Mazzette, favori, 'talpe', informazioni sensibili rubate, 007 e investigatori infedeli, rapporti pericolosi con i boss, ricatti e dossieraggi per sostenere un vasto sistema di potere e il grande inganno antimafia. Ingredienti venefici di questa sorta di spy story, fatta di tradimenti e affari, che ha come protagonista un 'eroe' decaduto della legalità, Antonello Montante, l'ex presidente di Sicindustria, indagato dal 2016 per concorso esterno in associazione mafiosa, ma finora al vertice della Camera di commercio di Caltanissetta e presidente di RetImpresa Servizi srl di Confindustria nazionale. Capace anche di condizionare alcune nomine e scelte nelle ex Giunte Crocetta. Per la procura nissena, che ha ottenuto il suo arresto, quello di alcuni investigatori e di un imprenditore, era il manovratore di una rete capace di intercettare e distorcere informazioni sulle indagini che lo riguardavano e di preservare la sua immagine e la sua influenza.
Un sistema di potere
Snodi di un "sistema di potere", ha spiegato il procuratore Amedeo Bertone, costruito con la complicità di soggetti delle istituzioni. Contestata l'accusa di associazione a delinquere finalizzata all'accesso abusivo al sistema informatico e alla corruzione. Tra gli arrestati Giuseppe D'Agata, ex capocentro della Dia di Palermo, dopo un periodo nei Servizi tornato tra i carabinieri; Marco De Angelis, sostituto commissario in servizio alla prefettura di Milano; Ettore Orfanello, ex comandante del nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza di Palermo; Diego Perricone Di Simone, ex sostituto commissario della Squadra mobile di Palermo, attualmente security manager di Confindustria nazionale; nonché l'imprenditore nisseno della grande distribuzione Massimo Romano. Sospeso per un anno Salvatore Graceffa, vice sovrintendente della polizia a Palermo.
Politici e 007, la rete occulta
In tutto 22 gli indagati. Nell'elenco, non destinatari di misure restrittive, anche l'ex presidente del Senato ed esponente di Forza Italia Renato Schifani; l'ex generale Arturo Esposito, ex direttore del servizio segreto civile (Aisi); Andrea Cavacece, capo reparto dell'Aisi; Andrea Grassi, ex dirigente della prima divisione del Servizio centrale operativo della polizia; Romeo Letterio, nella qualità di comandante del Reparto operativo dei carabinieri di Caltanissetta; Gianfranco Ardizzone, ex comandante provinciale della Guardia di finanza di Caltanissetta e poi capocentro della Dia nissena; Mario Sanfilippo, ex ufficiale della polizia tributaria di Caltanissetta. Indagati anche il professore Angelo Cuva e Maurizio Bernava.
L'oggetto principale del procedimento, spiegano i magistrati, va individuato "nell'illecito sistema di potere" che l'industriale nisseno ha ideato e attuato nel tempo, "grazie a una ramificata rete di relazioni e complicità intessuta con vari personaggi inseriti ai vertici dei vari settori delle istituzioni". Montante "ha infatti con ogni mezzo tentato di indurre al silenzio le persone in grado di riferire circostanze compromettenti sul suo conto", in particolare sui rapporti intrattenuti in passato con esponenti mafiosi della provincia di Caltanissetta, "operando in modo da screditarne l'attendibilità, così da annullare il valore del contributo da queste offerto per l'accertamento della verità".
Boss, paladini e depistaggi
Ripetuti tentativi di depistare le indagini, "peraltro ispirati da fughe di notizie riconducibili a contesti istituzionali prezzolati". Una rete di complicità che era una vera e propria "centrale occulta di potere", che ha consentito a Montante di occupare progressivamente rilevanti posti di potere, fino ad arrivare a scalare i vertici di Confindustria.
Una volta ai vertici di Confindustria, grazie ai ripetuti favori elargiti, in particolare sotto forma di assunzioni di parenti ed amici, Montante si è dimostrato in grado di "condizionare pesantemente l'attività di vari uffici pubblici, in particolare di vari appartenenti ad organismi di polizia". In particolare, è emerso il sistematico ricorso all'operato di appartenenti infedeli alla polizia di Stato per carpire abusivamente, attraverso accessi alle banche dati, notizie sensibili riguardanti la vita privata di una serie impressionante di soggetti a lui invisi; accertata l'esistenza di una rete di informatori corrotti, pronti a trasmettergli le informazioni "sensibili" contenute nella banca dati della polizia penitenziaria; Montante si garantiva anche il monitoraggio preventivo dei collaboratori di giustizia che avevano riferito circostanze a suo carico.
Sono state le dichiarazioni rese da due imprenditori - un tempo assai vicini ad Antonello Montante, arrestato dalla Squadra mobile di Caltanissetta - l'ex assessore regionale Marco Venturi e l'ex presidente dell'Irsap Alfonso Cicero, a disvelare come la rete di relazioni che l'ex presidente di Sicindustria e presidente della Camera di commercio finito ai domiciliari insieme a esponenti delle forze dell'ordine, era riuscito ad instaurare, "sbandierando il vessillo della legalità, di cui si era fatto propugnatore e paladino", servisse in realtà - riferiscono i magistrati della procura di nissena - ad occultare i rapporti che egli aveva in passato certamente intessuto e coltivato con esponenti di spicco della criminalità organizzata".
Anche alcuni pentiti hanno parlato dei rapporti stretto con i boss Paolo e Vincenzo Arnone (entrambi al vertice della cosca di Serradifalco e testimoni di nozze di Montante). "Pur confermando i diretti rapporti intrattenuti da Montante con uomini di vertice di Cosa nostra", le risultanze, avvertono i magistrati, non sono risultate sufficienti per "configurare il reato di concorso esterno in associazione mafiosa".
La stanza dei dossieraggi
Ciononostante, le indagini svolte hanno dimostrato come Montante, al fine di preservare l'immagine faticosamente costruita di "uomo della legalità", giocando in sostanza d'anticipo, abbia ispirato la sua azione "a una continua, spregiudicata attività di dossieraggio, raccogliendo abusivamente informazioni riservate sul conto dei suoi nemici, anche solo potenziali, ciò al fine di impedire che gli antichi legami intessuti con i boss mafiosi, potessero in qualche modo tornare a galla, ovvero al solo fine di screditare persone a lui invise o in grado di contrastare i suoi interessi".
Occupazione spasmodica di Montante era precostituire documentazione da spendere in futuro per neutralizzare possibili future accuse, puntualmente accreditando la tesi del complotto ai suoi danni in ragione del suo impegno sul fronte antimafia. Nel 2016 nel corso di una perquisizione nell'abitazione di Montante di Serradifalco, la Squadra mobile di Caltanissetta ha trovato una 'stanza segreta' al piano seminterrato, il cui accesso era nascosto da una finta parete a libreria, con una porta blindata. L'analisi del contenuto di un file Excel ha messo in risalto la certosina annotazione di incontri ed appuntamenti, nonché di telefonate e messaggi di testo (inviati e ricevuti) da soggetti appartenenti ad ogni contesto, prevalentemente istituzionale, nonché la registrazione di conversazioni intrattenute con terzi, effettuate personalmente o per il tramite di soggetti di fiducia, la conservazione di documentazione della piu' svariata natura, ivi compresa quella attestante vari "favori" richiesti a Montante nel corso del tempo.
La strategia messa in campo da Montante risulta dunque essere stata quella di screditare sistematicamente in via preventiva tutti coloro che nel tempo si sono posti in maniera critica nei suoi confronti, via via tacciandoli di "mafiosità" o di non meglio precisate collusioni con un sistema di potere al cui interno poter ricomprendere, di volta in volta e in maniera indiscriminata, tutti coloro che non si adeguavano al 'nuovo corso' "da lui voluto e propugnato in nome della legalità, veicolando all'esterno l'immagine di una svolta legalitaria solo proclamata".