il Sindaco, ha i numeri per uscire fuori dalla crisi. Soprattutto se decide di imboccare in maniera decisa la strada della cultura, della ricerca e dell'innovazione. "Abbiamo tutte le potenzialità per un ulteriore sviluppo del turismo" ha spiegato, ma il cardine del progetto per una nuova città più sostenibile è il rapporto con l'Università di Bari. "Stiamo ragionando per capire se è possibile ampliare l'offerta formativa con nuovi corsi, magari nel settore dell'informatica o farmaceutica. Questo potrebbe dare nuove possibilità ai ragazzi di Brindisi che non hanno le risorse economiche per andare a studiare fuori città e nello stesso tempo farebbe arricchire con le loro competenze il territorio che poi possa essere in grado di attrarre anche investimenti".
Proprio sugli investimenti che potrebbero cambiare la situazione in città e segnare il definitivo superamento della transizione, il Sindaco Riccardo Rossi ha le idee abbastanza chiare. Per esempio su quelli già in essere nel settore aeronautico (addittive manifacturing - fabbricazione a strati di materiale con tecnologie 3D) e farmaceutico, e su quelli invece che dovranno essere fatti in ambito energetico. La presenza delle grandi centrali alimentate a carbone, segna infatti non solo il destino occupazionale (il solo impianto di Cerano coinvolge mille lavoratori con l'indotto) ma anche il porto.
Il porto e la questione delle attività legate carbone
"Negli ultimi vent'anni - spiega il Sindaco di Brindisi - il porto ha avuto un bilancio florido grazie alle attività legate al carbone. Oggi quei traffici che portavano a movimentare otto o nove milioni di tonnellate di carbone all'anno, sono scesi a poco più di 2 milioni di tonnellate. è evidente che quella fase è in declino e il passaggio a nuove fasi nuovi modelli di sviluppo riguarda anche le attività portuali". Il problema è dunque quello di definire un futuro che traguardi la chiusura degli impianti attualmente in funzione. "Se, come io credo nei prossimi anni, la centrale chiuderà i battenti, bisogna pensare a qualcos'altro e questo qualcos'altro si deve pensare ad un tavolo con la stessa Enel e ragionare su quali attività possono essere avviate in città".
La sfida della sostenibilità è, in ogni caso, irrinunciabile. "Non vi sono altre strade - ha detto Rossi- oggi qualunque attività economica, che sia il turismo, l'agricoltura o l'industria, ha bisogno di nuove forme di nuovi contenuti e di nuove professionalità. Questo vale per Brindisi ma vale anche per l'Italia. Questa è una sfida che può consentire anche ad una città che è in questo momento indietro di recuperare terreno soprattutto se sa cogliere le opportunità che gli presentano".