Sono passati quasi 20 giorni dalla notte del 24 marzo in cui Emanuele Morganti fu stato ucciso a calci e sprangate da un gruppo di uomini all’uscita di un locale di Alatri, in provincia di Frosinone. All’indomani del massacro, il pm di Roma Stefano Rocco Fava aveva parlato di “violenza feroce e immotivata". Da allora sono spuntate diverse motivazioni sull’omicidio del ventenne, dal regolamento dei conti legato allo spaccio di droga, al complimento di troppo alla ragazza di Emanuele fino allo scambio di persona. Ma a distanza di settimane restano ancora forti dubbi sulle ragioni di quella che è stata definita dai parenti della vittima “una vera e propria esecuzione” . Di certo al momento c’è il coinvolgimento di tre ragazzi, già finiti in carcere, e di altre 5 persone su cui sta indagando la polizia.
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Dai protagonisti della vicenda alla ricostruzione dell’ultima notte di Emanuele, ecco quello che sappiamo sul delitto di Alatri:
I protagonisti:
- Emanuele Morgante - 20 anni ancora da compiere, viveva con la sua famiglia a Tecchiena, frazione di Alatri. Appassionato di pesca e di calcio (in passato aveva giocato con la squadra locale), Emanuele aveva frequentato l’Istituto chimico-biologico di Alatri. Da qualche mese era stagista nel reparto spedizioni dell’Abb Sace di Frosinone.
- Ketty Lisi – fidanzata di Emanuele. Era con lui al Mirò quando i buttafuori hanno portato via il ragazzo
- Mario Castagnacci – 26 anni cuoco in un ristorante di Roma e fratellastro di Paolo Palmisani. Era stato fermato nella capitale giovedì 23 marzo perché trovato in possesso di 300 dosi di cocaina, 150 di crack e 600 di hashish. Fu rilasciato il mattino successivo, ovvero il 24 marzo,con l'attenuante del "consumo di gruppo". E’ accusato di aver sferrato il colpo mortale con un crick. E' in isolamento a Regina Coeli insieme al fratellastro.
- Paolo Palmisani – 19 anni è il fratellastro di Mario Castagnacci. In carcere in isolamento a Regina Coeli con l’accusa di omicidio volontario.
- Michel Fortuna - 24 anni, è stato fermato lunedì pomeriggio dalla procura di Frosinone. Il provvedimento – dicono gli inquirenti – “si è reso necessario per la rilevantissima pericolosità di Fortuna che avrebbe avuto un ruolo attivo nell'aggressione”
- Franco Castagnacci – E’ il padre di Mario, noto come “Belle Armi” per la sua abitudine a girare armato. Implicato nella vicenda in quanto, secondo gli inquirenti, si era unito al pestaggio. In particolare, secondo gli inquirenti, sarebbe stato lui a bloccare l’amico di Emanuele che volevano soccorrerlo. E’ sotto indagine.
Oltre a Franco Castagnacci sono indagati anche i quattro buttafuori del Mirò Music Club:
- Manuel Capoccetta - 28 anni, di Ceccano (Frosinone)
- Damiano Bruni - 27 anni, di Ceccano
- Pjetri Xhemal - 32 anni, albanese e residente a Ferentino (Frosinone)
- Michael Ciotoli – 26 anni con precedenti per “stupefacenti, porto di oggetti atti a offendere, rapina, ricettazione e ricettazione di armi da sparo”
Cosa è successo la notte del 26 marzo
- Emanuele Morganti e la sua ragazza, Ketty Lisi, si avvicinano al bancone del 'Miro Music Club' per prendere le consumazioni
- Mentre aspettavano di essere serviti vedono avvicinarsi un altro avventore, ubriaco, Domenico Paniccia, "che pretende di essere servito immediatamente e che sgomita con Emanuele per guadagnarsi il bancone. Secondo altre testimonianze l'uomo avrebbe invece importunato insistentemente Ketty
- Nasce un alterco che sfocia in uno scambio di spintoni e strattoni, durante i quali Paniccia colpisce Morganti con un portatovaglioli
- Gli addetti al servizio di sicurezza Manuel Capoccetta, Michael Ciotoli, Damiano Bruni e Xhemal Pjetri allontanano Emanuele dal locale.
- Dal Mirò esce una calca di gente. Alla testa c'è Emanuele Morganti portato di peso Emanuele ha la maglia strappata ed un po' di sangue che gli esce dalla bocca. Emanuele chiede ai buttafuori perché allontanino lui, che non stava dando fastidio.
- Mentre Emanuele parla con Marco Morganti, suo cugino, Paolo Palmisani lo colpisce con uno schiaffo in faccia e Franco Castagnacci, padre di Mario, gliene dà un altro. Emanuele scappa verso la parte alta della piazza, inseguito da Palmisani, armato di una chiave tubolare del tipo usato per smontare i bulloni delle ruote, da Mario e Franco Castagnacci e da un membro della sicurezza del locale armato di manganello.
- All'altezza degli uffici del giudice di pace, Emanuele viene raggiunto da Paolo Palmisani e da Mario Castagnacci che lo prendono a pugni sulla testa. L'ultimo pugno, sferrato da Mario Castagnacci, fa perdere i sensi a Emanuele, ma l'aggressione continua mentre i suoi amici Marco Morganti, Gianmarco Ceccani, Lorenzo Fanella e Riccardo Milani cercano di soccorrerlo e difenderlo facendogli scudo
- Il ragazzo viene immediatamente trasportato prima all’ospedale San Benedetto di Alatri e poi trasferito d’urgenza al Policlinico Umberto I di Roma. Le condizioni sono gravissime: Emanuele presenta fratture cervicali, cranio sfondato ed emorragia cerebrale. Morirà dopo 36 ore di agonia.
Le piste
L'inchiesta è lontana del definirsi conclusa, soprattutto perché non è ancora stato individuato un movente. Intanto gli inquirenti battono ogni pista, senza scartare alcuna ipotesi. Dalla vendetta, alla volontà di affermare il predominio sul territorio, a un'aggressione degenerata, perfino a un possibile scambio di persona.
Il controllo della piazza – Per gli inquirenti la pista più probabile è quella di “una sorta di intento da parte dei Castagnacci ad affermare il loro dominio sul territorio”. Secondo Repubblica “L'unica spiegazione per gli inquirenti è quella di una famiglia che voleva imporre il proprio dominio sulla piazza. Gente di cui in quella zona i più hanno paura. E per farlo sfrutta la lite al "Mirò" e sceglie Emanuele come agnello sacrificale. Per far vedere a tutti cosa sono capaci di fare. Anche di uccidere” pur di difendere le loro attività criminali incentrate soprattutto sullo spaccio di droga.
Lo scambio di persona – Ketty è convinta che Emanuele sia stato vittima di uno scambio di persona. "È stato picchiato prima all'interno perché credevano fosse lui a importunare la barista” racconta al Tempo . “Lo hanno trascinato in un angolo. Non vedevo niente. Solo tanta confusione. Poi sono riuscita a guadagnare l'uscita e ho visto Emanuele che era scortato da quattro persone. Aveva la maglietta strappata, il sangue vicino la bocca e lui agitato che diceva: Ma non sono io ad aver dato fastidio. Non sono io. Perché mi cacciate? Non è giusto. Gli hanno dato un altro schiaffo".