"Mafia capitale aveva fatto emergere la disarticolazione delle funzioni pubbliche di una amministrazione". E ancora: "quello che emerge dall'inchiesta sullo stadio della Roma, invece, è ancora peggiore, perché pare proprio che stavolta sia tutta la città e il suo destino a essere stata consegnata nelle mani del malaffare".
Paolo Berdini, ex assessore all’urbanistica della giunta capitolina costretto alle dimissioni un anno e mezzo fa, oggi ha parlato a Repubblica e al Corriere della sera commentare l’inchiesta della procura della Capitale sulla costruzione dello stadio della Roma, che ha portato all’arresto di nove persone, 27 indagati tra cui Luca Alfredo Lanzalone, uomo vicino e scelto dal Movimento 5 stelle per la presidenza di Acea, che giovedì si è dimesso.
Scheda: Chi è davvero Luca Alfredo Lanzalone
Berdini fu un feroce oppositore dello stadio, che definì "la più grossa speculazione immobiliare d'Europa". Oggi, l’inchiesta ha rafforzato questa sua convinzione: "Gli arresti di oggi lo confermano: il futuro della città è passato dalle mani pubbliche a quelle private. Non si tratta più di piccoli appalti, come nel caso di Mafia capitale, ma di un progetto enorme".
Anzi, per Berdini questa inchiesta è peggio: “Mafia capitale aveva fatto emergere la disarticolazione delle funzioni pubbliche di un’amministrazione. Un esempio su tutti: si distrugge quel piccolo gioiello che era l’Ufficio Giardini del Campidoglio per dare in appalto alle cooperative legate al malaffare quelle stesse funzioni. Quello che emerge dall’inchiesta sullo stadio della Roma, invece, è ancora peggiore, perché pare proprio che stavolta sia tutta la città e il suo destino a essere stata consegnata nelle mani del malaffare”.
Lo stadio della Roma, per Berdini, è stata solo un’operazione per il consenso politico, come il Panem et circenses di età imperiale: “ Io dissi che il consenso si poteva ottenere se avessimo messo mano a un progetto sulle periferie abbandonate. Le buche non ci sono solo oggi, sa? Io provavo a chiedere un intervento organico e invece si pensava che la scorciatoia per il consenso fosse dire sì allo stadio”, Panem et circenses appunto aggiunge l’urbanista.
Oggi, per Berdini, Raggi non ha molta scelta che ammettere gli errori e il fallimento di questi primi due anni di giunta: “La sua vittoria arrivò per un’esigenza impetuosa di buon governo e moralità. Dopo due anni di errori colossali bisognerebbe avere l’umiltà di riconoscere gli errori, riprendere il filo e puntare sulle periferie. Se non si fa così, il suo destino, dimissioni o meno, è segnato”.