Un esame forense getta nuova legna nel fuoco di uno dei misteri più dibattuti della storia dell’arte: le circostanze e la causa della morte, a 39 anni, di Michelangelo Merisi. Il Caravaggio, uno dei più grandi geni della pittura universale, e soprattutto una testa calda come poche ce ne sono state nel pur tumultuoso mondo dell’Italia picaresca del Seicento.
Di sicuro c’è solo che è morto. E che, ma qua iniziano le ipotesi e i se, venne a mancare al largo delle coste della Maremma toscana mentre cercava di fuggire da Napoli, sotto la protezione dei principi Colonna, dopo essere scappato da un carcere dei Cavalieri di Malta e, prima di ogni altra cosa, dalle grinfie della giustizia papalina, causa l’uccisione di un attaccabrighe suo pari chiamato Ranuccio Tomassoni.
Un cimitero ad Orbetello
Le ossa vennero identificate tra quelle conservate in una chiesa di Orbetello, grazie al principio dell’esclusione: localizzata la fossa comune (ricordiamoci che fin da subito si parlò di una malattia infettiva) vennero isolati i resti di tutti i cadaveri appartenenti a uomini deceduti tra i 35 e i 40 anni (Caravaggio ne aveva 39) alti circa un metro e 65 centimetri. Dei sei scheletri rinvenuti, uno solo è risultato dopo la prova del carbonio 14 risalire al XVII secolo. Ecco Caravaggio, restituito alla sua identità dalla squadra guidata dal microbiologo italiano Giuseppe Cornaglia.
A questo punto sono entrati in scena gli studiosi di una equipe italo-francese dell’istituto Ihu Mediterranee Infection di Marsiglia, specializzati nelle tecniche della medicina legale. Come spesso accade, la verità era nei denti.
È nei denti, infatti, che si trovava ancora del materiale organico utilizzabile per cercare di dare una risposta alle domande su come morì il pittore maledetto per eccellenza. Un personaggio che, al di là delle sue immense capacità artistiche, finì anche per ispirare Il Caparra, personaggio impersonato da Vittorio Gassman nel film “Fantasmi a Roma”, del 1961.
Non fu la sifilide
Spiega al Pais uno degli autori dello studio, Michel Drancourt: “Grazie alla polpa dei canini e degli incisivi siamo riusciti ad isolare i microbi che si trovavano nell’organismo del pittore al momento della morte”. In uno studio pubblicato dalla rivista Lancet si legge che questo ha permesso di escludere tre delle cause della morte ritenute più comunamente valide: la sifilide, la malaria e la brucellosi (quest’ultima detta, per ironia della sorte, “malattia di Malta”).
Sono invece state trovate tracce molto chiare della presenza di uno stafilococco aureo, batterio che difficilmente riesce a penetrare nell’organismo umano, trovando nella pelle una resistenza invalicabile. A meno che non sia aiutato da qualche arma da taglio, doverosamente infetta come spesso lo erano nel Seicento, grazie ad un colpo andato a segno magari durante una rissa. Ecco allora individuate anche le cause del decesso.
La vendetta di un uomo chiamato Ranuccio
Caravaggio, in altre parole. Si sarebbe imbarcato già in preda al male che lo stava distruggendo, contratto probabilmente in quella che fu la sua ultima rissa: probabilmente in una locanda di Napoli, o in un vicolo dei Quartieri Spagnoli. E così la sua morte, che ci ha privato di un genio indiscusso, assume il sapore e lo spirito di una vendetta. La vendetta di Ranuccio Tomassoni, ucciso in un cortile romano adibito a campo per il gioco della pallacorda.