L’attacco informatico che ha colpito il sito del quotidiano Libero la notte tra il 7 e l’8 settembre ha spaccato in due la comunità online. Se da un lato AnonPlus_Info, identità dietro alla quale si nascondono gli autori del gesto, è accusato di essere antidemocratico, dall’altra molti difendono l’intervento degli hacker, extrema ratio contro il giornale accusato di fuorviare l’opinione pubblica e di alimentare i nuovi fascismi.
Gli hacker sono i nuovi Robin Hood?
Fatto sta che per alcuni gli hacker sono i nuovi Robin Hood. O almeno ne sono convinti quanti hanno la percezione di vivere in un mondo ingiusto, nel quale nulla può cambiare se non con azioni che vadano a colpire direttamente l’ordine costituito. A rivelarlo è un’indagine condotta da Giovanni Travaglino, docente in psicologia sociale e delle organizzazioni all’Università di Kent, nel Regno Unito. Il suo lavoro, Supporto ad Anonymous come forma di dissenso vicario: un'analisi nel contesto del banditismo sociale, indaga quali sono, negli Stati Uniti e nel Regno Unito, i profili con maggiore probabilità di sostenere gruppi che fanno dell’aperta ostilità al sistema un metodo di azione politica. Ma forse è meglio definirla a-politica in quanto, come spiega lo stesso Travaglino all’Agi, “Il dissenso nei confronti di istituzioni percepite come sorde ai bisogni dell’individuo porta spesso a sostenere gruppi che si propongono di colpire il sistema piuttosto che partecipare al miglioramento dello stesso secondo modalità convenzionali quali il voto o l’attività politica”.
La loro credibilità è nello scetticismo diffuso verso le istituzioni
Gruppi d’azione diretta come Anonymous sembrerebbero quindi raccogliere maggiori simpatie da parte di chi, pur vedendo la società come intrinsecamente ingiusta e incapace di cambiare, è poco incline a promuovere il cambiamento attraverso un impegno in prima persona, con mezzi convenzionali. “Dalla nostra indagine emerge che chi sostiene l’azione di Anonymous generalmente lo fa più per un desiderio di vendetta individuale che non perché crede che le cose possano cambiare” spiega Travaglino. “Si evidenzia un atteggiamento scettico nei confronti di azioni politiche dirette e una propensione a ‘ferire’ il sistema, colpevole di averci in qualche modo lasciati indietro”.
Azione e delega
Il contrasto che emerge dalla ricerca riguarda la linea di demarcazione tra una visione collettivista e una individualista della società in cui viviamo. Nel primo caso il cittadino è più disponibile a essere politicamente coinvolto, votando o partecipando a movimenti di protesta. Nel secondo preferisce invece demandare l’azione a gruppi con poca attitudine al compromesso e in cui non è coinvolto direttamente. Ma un ambito che dovrebbe essere meglio approfondito in futuro, per Travaglino, è quello di quali e quante forme può prendere un orientamento individualista. “Stanno emergendo nuove forze, che sulla base di dinamiche analoghe, porterebbero le persone a rifugiarsi anche nelle promesse di politici anti-establishment. Penso a Nigel Farage nel Regno Unito e a Donald Trump negli Stati Uniti, o a partiti come il Movimento 5 Stelle in Italia”. In questi casi, secondo le conclusioni della ricerca, i politici speculano sulla retorica del “ridare un bilanciamento al potere”.
Il 'banditismo sociale' come espressione di protesta
L’analisi di Travaglino si fonda sul paradigma del banditismo sociale, introdotto per la prima volta da Eric Hobsbawm alla fine degli anni cinquanta, con il quale intende analizzare il ruolo del fuorilegge nella sua società di riferimento. Quindi il bandito visto come figura che rifiuta l’ordine costituito nel momento in cui questo si configura come ingiusto nei confronti dei più deboli. “Anonymous dà dunque una risposta a quelli che, ormai rassegnati allo stato delle cose, pensano di non poter cambiare attivamente il proprio ambiente sociale” secondo il ricercatore. “Non è un fenomeno inedito, ma anzi ricorre spesso nella storia. Dal brigantaggio nel Regno di Napoli a Robin Hood, che ruba ai ricchi per dare ai poveri, queste figure non si propongono di cambiare la società in meglio, ma si limitano a colpire le élite punendole per le ingiustizie che compiono”.