C’è uno scienziato italo-americano dell’università di Stanford dietro la formula della carne vegetale con cui vuole conquistare il mondo ‘Beyond Meat’, nata come startup in California nel 2009 e arrivata l’autunno scorso anche sul mercato italiano. I ‘fake burger’ che simulano aspetto, odore, colore e consistenza di quelli bovini sono serviti da ‘Welldone’, catena bolognese di hamburger gourmet con una quindicina di punti vendita nella penisola e in Sardegna, Costa Smeralda inclusa.
È stato proprio Joseph ‘Jody’ Puglisi, 56 anni, professore di biologia strutturale a presentare negli ultimi mesi del 2018 la novità nel Paese dei suoi nonni, prima a Bologna, dove ha ritirato un riconoscimento alla terza edizione del Premio internazionale per la sostenibilità agroalimentare (City of food Master 2018), e poi a Roma, al Maker Faire.
È lui l’esperto di proteine al quale la società di Ethan Brown si è rivolta nel 2014 per creare in laboratorio un sostituto della carne più sostenibile per l’ambiente e talmente simile a quella animale da convincere soprattutto i carnivori a provare l’alternativa. Non contiene Ogm, né glutine, tantomeno colesterolo, soia, ormoni o antibiotici.
Ma non chiamatela ‘finta o sintetica’, “è carne vegetale”, avverte lo scienziato. “Sono diventato consulente scientifico di Beyond Meat”, racconta Puglisi dagli Stati Uniti all’Agi. “Ho messo assieme un team di ricercatori, tutti under 30, senza esperienza nel campo dell’alimentazione: chimici, biochimici, ingegneri. Era importante che non avessero preconcetti”.
Solo dopo sono arrivati gli esperti di cibo e anche gli chef a integrare un’équipe scientifica che ora, nella sede di El Segundo, vicino a Los Angeles, è diventata di 40 persone. “Abbiamo fatto centinaia di tentativi e devo ammettere che all’inizio alcuni erano una vera schifezza”, scherza Puglisi.
“Abbiamo deciso di non prendere scorciatoie, scegliendo soltanto ingredienti di origine vegetale e non Ogm”, precisa il professore, PhD e membro dell’Accademia nazionale delle Scienze. “Rispetto alla produzione intensiva di carne bovina, quella vegetale consente di risparmiare il 95% di suolo, il 99% di acqua e di abbattere del 90% le emissioni di gas serra”.
Lo studio citato, che stima anche un risparmio di energia del 46%, è dell’università del Michigan e confronta l’impatto ambientale della produzione di una libbra (circa 450 grammi) di burger vegetale con quello che comporta ottenere un’analoga quantità di hamburger da allevamenti bovini americani.
La questione delle proteine
La quantità di proteine, secondo le informazioni nutrizionali in etichetta, è simile a quella contenuta nella carne bovina, ma il Beyond Burger dichiara una percentuale doppia di ferro e una quota di grassi saturi inferiore.
“Avevamo davanti una sfida difficile e quand’è così in campo scientifico c’è bisogno di affrontare un problema guardandolo da più punti vista differenti e innovativi”, spiega Puglisi. “Gli scienziati del team di ricerca hanno indagato il modello della carne, che è fatta di proteine, grassi, acqua e minerali, e lavorato alla ricostruzione della struttura a partire da fonti vegetali”.
L’hamburger di Beyond Meat è a base di piselli gialli (prodotti in Francia e Canada), olii vegetali (canola e cocco) e succo di barbabietola, che simula il colore della carne rossa. Chi l’ha assaggiato assicura che non fa rimpiangere l’omologo bovino. “Il nostro obiettivo è creare un prodotto che riproponga l’esperienza sensoriale del mangiare la carne, anche come consistenza, ma che sia sostenibile e salutare”.
Beyond Meat a novembre ha annunciato un’offerta pubblica iniziale (Ipo) per quotarsi sul Nasdaq, con il simbolo ‘Bynd’, e raccogliere 100 milioni di dollari. I suoi prodotti includono salsicce che simulano la carne suina (per il mercato cinese) e straccetti che imitano quella di pollo.
Mangiare 'carne' ma senza toccare gli animali
‘Mangia ciò che ami’ è il claim che rivela la strategia commerciale della società: mettere a disposizione del consumatore un prodotto appetibile, che ricordi il più possibile la carne e al tempo stesso non gli imponga di stravolgere le proprie abitudini alimentari.
Beyond Meat si trova non solo nella catena americana di prodotti naturali e biologici Whole Foods Market, dal 2013, ma dai primi di gennaio è nel menu dei ristoranti Carl’s Jr negli Stati Uniti e di A&W Canada una versione aggiornata, ‘Beyond Burger 2.0’, a base di piselli, riso integrale e fagioli mung.
L’ultimo arrivato contiene tutti gli aminoacidi essenziali, ancora meno grassi saturi ed è certificato Kosher, nel rispetto delle regole nutrizionali degli ebrei osservanti. In Italia la carne vegetale, che negli Stati Uniti compare negli stessi scaffali di quella animale, potrebbe presto arrivare nella grande distribuzione.
Il ‘pallino’ di Puglisi, che di Beyond Meat è anche un piccolo socio, è la sostenibilità, unita alla necessità di contrastare le patologie collegate a una cattiva alimentazione che negli Stati Uniti sono diventate un’epidemia. “Come si fa a nutrire nel futuro 9,6 miliardi di persone con cibo salutare e sostenibile, in un mondo in cui il consumo di carne è in forte crescita, soprattutto in Asia?” è la domanda alla quale lo scienziato ha cercato di rispondere con la carne vegetale, guardando al 2050.
Una soluzione per urgenti questioni ambientali
“Se contribuiamo a cambiare l’esperienza di consumo, possiamo davvero cambiare il mondo e non solo a livello di emissioni di gas inquinanti, ma anche di abitudini alimentari”. Ora il beyond burger costa quanto un suo omologo bovino di gamma alta. “Ma se vogliamo che sia mangiato nei fast food”, spiega Puglisi, “dobbiamo far sì che il prezzo di vendita sia più basso. Non ho mai voluto concepire un prodotto per solo ricchi, che già possono scegliere di mangiare cibi più salutari, ma che sia, invece, accessibile a tutti”.
L’idea di fondo è distribuire la versione vegetale della carne che in ciascun Paese più si consuma a livello locale, assecondando le diverse abitudini culturali. Beyond Meat conta un brevetto americano e ha avviato la procedure per ottenere altri 20, di cui 12 internazionali, consapevole di non essere né la prima né l’unica società su un mercato, sempre più concorrenziale, in cui si affacciano nomi come Boca Foods, Field Roast Grain Meat Co., Gardein, Impossible Foods, Lightlife, Morningstar Farms and Tofurky.
I prodotti Beyond Meat sono presenti in circa 28 mila punti di distribuzione soprattutto negli Stati Uniti, incluse scuole. La società, che ha 355 dipendenti e due stabilimenti di produzioni nel Missouri, finora non ha prodotto utili, ma il fatturato è passato dagli 8,8 milioni di dollari del 2015 ai 32,6 milioni del 2017, con un tasso di crescita del 92%, fra i più elevati del Paese.
La società perde soldi, ma alle spalle ha Bill Gates
Lo scorso novembre Beyond Meat, che ha molto investito in innovazione, ha dichiarato una perdita netta di 22,4 milioni di dollari, ma ha alle spalle sostenitori come Bill Gates, testimonial come Leonardo Di Caprio, e nomi come Don Thompson, ex ceo di McDonald’s Corp, oltre alla Tyson Food Inc, il più grande produttore di carne degli Stati Uniti, che ne è azionista.
L’obiettivo dichiarato è accaparrarsi una fetta del mercato mondiale, stimato in 1.400 miliardi di dollari, impiegando una strategia simile a quella che ha decretato il successo dell’industria ‘casearia’ vegetale: mettere sul mercato prodotti di gusto migliore rispetto ai succedanei e venderli negli stessi scaffali degli equivalenti a base di latte.
Per ora non è dato sapere quale sarà l’impatto di lungo periodo, sulla salute dei consumatori, della carne creata in laboratorio. “Abbiamo avviato un piccolo studio cinico su un campione per verificarlo”, assicura Puglisi, “e confrontare gli effetti sulla salute rispetto al consumo di carne animale".