Marco Sguaitzer, Gianluca Signorini, Stefano Borgonovo. Sono alcuni dei nomi più celebri nel mondo del calcio, non solo per il loro talento, ma per il triste destino che li accomuna: la Sclerosi laterale amiotrofica (Sla). La stessa malattia che ha ora tolto la vita di Giovanni Bertini. La ricerca ha dimostrato che la Sla è un male oscuro che sembra preferire gli sportivi, in particolare i calciatori. Secondo le statistiche, dal 1960 a oggi sono quasi 50 gli ex calciatori morti a causa della Sclerosi laterale amiotrofica.
La malattia causa la degenerazione progressiva del motoneurone centrale e periferico, con un decorso del tutto imprevedibile, ma con esiti disastrosi per la qualità di vita oltre che sulla sopravvivenza.
Un recente studio condotto dall'Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS, in collaborazione con l'Azienda Ospedaliero-Universitaria di Novara e con l'Istituto Superiore di Sanità ha dimostrato che nel calcio professionistico di Sla ci si ammala di più e molto prima.
In particolare, i risultati mostrano che il rischio di Sla tra gli ex-calciatori è circa 2 volte superiore a quello della popolazione generale. Analizzando la serie A, il rischio sale addirittura di 6 volte. Non solo. I ricercatori italiano hanno evidenziato che i calciatori si ammalano di Sla in età più giovane rispetto a chi non ha praticato il calcio.
L'insorgenza della malattia tra i calciatori si attesta sui 43,3 anni mentre quella della popolazione generale in Italia è di 65,2 anni. Quindi ci troviamo di fronte a un'insorgenza anticipata di 22 anni nel caso dei calciatori.
Nulla ancora si può fare per prevenire o curare la malattia. In quasi mezzo secolo di ricerca, infatti, non abbiamo risposte per la Sla che in Italia riguarda ben 6mila persone. È una malattia difficile da affrontare a causa delle sue conseguenze: si perde progressivamente il controllo del proprio corpo e si arriva addirittura a non poter deglutire, parlare o anche solo respirare senza l'aiuto delle macchine. Ma anche se oggi una cura definitiva non l'abbiamo, in questo secolo e mezzo abbiamo accumulato informazioni preziose che fanno ben sperare i ricercatori nella caccia a una cura.