Chi possiede un cane, pur avendo un "obbligo di vigilanza", non sempre va incontro a condanne se l'animale causa lesioni a qualcuno. Lo si evince da una sentenza con cui la Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza con cui il giudice di pace di Castelvetrano aveva condannato per lesioni personali colpose una 58enne, proprietaria di un cane, finita sotto processo dopo che quest'ultimo aveva morso la gamba di un bambino.
La donna, secondo l'accusa, "per negligenza, imprudenza e imperizia" aveva lasciato "incustodito l'animale" sulla pubblica via "senza museruola". L'imputata, però, nel suo ricorso alla Suprema Corte, aveva evidenziato che si era in presenza di "caso fortuito" perché il cane aveva morso il bambino dopo che la bicicletta condotta dal minorenne gli era passata sulla coda.
Un dettaglio, questo, che il giudice di pace aveva considerato "irrilevante", ma che, secondo la Cassazione, va valutato nell'ambito del processo: "Se è pur vero che la posizione di garanzia che grava sul detentore del cane 'copre' anche i comportamenti imprudenti altrui e che la colpa della vittima che ponga in essere un comportamento imprudente può al più concorrere con quella del garante, ma non elide quest'ultima - si legge nella sentenza depositata oggi della quarta sezione penale - va tuttavia osservato come nel caso di specie ci si trovi di fronte ad evenienza caratterizzata da assoluta abnormità ed eccentricità, che andava comunque presa in considerazione e che non poteva ritenersi 'tout court' irrilevante".
Inoltre, "trattandosi di affermare la responsabilità penale - aggiungono i giudici del 'Palazzaccio' - occorre accertare in positivo la colpa dell'imputato e non è sufficiente rifarsi alla presunzione stabilita dall'articolo 2052 del codice civile (articolo relativo al danno cagionato da animali, ndr) e all'inversione di prova (dell'eventuale caso fortuito) che la medesima comporta".