Proprio non si scappa dal latino maccheronico quando si tratta di legge elettorale. Una coazione a ripetere che si è stabilita nel 1993, dopo l'approvazione del sistema di voto firmato dall'allora deputato della Margherita, Sergio Mattarella. Il termine 'Mattarellum' fu coniato dal politologo Giovanni Sartori sul 'Corriere della Sera', per riferirsi a quella legge da lui aspramente criticata. La parola ebbe l'immediata consacrazione del capo dello Stato dell'epoca, Francesco Cossiga, che da giurista evidentemente apprezzò il calembour basato sulla prassi del diritto romano di battezzare col nome del compilatore un 'corpus juris' che desse organicitaà alla legislazione su una determinata materia raccogliendo tutte le norme relative.
E non dimentichiamo il Porcellum...
Da allora in poi, il 'latinorum' di manzoniana memoria è diventato d'ordinanza quando si parla di legge elettorale. Così nel 2005 l'Italia ha avuto il 'Porcellum', nome ottenuto latinizzando alla bell'e meglio la definizione che di quella legge elettorale aveva dato lo stesso autore, il leghista Roberto Calderodli: "Una porcata". Quando nel 2014 la Corte costituzionale abolì parti del 'Porcellum', la legge elettorale che ne è risultata è stata poi chiamata dai giornalisti 'Consultellum', applicando il latino al termine Consulta, il palazzo dove ha sede la Corte.
Matteo Renzi ha ideato il nome 'Italicum' per la legge elettorale varata dal suo governo nel 2016. E adesso che anche questa legge è stata amputata dalla Corte costituzionale? I grillini si sono inventati il 'Legalicum', parola che più che una legge elettorale riecheggia le formule esoteriche del mago Merlino nell'insuperabile cartone della Disney 'La spada nella roccia': "Aquarium, aquaticus, cum aqua digitorum", dice il mago quando trasforma il suo allievo in un pesce.