La revisione della direttiva europea sulle armi civili, approvata dalla commissione Imco del Parlamento Europeo con 25 voti a favore, 9 contrari e 2 astensioni, apporta "alcune migliorie al testo iniziale proposto dalla Commissione europea, che conteneva numerose e immotivate restrizioni, prive di alcun supporto scientifico, che danneggiavano gli operatori del comparto e gli utilizzatori". Il testo presenta però anora "chiare criticità". Il giudizio è delle associazioni italiane di categoria della filiera, Anpam, Conarmi e Assoarmieri, secondo cui "appare corretta la volontà di uniformare a livello UE le regole sulla disattivazione delle armi sul territorio europeo e i criteri di costruzione delle armi a salve, che non devono essere convertite dalla criminalità in armi funzionanti".
Troppi vincoli, compresi quelli rigettati dall'Onu
Per le associazioni è "invece non appropriata la volontà di invadere la competenza esclusiva dei Paesi membri su questioni importanti, come per esempio la determinazione dei requisiti psicofisici per il rilascio dei porti d'arma, i criteri per la custodia domestica delle armi o l'informatizzazione dei registri degli armieri, e ciò in considerazione dell'eterogeneità delle situazioni di fatto in relazione alle diverse esigenze di pubblica sicurezza nei vari Paesi europei. Non si condivide inoltre - si legge in una nota - l'imposizione di prescrizioni aggiuntive in materia di marcatura delle armi non contemplate dai trattati internazionali firmati dai Paesi membri e non previste in nessun Paese del mondo, secondo un modello che a suo tempo la stessa Onu aveva rigettato. La misura - secondo le associazioni - non avrà rilevanti effetti positivi sulla tracciabilità ma penalizzerà sensibilmente gli operatori europei, a tutto vantaggio dei competitor esteri. Ciò comporterà inoltre apprezzabili difficoltà per le istituzioni nazionali, che dovranno sviluppare nuovi sistemi informatizzati che comprendano i dati non solo delle armi, ma anche di tutte le loro parti essenziali, causando un considerevole aggravio degli adempimenti e un conseguente maggiore rischio di errore".
Sullo stesso piano armi antiche e moderne
I trattati internazionali e la stessa direttiva escludono dal loro campo di applicazione le armi antiche, prodotte prima del 1890, per questo le associazioni criticano "l'equiparazione alle moderne armi da caccia, tiro e difesa delle riproduzioni di armi antiche, in tutto e per tutto identiche agli originali, e, come tali, oggettivamente prive di pericolosità sociale. Una misura, quest'ultima, che apporta un immotivato danno al comparto armiero.
Anche tale prescrizione - secondo le associazioni - dovrebbe essere lasciata alla discrezionalità degli Stati membri. Non risultano inoltre giuridicamente sostenibili - prosegue la nota - altre prescrizioni, come l'inclusione immotivata di alcune tipologie di armi civili nelle categorie proibite, che lascia agli Stati membri discrezionalità sulle esenzioni: invece di armonizzare, il sistema comporterà discipline assai differenti nei diversi Paesi, con ovvie difficoltà di carattere applicativo, anche con riferimento al trasferimento di armi e munizioni all'interno del territorio dell'Unione Europea".
Una riforma che non porta benefici
Anpam, Assoarmieri e Conarmi ritengono "che affrontare tematiche così delicate senza i necessari approfondimenti e consensi non solo comporterà una ulteriore difformità di applicazione della disciplina sul territorio europeo, ma restringerà i diritti di cittadini e imprese senza che a tali sacrifici corrisponda un apprezzabile e proporzionato incremento della sicurezza. Sarebbe stato certamente più utile che la UE procedesse a una reale verifica dell'implementazione della direttiva modificata nel 2008 prima di proporre una riforma ulteriore, destinata in queste circostanze a creare ulteriore disomogeneità normativa e applicativa tra Paesi più e meno virtuosi, senza benefici rilevanti di pubblica sicurezza, ma creando decise penalizzazioni nei confronti di operatori e utilizzatori".