Circa 4.400 posti di lavoro in più negli ultimi due anni, più o meno 6 assunzioni al giorno, e tutto grazie alla birra. No, non è un mondo fantastico, non state sognando, è giusto la realtà offerta dalla filiera della birra e riportata dalla quinta ricerca dell’Osservatorio Birra. In un Paese che stenta a guadagnare in economia un’andatura stabile, regolare e tranquillizzante, la birra risulta essere è un ottimo affare.
I numeri parlano chiaro: il 5% di crescita occupazionale negli ultimi 24 mesi è più del doppio della media nazionale che si ferma, secondo gli ultimi dati Istat, al 2%. Lo studio di quest’anno si è soffermato su un tema specifico: “Le (insospettabili) professioni della birra”, realizzato da Althesys per conto della Fondazione Birra Moretti, Fondazione di partecipazione costituita nel 2015 da Heineken Italia e Partesa al fine di contribuire alla crescita della cultura della birra in Italia.
Lo studio prevedeva l’intervista a circa settemila lavoratori dell’industria, dipendenti di aziende distribuite lungo tutta la catena: produttori di birra, fornitori di materie prime e di packaging, della logistica, della distribuzione all’ingrosso e al dettaglio, del mercato della ristorazione e bar, per offrire una prospettiva unica e dall’interno di questo settore.
L’immagine che ne esce fuori è quella di una struttura solida, infatti in un mondo del lavoro fatto di carriere discontinue e di contratti a tempo determinato, il 50% delle persone sono assunte da più di 10 anni, un altro 33% è in azienda da almeno 5. Inoltre, dei 3,49 miliardi di euro di valore aggiunto creato dal comparto, il 71% (2,47 miliardi di euro) viene destinato alla remunerazione lorda dei lavoratori.
Ciò che emerge dallo studio è anche la complessità del lavoro sulla birra che, a tutti i livelli, specie manageriale, ha ancora tanti passi da fare ancora, tant’è che quando viene chiesto quali sono le figure professionali delle quali la filiera della birra ha più bisogno le risposte sono svariate e curiose, una vera sorpresa per chi non ha mai avuto a che fare in termini professionali con un’azienda che fabbrica birra.
Mastro birraio, tecnologo alimentare, ingegnere chimico alimentare, responsabile laboratorio e controllo qualità, responsabile sicurezza, coordinatore sostenibilità, automation specialist, digital innovation manager, commerce specialist, tecnico grafico, brand ambassador, beer specialist, spillatore, barman e sommelier della birra; sono questi i ruoli più cercati nell’industria, dati i numeri riportati, nel caso foste in grado di ricoprire una di queste cariche sarebbe il caso vi deste da fare.
Se invece lavorare con la birra è il vostro sogno ma non avete idea da dove cominciare, allora significa che ha ragione quell’85% degli intervistati per lo studio che sostiene che in Italia l’esigenza è quella di investire nella formazione; e non potrebbe essere altrimenti in un comparto che vive d’innovazione e specializzazione, e soprattutto, che sta cambiando molto velocemente. L’offerta universitaria italiana si limita a pochi corsi della Laurea in Scienze e Tecnologie Alimentari, mentre all’estero ci sono invece molte Università e istituti tecnici che offrono percorsi di laurea, sia triennale che specialistica, focalizzati sul settore, oltre a numerosi corsi professionalizzanti che toccano aspetti più manageriali del business e quelli legati alla valorizzazione del prodotto finale.
Per colmare questo gap di specializzazione, tra domanda e offerta di lavoro, è nata l’Università della Birra a Milano, voluta da Heineken Italia, che si propone con lo slogan “imparare sul campo” e si presenta come un approfondimento teorico e pratico sui fondamentali del mondo della birra, dalle materie prime alle dinamiche di mercato.