Non si placano le polemiche sul Salone del Libro di Torino per la presenza della casa editrice Altaforte, guidata da Francesco Polacchi, militante di CasaPound dalla dichiarata (e rivendicata apertamente anche in questi giorni) fede fascista. Il presidente della Regione Piemonte Sergio Chiamparino e la sindaca Chiara Appendino hanno dato deciso di inviare un esposto alla procura della Repubblica contro Polacchi.
Regione e Comune, "alla luce delle dichiarazioni sul fascismo rilasciate a mezzo stampa e attraverso emittenti radiofoniche dal signor Francesco Polacchi ('io sono fascista', l'antifascismo è il vero male di questo Paese', ecc.) ritengono il rappresentante della casa editrice Altaforte e la sua attività professionale nel campo dell'editoria estranee allo spirito del Salone del libro e, inoltre, intravvedono nelle sue dichiarazioni pubbliche una possibile violazione delle leggi dello Stato".
Le due istituzioni chiedono dunque che "i magistrati possano valutare se sussistano i presupposti per rilevare il reato di apologia di fascismo" e la violazione della legge Mancino. Una decisione, quella della Regione e del Comune, assunta "nella convinzione che anche la forma più radicale dell'intolleranza vada contrastata con le armi della democrazia e dello stato di diritto".
Le reazioni della politica
Intanto si allarga la schiera di chi vorrebbe escludere la casa editrice dalla rassegna torinese: il Movimento 5 stelle del capoluogo piemontese sottolinea che il Salone deve essere lo spazio "dove celebreremo la tolleranza e la resistenza alle derive neofasciste e autoritarie. Deve essere il momento pubblico dove dare battaglia con la forza delle parole e delle argomentazioni. Ma può esserlo ad una sola condizione: l'esclusione di Altaforte e di Polacchi".
Di diverso avviso il ministro dell'Interno Matteo Salvini: "Non ho in programma una visita a Torino, non fatemi fare anche l'organizzatore di saloni di libri: ritengo che la cultura sia sempre cultura da qualunque parte venga. Se ci sono idee diverse, è anche bello il confronto ma non organizzo io, non allestisco io, fatemi fare il ministro dell'Interno non della Cultura". Della stessa opinione il ministro dei Beni Culturali Alberto Bonisoli: "Il Salone del libro di Torino deve essere, come ogni salone del libro, un luogo di democrazia. I libri sono idee e quindi il fatto di poter offrire in modo più ampio possibile le idee penso che sia una cosa positiva".
Gli organizzatori cercano di calmare le acque
Provano a gettare acqua sul fuoco gli organizzatori della rassegna: "Questa esperienza deve unirci, non dividerci. Deve farlo in nome di un bene superiore, e deve invitarci a tirare fuori, nei toni, nelle prese di posizione, la nostra parte migliore. Rispettiamo chi per evidenziare i problemi di cui sopra si è allontanato temporaneamente da quella che com'è ovvio è casa sua, e abbracciamo chi ha deciso, com'è più che mai ora necessario, di abitare con convinzione adesso quella stessa casa per farla durare, e darle spazio e vita".
Per il Salone del Libro di Torino "le polemiche che si sono accese per la presenza di una casa editrice i cui animatori, in nome del fascismo, hanno rilasciato dichiarazioni che si commentano da sole, pongono un tema": si tratta di "cosa si può muovere intorno a certe idee che non sono solo agli antipodi dell'impostazione culturale del Salone di quest'anno (non è mai stato un problema: il Salone accoglie tutte le opinioni) ma la cui messa in pratica turberebbe l'ordine democratico offendendo la Costituzione".
E contro l'idea del boicottaggio, lanciata da diversi esponenti del mondo della cultura (da Wu Ming a Carlo Ginzburg a Zerocalcare) si schierano anche gli editori: "Chi opera professionalmente nel mondo dei libri - sottolinea l'Aie - e, più in generale, chiunque ami i libri e la lettura ha nel proprio Dna, come principio fondante, la difesa della libertà di pensiero, di espressione e in particolare di edizione in tutte le sue forme".
Polacchi: "Travisate le mie parole sulla dittatura"
Appello raccolto da uno dei nomi di punta della kermesse, Roberto Saviano: Io al Salone del Libro ci sarò, sono abituato a mettere il mio corpo a difesa delle mie parole, perché con l'esperienza ho capito che le parole, insieme al corpo, vanno più lontano". Ma l'editore Polacchi, al centro della polemica, si difende: "Ora basta. Quelle parole sulla dittatura non le ho mai dette per come sono state riportate dalla stampa e sono state travisate. La questione è che pur di censurare Matteo Salvini, coinvolto suo malgrado in questa bagarre per la scelta di Chiara Giannini di pubblicare con noi il suo libro intervista, ogni giorno mi vengono messe in bocca parole che non ho mai pronunciato e si tira in ballo la casa editrice in vicende con cui nulla ha a che fare".