Ci risiamo. Il Seveso è esondato e ha allagato il quartiere Isola e le strade limitrifofe alla stazione Garibaldi. La storia si ripete, almeno due volte l'anno. Incredibile, ma vero. Gli allagamenti causati dalle periodiche esondazione del Seveso (342 negli ultimi 140 anni) sono un fenomeno ricorrente per gli abitanti di Milano, secondo alcune testimonianze vecchio di secoli. Quel che è certo è che la forte urbanizzazione dell’area ha aggravato un problema che non è ancora stato affrontato alla radice, causando ogni volta polemiche politiche e rimpalli di responsabilità. Una svolta era sembrata in vista lo scorso 28 ottobre, quando sono iniziati i lavori per la costruzione di una vasca di laminazione a Senago e l’adeguamento del canale scolatore di Nord Ovest che, secondo quanto aveva dichiarato all’epoca l’assessore al Territorio, Viviana Beccalossi, avrebbe evitato nove delle 17 esondazioni che hanno colpito la città dal 2010 al 2014. La fine dei lavori è però prevista per l’inizio dell’anno prossimo.
Quella di tre anni fa fu una delle alluvioni più gravi che hanno interessato l’area ambrosiana in tempi recenti. Tra il luglio e il settembre del 2014 si erano verificate ben sei esondazioni, che avevano causato danni economici per cento milioni di euro. Il 7 e l’8 luglio le acque avevano raggiunto i quartieri Isola e Niguarda. Ancora peggiore fu l’allagamento del 19 settembre 2010, quando tre stazioni della linea 3 rimasero chiuse per 10 giorni e i cantieri della linea 5 subirono gravi danneggiamenti. Un’emergenza permanente che ha ragioni complesse e numerose.
Il cemento e i rifiuti soffocano il bacino
A rendere ogni piena del torrente un rischio per la città è prima di tutto la cementificazione di un’area a fortissima densità abitativa. Prima di sfociare nel Canale Martesana, il Seveso scorre per un lungo tratto sottoterra, attraversando – sottolinea Linkiesta – “una zona tra le più urbanizzate d’Europa, in cui la permeabilità del terreno è pari a zero”. Pertanto, in caso di forti piogge, l’acqua non ha altro sfogo che i tombini, traboccando e invadendo le strade. I problemi iniziano però già nei tratti del corso tra le sorgente, nei colli presso Como, e il capoluogo lombardo. Nel Seveso vengono infatti gettate grandi quantità di rifiuti ingombranti, che riducono ulteriormente la capacità del bacino, oltre a causare pericoli per la salute pubblica. Non sono quindi necessari solo lavori a valle che diminuiscano la portata del torrente. Urge anche una pulizia del letto fluviale, da tempo una vera e propria discarica.
Quello scolmatore che non basta più da decenni
Per alleviare la portata delle piene, vengono costruiti scolmatori, strutture nelle quali vengono convogliate parte delle acque per evitare allagamenti. Lo “Scolmatore del Nord Ovest”, ideato nel 1954 e concluso nel 1980, non è però sufficiente da tempo, come testimonia il forte aumento delle esondazioni registrato negli ultimi quarant’anni, in parallelo alla crescente cementificazione del territorio. Il progetto di costruzione di un secondo scolmatore a Nord Est è finora rimasto su carta, fornendo sempre nuovo fuoco a polemiche politiche che, in tempi recenti, non hanno risparmiato né il centrodestra né il centrosinistra. Sia l’ex sindaco Letizia Moratti che il suo successore, Giuliano Pisapia, hanno dovuto fare fronte alle accuse di ignorare il problema. Moratti, in particolare, era stata duramente attaccata da Gabriele Albertini, primo cittadino di Milano dal 1997 al 2006, per aver accantonato l’ambizioso progetto di un tubo sotterraneo di 11 chilometri che avrebbe dovuto contenere le acque in eccesso. L’opera avrebbe richiesto un investimento da 70 milioni di euro, quaranta in più del costo di quelle attualmente in costruzione. A complicare il quadro è anche la sovrapposizione di ruoli tra i due enti pubblici competenti, l’autorità di Bacino e l’Agenzia Interregionale per il Po, che ha causato molta confusione ulteriori scaricabarile.
Solo nel 2013 tutti gli enti coinvolti hanno trovato un’intesa sulle strutture attualmente in corso d’opera, ovvero la costruzione di una vasca di laminazione (cioè un bacino scavato in profondità per permettere il contenimento delle acque che il fiume non può contenere nel suo alveo.) e l’ampliamento dello scolatore già esistente. Quest’ultimo da solo non sarebbe sufficiente perché interesserebbe un’area limitata e avrebbe come risultato solo scongiurare l’allagamento di alcune aree urbane. Per questo è ritenuta necessaria la vasca a Senago, a Nord della città, così da garantire una riduzione della portata del corso prima che raggiunga il capoluogo. Se le due infrastrutture saranno sufficienti lo scopriremo solo alla prima piena successiva alla conclusione dei lavori.