Forse lui sì, ma molti no, non se li aspettavano tutti quei lenzuoli stesi sui balconi al sole di Brancaccio, segno di accoglienza, ma anche evocativo simbolo di riscatto, che il pomeriggio del 15 settembre hanno sventolato il loro benvenuto a Francesco venuto a rendere omaggio a padre Pino Puglisi, ucciso 25 anni fa. "La rivoluzione dei lenzuoli l’ha inventata 3P qui nel quartiere, con le giornate di Brancaccio per la vita dopo le stragi di mafia", dice don Maurizio Francoforte, 56 anni, prete da 16, parroco di San Gaetano da 10.
"La verità – aggiunge con un fiato – è che prima che fosse ucciso non se lo filava nessuno o erano pochi a farlo, a capire la portata e le conseguenze del suo impegno... forse perché, a differenza di altri, non era uno strillone...". Poi rallenta e sorride: "Sono uno di quei tanti ragazzi che don Pino ha incontrato nel suo cammino sacerdotale", ricorda nel suo colloquio con l’AGI voluto per capire, a una settimana di distanza, cosa resta di quell’evento eccezionale, "facevo parte di un gruppo parrocchiale a San Tarcisio e lui veniva spesso a celebrare messa o a farci la Lectio divina. Una figura sempre presente, un modello di uomo e di sacerdote. Il dialogo con lui è continuato e prosegue tuttora. Del suo impegno e del suo cuore c’è ancora molto da capire e da accogliere".
Schiaffo urbanistico
L'appuntamento è per il pomeriggio tardi, il sole sta per declinare, ha appena piovuto, poca roba, ma il caldo e l’umidità si attaccano alla pelle. La vita è febbrile a Brancaccio che si allunga su Ciaculli formando quasi un paese con i suoi 20 mila abitanti, tagliato ai lati dalle grandi arterie, corso dei Mille, via Oreto, viale Regione siciliana. Uno 'schiaffo urbanistico' quei casermoni disordinati, le troppe strade sgangherate, i sottopassi improvvisi. Senti una fitta nervosa. Poi sovviene quasi subito un pensiero che prevale e cioè che queste case e queste vie, con i suoi abitanti, le ha attraversate, amandole, il prete beato che ne ha fatto la sua vera 'parrocchia', la ragione della sua sfida sociale, pedagogica e pastorale.
Le macchine intasano le strade contese dai ragazzini in bici; gente è affacciata alle finestre, altri sono seduti fuori dagli umili bassi che sembrano guardare intimoriti i vicini palazzoni, ma anche chiedere e ottenere protezione dalla chiesa di 3P, un edificio essenziale e gentile, con due grandi foto rassicuranti del Papa e di don Pino e le scritte: “Perché alla fine ogni vocazione, ogni missione è sempre un ricevere per dare”, esorta padre Puglisi; "In realtà però è lui che ha vinto in Cristo risorto", esclama Francesco.
I vecchi parlano seduti sulle poche panchine. Nel Centro Padre nostro è un via vai di operatori e giovani, mentre in parrocchia c’è Messa con un stuolo affiatato di donne di varie età. Celebra don Maurizio che alla fine insieme alla piccola assemblea pronuncia la preghiera al beato Puglisi: "Il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani, il tuo sangue ha fecondato le aride zolle di Brancaccio...". "Mettiamoci nel mio ufficio, così non ci disturba nessuno", mi dice appena dismessi i paramenti che fanno sembrare più grande la sua figura smilza e semplice, ai piedi i sandali, sul viso un sorriso naturale. In realtà il telefono continua a squillare e i giovani a picchiare il portone della chiesa per organizzare qualcosa per il giorno dopo. Ma va bene così.
Periferia d'avanguardia
Qui Papa Francesco una settimana fa ha scelto di venire, poche ore dopo avere celebrato Messa nel grande prato verde del Foro Italico di fronte al mare e a centomila persone. Ha pregato dove 3P è stato ucciso, è salito nella casa dove ha vissuto, si è fatto accostare, ha abbracciato e accarezzato bambini, giovani e anziani. Proprio qui, nella 'famigerata' Brancaccio dei Graviano, ma oggi sempre più di Puglisi. Cosa è rimasto di tutto questo? "La voglio dire così", risponde di getto don Maurizio, "siamo diventati in un certo momento una chiesa d’avanguardia, un avamposto di quel modello di Chiesa che è di don Pino e del Papa.
Di questo sono felicissimo perché, come ho detto al Santo Padre, vuole dire che in un certo senso non siamo più gli ultimi...restiamo una periferia, ma questa è al contempo la nostra debolezza e la nostra forza, perché siamo l’espressione di quelle periferie esistenziali e di quell’ospedale da campo indicati come la misura e il senso della sfida della presenza della Chiesa nel mondo. Nella nostra parrocchia campeggia una frase di don Pino che richiama a una Chiesa che fa la scelta degli ultimi. Don Pino è profetico, oltre che martire è un profeta di questa Chiesa che non è più in sagrestia, ma è in dialogo costante con l'altro e abbatte tutti i muri".
Il 'Pontefice pellegrino' sulla strada di 3P
Da qui il Papa – che è venuto a Brancaccio "anche da pellegrino, indicando che questo è il modello da seguire" - non ha parlato, dunque, ragiona don Maurizio, solo a Brancaccio, "ma alla Chiesa universale, a tutti i cristiani, per dire: 'guardate questa è la strada'. Ci sta mostrando che il futuro della Chiesa resta quello che aveva indicato il Concilio Vaticano II e che era anche la prospettiva di don Pino": 'Le gioie, le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie, le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo'.
Togliere consenso alla mafia
"La comunità del territorio – incalza il parroco - deve farsi carico del territorio e delle sue aspirazioni. E' l'essenza del Vangelo e quindi della presenza della Chiesa. Ecco perché leggere la vita di Puglisi, significa leggere il Vangelo in modo concreto, indicando a tutti la possibilità di viverlo. Facendoci carico del territorio, delle sue povertà e delle sue aspirazioni, togliamo anche consenso alla mafia che per questo temeva Puglisi". C’è chi pensa che la mafia non sia l’impegno prioritario, invece l’arcivescovo Lorefice, "don Corrado", è chiaro come il Santo Padre, "è netto, ne parla con molta franchezza, ma non lo penso – avverte don Maurizio - come un uomo solo su questo tema".
"No inchini ma ci fermiamo davanti a certe case, "cambiate!"
E sulle manifestazioni della pietà popolare su cui il pontefice ha detto di vigilare? "Qui inchini non se ne fanno... San Gaetano non esce da questa parrocchia. Le processioni peraltro non le facciamo da parecchi anni, sostanzialmente perché la festa del patrono è il 7 agosto e non c’è mai nessuno. Nel mio territorio i mafiosi non mancano, le famiglie sono tante e se ci si fermasse vi incapperemmo involontariamente...Una volta, però, in occasione della processione del Venerdì Santo, abbiamo fatto la scelta di fermarci davanti a certe case invitando alla preghiera, nella logica della conversione 'delle sorelle e dei fratelli mafiosi', come li ha chiamati Francesco, ricordando l’insegnamento di padre Pino e annunciando la centralità di Cristo. Non vogliamo dare consenso a loro, ma dire che con la loro scelta perdono la vita, come ha detto il Papa".
La visita del Santo Padre, allora, deve confermare il percorso e le scelte compiute dalla comunità di Brancaccio, "deve produrre un ulteriore slancio, facendoci comprendere che noi siamo graziati da Dio, anche per la testimonianza di don Pino, certo, capendo che Dio ha scelto noi".
"Esclusi da tutto, certa politica fa solo passerella"
Già Brancaccio. "Non è più quella di 25 anni fa", spiega don Maurizio, "perché è cambiata la condizione urbanistica, la società, la consapevolezza; per fortuna ha perso centralità negli equilibri della mafia... ma restiamo periferia con dei grandi spazi di degrado sociale e urbano, fuori da qualsiasi giro di economia ed esclusi da una certa amministrazione che viene a fare molto spesso passerella. Da tempo chiediamo di realizzare un parco giochi, una piazza, un asilo nido... ma nulla... i bambini non hanno luoghi di aggregazione. E non perché manchino i soldi, ma perché c’è poca attenzione e la risposta è sempre uguale: 'Ma Brancaccio...', come a dire che sarebbe uno spreco. Ma noi non siamo cittadini di serie B! Dopo 25 anni, insomma, molte cose sono ancora da fare. Molte sono state fatte, ma c’è voluto un prete ammazzato, come per la scuola che oggi è una delle migliori in città".
"Gente con anni di galera piangeva per la carezza del Papa"
Don Maurizio poi si riprende il sorriso e ci riporta a quel 15 settembre: "Ho visto bambini felici e me lo aspettavo, i genitori strafelici e questo ci stava pure, ma erano felici anche uomini e donne dal passato difficile, con trascorsi molto complicati, con diversi anni di galera alle spalle, li ho visti piangere di felicità quando, alla loro domanda 'ma è venuto per noi, per incontrare noi?', io rispondevo di sì. Chissà che parta un cambiamento vero...
Il Papa, senza parole, con un gesto, un abbraccio, una carezza, ha reso quelle persone felici come non mai. Ad alcuni ho detto 'hai vissuto cinque minuti di paradiso, pensaci a cosa perdi. Non è venuto a risolvere i problemi di questo quartiere, ma adesso sai che ci sono altre scelte possibili'. E’ vero: don Pino ci sta facendo dei regali enormi, continua a farli. La gente del quartiere lo amerà ancora di più, e la sua vita e il suo sacrificio d'amore sarà sempre, come ha scritto il Papa nel quaderno della nostra chiesa, 'chicco di nuove vite cristiane'". "Don Maurizio dobbiamo andare", gli ricorda un gruppo di giovani sorridenti volontarie. C'è un nuovo giorno da pensare e vivere a Brancaccio.