Le mani della camorra sul Ponte Morandi. O, meglio, su ciò che ne resta e che deve essere demolito. La Direzione investigativa antimafia di Genova ha eseguito, in Liguria e in Campania, due ordinanze di custodia cautelare nei confronti di Ferdinando Varlese, amministratore di fatto - ritenuto contiguo ad elementi inseriti in organizzazioni camorriste - della Tecnodem srl di Napoli (società già impegnata nella demolizione del ponte Morandi) e di una donna considerata prestanome della stessa società, Consiglia Marigliano.
Perquisizioni e sequestri preventivi, eseguiti con gli arresti, nascono da una indagine, diretta e coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia del capoluogo ligure e condotta dalla Dia, che - sulla base dei primi accertamenti di carattere amministrativo - aveva già portato all'emissione a maggio di una interdittiva a carico della azienda che era stata così estromessa da un subappalto di 100 mila euro, relativo appunto alla demolizione del ponte Morandi.
L'esecuzione delle misure cautelari personali e patrimoniali procede d'intesa con la Dda di Napoli. Varlese è stato incarcerato, Marigliano tratta ai domiciliari. I due soggetti, secondo le indagini, sono legati al clan d'Amico del rione Villa, a Napoli. Entrambi sono accusati del reato di intestazione fittizia di beni, aggravato dalla finalità di agevolare l'attività della camorra.
La Tecnodem era stata estromessa lo scorso maggio da un'interdittiva antimafia. I due soggetti, secondo le indagini, sono legati al clan d'Amico del rione Villa, a Napoli. Ferdinando Varlese era già noto alle forze dell'ordine, perché condannato a 3 anni e 4 mesi per estorsione a Napoli, nell'ambito di procedimenti per camorra.
L'imprenditore, dopo l'interdittiva emessa nei confronti della Tecnodem, stava già provvedendo a realizzare una nuova società, sempre ricorrendo a parenti, quali prestanome. La Tecnodem - che aveva ottenuto un appalto da circa 100 mila euro - era intestata a Consiglia Marigliano e Varlese figurava come dipendente: si era recato due volte a Genova, nel cantiere del Morandi, e questo è stato utile alle indagini.
L'attività di prestanome era partita nel 2017 a Napoli, per questo il gip Paola Faggioni di Genova, intervenuta per urgenza con il provvedimento odierno, ha deciso di trasmettere gli atti per competenza alla procura campana.
"Questa attività completa e conferma il quadro dell'attenzione degli organi deputati, sia in fase di prevenzione che di repressione, nei confronti di soggetti legati alla criminalità organizzata" ha spiegato il procuratore capo di Genova, Francesco Cozzi. Le indagini hanno puntato anche a far luce su eventuali condizionamenti da parte della Tecnodem nei confronti della ditta appaltatrice Omini (capofila tra i demolitori del Morandi), ma "l'esito dell'indagine è stato negativo e per questo oggi la Procura di Genova richiede l'archiviazione di questo tipo di indagine" ha spiegato Cozzi.
"Nonostante sia un cantiere molto pubblicizzato e molto controllato, questi soggetti ci provano comunque" ha evidenziato il colonnello Mario Mettifogo, comandante della Dia di Genova. "Le deroghe sul cantiere - ha poi spiegato Cozzi - non hanno ostacolato i controlli, hanno semplicemente posticipato le misure: si è permesso alle ditte di iniziare il lavoro per poi avviare i controlli più approfonditi".