Devono dimettersi dal Consiglio Superiore della Magistratura, e non solo autosospendersi, i togati coinvolti nello scandalo emerso dall'inchiesta di Perugia perché "ricoprono un incarico per cui non appaiono degni". È la posizione del Comitato direttivo dell'Associazione Nazionale Magistrati, che, al termine della sua riunione, ha approvato all'unanimità un documento, in cui si parla di "gravissime violazioni" che hanno creato "sconcerto, turbamento e indignazione".
Un consigliere - Luigi Spina di Unicost - "si è gia' dimesso" e altri quattro - Paolo Criscuoli, Antonio Lepre e Corrado Cartoni di Magistratura Indipendente e Gianluigi Morlini di Unicost - "hanno deciso di autosospendersi. Ma non basta", osserva l'Anm, chiedendo che "gli ulteriori consiglieri direttamente coinvolti nella vicenda rassegnino le loro immediate dimissioni dall'incarico istituzionale per il quale, evidentemente, non appaiono degni".
I "gravissimi episodi emersi da quanto riferito dalla stampa in relazione alle indagini svolte dalla procura di Perugia, suscitano sconcerto, turbamento e anche indignazione nei magistrati italiani - si legge ancora nel documento - i profili di rilevanza penale e disciplinare saranno oggetto delle valutazioni dei competenti organi. Emergono, in ogni caso, gravissime violazioni di natura etica e deontologica: incontri, avvenuti al di fuori della sede istituzionale del consiglio e aventi ad oggetto anche la nomina dei procuratori di Roma e Perugia, ai quali hanno partecipato consiglieri in carica, due deputati, uno dei quali magistrato in aspettativa e l'altro imputato nell'ambito di un procedimento trattato dalla procura della Repubblica di Roma ed un ex consigliere, aspirante all'incarico semidirettivo di procuratore aggiunto di Roma e indagato dalla procura di Perugia".
Queste condotte, "mai smentite dai diretti interessati - rileva il 'parlamentino' delle toghe - rappresentano con evidenza un'inammissibile interferenza nel corretto funzionamento dell'autogoverno che, negli equilibri costituzionali, e' presidio fondamentale dell'indipendenza della magistratura e non possono in alcun modo essere giustificate o sminuite in considerazione dell'incalcolabile danno che hanno arrecato all'Istituzione e ai singoli magistrati che si ispirano, nel loro operare quotidiano, a rigorosi principi di correttezza".