Novanta persone sono state arrestate tra l’Italia e l’estero dalla procura di Livorno con l’accusa di aver rubato 6mila pennelli fotovoltaici. Per gli inquirenti si tratta di un’associazione a delinquere finalizzata al furto ed alla successiva commercializzazione di pannelli solari. L'ordinanza di custodia cautelare emessa al termine delle indagini della Procura di Livorno, ha colpito 51 indagati, tutti di nazionalità marocchina. Il valore accertato del traffico è di circa 8 milioni di euro. E’ solo l’ultimo degli innumerevoli furti di pannelli fotovoltaici che avvengono in Italia, con importanti perdite economiche. Ma dove finiscono? E perché fanno gola?
I pannelli solari vanno letteralmente ‘a ruba’
Da tempo l’energia pulita ha captato l’interesse degli uomini del mercato nero che rubano pannelli solari e dalle regioni del Sud Italia, da lì vengono dirottati verso i Paesi del Maghreb dove la domanda di energia a basso costo continua a salire incessantemente. In Africa, poi, i pannelli vengono rivenduti a circa un quarto del loro valore commerciale che va dai 80 ai 600 euro, a seconda del modello e della potenza erogata.
È lo scenario che era emerso qualche mese fa dall’inchiesta “Luci del deserto” condotta dai carabinieri di Cremona. Secondo quanto riportato dal Brescia Oggi, “dopo aver inaugurato il più grande parco eolico dell’Africa, il Marocco ha avviato i lavori per il più grande impianto solare al mondo che sta sorgendo a Ouarzazate che punta a ridurre del 40 per cento - entro il 2020 - il fabbisogno energetico del Paese, oggi dipendente dall’importazione di energia. Ma non è l’unico Paese in cui accade ciò”.
Destinazione Est Europa
Ma c’è un’altra destinazione che conoscono bene i trafficanti di pannelli: l’Est Europa. In particolare Romania, Slovacchia e Ungheria. È qui che vengono rivenduti i pannelli rubati soprattutto in Friuli.
Ma come agiscono?
“I malviventi generalmente agiscono a colpo sicuro, dopo aver monitorato i bersagli”, ha spiegato al Messaggero Veneto il tenente Ilaria Genoni, comandante del Nucleo operativo Radiomobile della Compagnia carabinieri di Udine. “Vengono privilegiate le aree più isolate, lontano da fonti di illuminazione. E i ladri puntano con maggior frequenza agli impianti a terra, più facili da colpire rispetto a quelli installati sulle coperture. I pannelli sono assicurati al suolo con viti fissate a delle zanche: basta una flex a batteria per spezzare la testa delle viti, scardinare i moduli e caricarli su un furgone. A volte sono sufficienti una chiave a brugola e la sicurezza di avere il tempo necessario a compiere l’operazione lontano dagli occhi indiscreti. I sistemi anti-intrusione vengono elusi con una gamma di stratagemmi variegata”.
Controlli e allarmi, così si combatte il mercato nero
Il traffico nero dei pannelli italiani esiste da almeno dieci anni, quando ha iniziato a manifestarsi nel meridione e poi, anno dopo anno, si è estesa fino alle regioni del nord. L’aggiornamento delle norme ha facilitato in qualche maniera il mercato nero: con l’abolizione del Conto energia e la limitazione degli incentivi governativi non esiste più il numero di matricola, che fino al 2012 veniva comunicato alla Gse (Gestore servizi energetici), spa del Ministero delle Finanze. Tuttavia, di recente, controlli più serrati e nuovi sistemi di allarme stanno mettendo sempre più bastoni tra le ruote ai ladri.
Tra i peggiori nemici del mercato nero c’è il Pv-Guardian, brevettato dall’Enea (Ente per le nuove tecnologie, l'energia e l'ambiente). Secondo il Corriere, si tratta di “un vero e proprio antifurto in grado di inibire il funzionamento del modulo in caso di spostamento non autorizzato e di inviare un segnale per geolocalizzare la posizione. Rilevando le coordinate tramite Gps integrato nel pannello solare e impossibile da rimuovere senza distruggerlo. Infine, tra gli altri dispositivi di protezione, anche il Solar Defender della Marss. Un sistema che funziona attraverso sensori ottici applicati sui pannelli solari e in grado di rilevare ogni singolo movimento. E di impedire, quindi, la manomissione o lo spostamento sia di un singolo modulo, ma anche di tutto l‘impianto”.
Un ulteriore ostacolo per il trasferimento dei moduli sottratti in Nord Africa – sostiene il Brescia Oggi - è costituito dai controlli sempre più stringenti ai porti dove vengono sequestrati pannelli con i fili tagliati, evidente segno di furto. Caratteristica che li renderebbe sempre meno appetibili sul mercato africano, pare per non indispettire - e danneggiare economicamente - i Paesi europei partner fondamentali per la realizzazione del l’impianto solare del Marocco: Germania e Francia.