Arriva la stretta del Viminale in materia di commercializzazione della cannabis: una circolare del Capo di Gabinetto, Matteo Piantedosi, sollecita i prefetti, i commissari di governo per le Province di Trento e Bolzano e il presidente della Giunta regionale della Valle d'Aosta, a sottoporre all'attenzione dei Comitati provinciali per l'ordine e la sicurezza pubblica - allargati alla partecipazione dei rappresentanti della Regione, dei sindaci dei Comuni di maggiore dimensione e di quelli interessati dalla presenza degli esercizi commerciali in argomento, nonché dei rappresentanti della magistratura - l'esigenza di "un'approfondita analisi del fenomeno, che tenga conto di tutti i fattori di rischio" legati alla commercializzazione.
E in quella sede di analisi "dovrà essere innanzitutto disposta una puntuale ricognizione di tutti gli esercizi e le rivendite presenti sul territorio, in condivisione con le Amministrazioni comunali ed attraverso il concorso dei rispettivi Comandi di Polizia locale e degli Sportelli deputati al rilascio delle necessarie autorizzazioni amministrative".
E viene aggiunto che nel corso di questo monitoraggio, una cura particolare dovrà riguardare la verifica del possesso delle certificazioni su igiene, agibilità, impiantistica, urbanistica e sicurezza, richieste dalla legge per poter operare".
Il Viminale ha anche fissato una prima data-consuntivo: il 30 giugno. Per quella data i prefetti di tutta Italia, i commissari delle Province di Trento e Bolzano e il presidente della giunta valdostana dovranno approntare e far avere al dicastero diretto da Matteo Salvini uno specifico report sulle risultanze della ricognizione svolta e sulle iniziative di conseguenza intraprese nei rispettivi territori di competenza.
E questa sollecitazione arriva pur "nel ribadire la necessità di un'azione che si ispiri ai canoni della più ampia condivisione e del massimo coordinamento". Nella direttiva del Capo di Gabinetto, trasmessa per conoscenza anche al Capo della Polizia, Gabrielli, è detto che un altro aspetto da prendere in esame è la localizzazione degli esercizi, con riferimento alla presenza nelle vicinanze di luoghi sensibili quanto al rischio di consumo delle sostanze: scuole, ospedali, centri sportivi, parchi giochi e, più in generale, i luoghi affollati e di maggiore aggregazione, soprattutto giovanile.
Come dire: verificare se questi punti vendita sia prossimi a luoghi dove il via vai di gente è maggiore, ovvero è piu' facile che ci sia gente che venga 'attratta', o 'tentata' dall'esercizio commerciale in questione. E infatti Piantedosi scrive che gli esiti dell'attività di ricognizione condotta saranno quindi sottoposti alle valutazioni del rispettivo Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica al fine di definire un "programma straordinario di prevenzione di eventuali comportamenti vietati da parte degli operatori commerciali, specialmente se diretti verso la categoria più vulnerabile degli adolescenti".
In questo senso, le autorità chiamate in causa "dovranno in primis ricomprendere le aree interessate tra quelle da sottoporre ad attenzione all'interno dei Piani di controllo coordinato del territorio", definendo con gli enti locali "intese collaborative ad hoc per un organico coinvolgimento delle polizie locali nelle relative attività". Questi servizi di "osservazione" attivati consentiranno - nelle intenzioni del Viminale - lo svolgimento di apposite analisi sui prodotti acquistati negli esercizi in esame, finalizzate a scongiurare situazioni di detenzione e vendita che rientrano nel perimetro delle sanzioni previste dalla normativa antidroga
Viene inoltre sottolineato che "le preminenti ragioni della tutela della salute e dell'ordine pubblico messe in pericolo dalla circolazione di siffatte sostanze dovranno essere segnalate agli enti locali affinché le tengano in debita considerazione in relazione alle possibili nuove aperture di simili esercizi commerciali", così che venga prevista "una distanza minima di almeno cinquecento metri dai luoghi considerati a maggior rischio".
E' questo un provvedimento comunale sul modello di quello che ha già interessato le sale da gioco, "assunto nella consapevolezza - è scritto nella comunicazione - che il consumo delle cosiddette 'droghe leggere' rappresenta spesso un viatico per l'assunzione di quelle pesanti".
La direttiva di Piantedosi ai prefetti e alle altre istituzioni chiamate in causa non manca di ricordare che in Italia è al momento ammessa la coltivazione della canapa nel rispetto di quanto previsto dalla legge 2 dicembre 2016, n. 242, che ne premia il valore "quale coltura in grado di contribuire alla riduzione dell'impatto ambientale in agricoltura, alla riduzione del consumo dei suoli e della desertificazione e alla perdita di biodiversità, nonché come coltura da impiegare quale sostituto di colture eccedentarie e come coltura da rotazione".
In particolare, queste disposizioni prescrivono che la coltivazione può riguardare solo le varietà ammesse, le quali non rientrano nell'ambito di applicazione del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope e che dalla canapa coltivata è possibile ottenere esclusivamente i prodotti puntualmente indicati all'art. 2, comma 2, della medesima legge n. 242/2016.
Premesso questo, Piantedosi sottolinea che viene impropriamente pubblicizzata come consentita dalla legge n. 242/2016 la vendita di derivati e infiorescenze di cannabis e si sta assistendo ad una crescita esponenziale del relativo mercato, in esercizi commerciali dedicati o misti nonché on line. In realtà, "tra le finalità della coltivazione della canapa industriale non è compresa la produzione e la vendita al pubblico delle infiorescenze, in quanto potenzialmente destinate al consumo personale, in quantità significative da un punto di vista psicotropo e stupefacente, attraverso il fumo o analoga modalità di assunzione".
E viene rilevato che in proposito lo stesso Consiglio Superiore di Sanità ha sottolineato che l'impiego di simili preparati, erroneamente percepito come "legale" e quindi sicuro dal punto di vista della salute, rischia di tradursi in un danno anche grave per se stessi e per gli altri - basti pensare agli effetti per chi guida in stato di alterazione o alle donne in gravidanza o allattamento - raccomandando quindi l'adozione di misure per vietare la libera vendita di tali prodotti.
E in questa direzione "si è conseguentemente orientata l'attività operativa delle forze dell'ordine che negli ultimi mesi hanno avviato significative iniziative di prevenzione". I relativi provvedimenti "hanno superato il vaglio dell'autorità giudiziaria che, in più occasioni, ha ribadito quanto sopra osservato, ovvero che l'area di applicazione della legge n. 242/2016 è estranea alla cessione pura e semplice dei derivati della canapa per fini voluttuari e che a nulla rilevano, in punto di fatto, le iscrizioni sulle confezioni, poiché - ha detto l'autorità giudiziaria - si tratta di 'sostanze stupefacenti poste in vendita liberamente, senza vincolo alcuno, concretamente destinate quindi ad un uso altrettanto libero o ricreativo che dir si voglia'".
Di qui l'esigenza del Viminale che "l'azione finora condotta deve essere messa a sistema e ulteriormente implementata, alla luce della risultanze investigative e dei recenti sviluppi che hanno interessato il settore". Ed è arrivata per l'appunto la stretta, partendo dal primo anello: i punti vendita, ovvero le autorizzazioni.