Esperti di ogni parte del mondo uniti per una sorveglianza globale contro le malattie delle colture agricole, in una task force che condivide obiettivi e risultati: riunita recentemente a Bellagio, per iniziativa della Rockfeller Foundation, ha stabilito i criteri per un’azione congiunta contro possibili virus che possono colpire colture nelle diverse parti del mondo causando impatti a livello globale.
A rappresentare l’Italia in questa prestigiosa istituzione è il Centro Agroinnova dell’Università di Torino, diretto da Maria Lodovica Gullino: “L’Italia – spiega all’Agi – può giocare un ruolo in questo contesto grazie ai vari progetti europei coordinati da Agroinnova nel campo della biosicurezza di piante e cibo condividendo strumenti di diagnosi, strategie di management e dati epidemiologici. Il concetto deve essere quello della condivisione dei saperi. Bisogna essere preparati e saper superare i localismi perché un’epidemia che si sviluppa in una parte del mondo può avere effetti anche in altri Paesi”.
Quali episodi si sono verificati recentemente?
"Per restare in Italia, qualche anno fa si è saputo affrontare concretamente il problema della batteriosi su actinidia, ossia le piante di kiwi. L'agente della malattia fu identificato prontamente e ci fu un'ottima collaborazione tra ricercatori, tecnici di campo, servizi fitosanitari operanti nelle diverse aree interessate. dal problema. Oggi si riesce a convivere con il batterio agente della malattia. Purtroppo- osserva- talora i ricercatori tendono a considerare propri alcuni problemi fitopatologici solo perché sorgono nella propria area. Ma i patogeni non hanno barriere!".
Un caso noto e ancora irrisolto è quello della xilella che sta colpendo gli ulivi della Puglia.
"Quella della xilella è una storia triste in cui entrano in gioco tanti fattori diversi, che certamente hanno complicato fin dall'inizio la gestione di questo patogeno complesso. Si tratta di un batterio 'esigente' ossia in grado di attaccare oltre agli ulivi altri ospiti frequenti nell'area del mediterraneo e trasportato da un vettore, che gli conferisce una maggiore facilità di diffusione. Questo è il classico esempio di un problema localizzato in una zona, che avrebbe dovuto fin dall'inizio essere affrontato coinvolgendo competenze con diverse specializzazioni nei diversi ambiti, dal campo al laboratorio".
Come nasce l'interesse per la ricerca, specie in un settore tanto particolare?
“La mia passione per la ricerca nasce dal grande legame che ho avuto con mio zio Pietro Gullino, pioniere della ricerca oncologica internazionale. Era una persona molto severa, molto calvinista, come del resto mi sento in un certo senso io, a cui sono sempre stata molto legata e che ha ispirato i miei obiettivi che ho avuto fin da piccola di volere fare ricerca e viaggiare. Così mi sono iscritta a biologia ma, quando ho incontrato la botanica, i geni paterni e materni si sono fatti sentire, essendo i miei genitori entrambi agronomi. Da qui la mia formazione nel campo della patologia vegetale, settore che meglio rispondeva alle mie esigenze”.
Sulla sua professione e la sua carriera in questo campo, Maria Lodovica Gullino si schernisce dicendo: “Mi ritengo una persona molto fortunata. Per gli incontri che ho avuto, per le opportunità che mi sono state date ed anche per i tempi, certamente diversi da quelli di oggi, in cui la mia carriera è iniziata”.
L'essere ricercatrice donna ha costituito una difficoltà?
"La mia esperienza professionale ha inizio negli anni '70. Ricordo che il professor Angelo Garibaldi, allora preside ed oggi presidente di Agroinnova, in cui ho ritrovato un altro padre e che continua a costituire un importante punto di riferimento, mi disse quando arrivai in dipartimento ‘ se un uomo fa 10 ed una donna anche, certamente va avanti l’uomo; se una donna fa 15 ed un uomo dieci, ancora va avanti l’uomo; cerca di fare sempre almeno da venti. Dopo quelle parole decisi che mi sarei impegnata per non fare mai meno di 30 e così ho sempre cercato di muovermi”.
Perché nasce Agroinnova?
"L’idea di fare nascere il Centro Agroinnova arriva per creare un punto in cui fare confluire ricerca, trasferimenti tecnologici, formazione permanente. Dopo 16 anni possiamo dire di avere veramente creato il ‘politecnico dell’agricoltura’ per favorire il rapporto tra pubblico e l’industria privata”.
Tra i temi su cui Agroinnova in questi anni ha puntato l’attenzione c’è certamente quello, più che mai attuale, della ‘biosicurezza’ e dell’agroterrorismo’. “Anche i sistemi agricolo e agroalimentare – sottolinea la direttrice di Agroinnova – possono essere oggetto di attacchi terroristici con un uso malevolo dei patogeni delle piante. Il nostro lavoro è di agire su un sistema di prevenzione in questo senso”. L'impegno è stato dunque quello "di creare una rete di ricercatori europei per condividere tecniche e metodi e per pianificare strategie di prevenzione. Mettendo a punto strategie di contenimento o eradicazione dei patogeni eventualmente introdotti".
Prossimi obiettivi della vostra ricerca?
Prossimo obiettivo del Centro dell’ateneo torinese è quello di sviluppare un concetto di ‘salute globale’, che includa anche le piante e l’ecosistema. È necessario per questo sviluppare un Piano nazionale in cui le piante e l’ambiente siano sempre più collegati al tema della salute delle persone sia come fonte di nutrizione, sia per quanto riguarda il ciclo dell’economia circolare a livello di patogeni”.
Ma per Maria Lodovica Gullino occuparsi di questi temi significa anche comunicarli all’esterno: per questo da un paio di anni piante ed ambiente sono atterrati sul palcoscenico del teatro. “Tutto nasce dall’amicizia con l’attrice Laura Curino e con Tangram Teatro, compagnia da sempre impegnati nella divulgazione di specifiche tematiche. Quest’anno, il 15 ottobre, giorno prima della Giornata Mondiale dell’alimentazione saremo al teatro Carignano di Torino con lo spettacolo ‘Teatro Canzone”.
Un consiglio ai giovani che intraprendono ora il cammino della ricerca?
“È importante costruirsi delle reti di contatti in giro per il mondo, lo dico sempre ai ragazzi. Bisogna muoversi, andare, imparare e poi, se si può, tornare, agendo anche in un’ottica di restituzione di quanto si è avuto. È importante mantenere un legame con il punto da cui si parte. Anche questo, ricordo, era un insegnamento di mio zio, che ho sempre portato con me”.