Roma - Sono un anestetico naturale. Suscitano tenerezza ed empatia. Servono a non farci ammalare. E restano umane, troppo umane. Da Omero a Federica Mogherini, da Roland Barthes a Papa Francesco le lacrime rappresentano forse il mistero più affascinante della nostra specie. Poiché, dal primo vagito, l'uomo continua a essere l'unico essere vivente sulla Terra a piangere: un privilegio e, assieme, una condanna. "Tutti presentano una lacrimazione che serve a proteggere l'occhio ma la lacrimazione come espressione delle emozioni non esiste tra gli animali", conferma Carlo Rondinini, docente di Conservazione della Fauna alla Facoltà di Scienza matematiche, fisiche e naturali dell'Università La Sapienza.
Il coccodrilo piange per espellere acido urico
Anche le famose lacrime del coccodrillo sono un fenomeno puramente fisiologico: "il coccodrillo piange per espellere acido urico", chiarisce l'esperto. "Alcuni animali 'sociali' presentano delle forme di espressione del dolore o del cordoglio. Ad esempio, gli elefanti si fermano a osservare e toccare gli altri elefanti morti nel branco. E il delfino continua a prendersi cura degli esemplari morti, come se non riuscisse a distaccarsi. Ma sono forme di espressione meno vistose del pianto".
Le lacrime contengono un oppioide che attutisce il dolore
Dunque, perché piangiamo? E perché lo facciamo in virtù di emozioni diverse, se non opposte, dal dolore alla gioia, dalla rabbia alla compassione? E, ancora: quale meccanismo innesca le lacrime nel nostro corpo? "La produzione di lacrime ha innanzitutto una ragione fisiologica: difendere l'occhio e idratare la cornea", spiega Camillo Loriedo, docente di Psichiatria dell'Università la Sapienza. "La scoperta all'interno delle lacrime di alcune sostanze che hanno un effetto anestetico, le encefaline, oppioidi endogeni che servono ad attutire il dolore, conferma l'ipotesi che le lacrime siano una riposta a un fastidio, ad esempio l'ingresso nell'occhio di un corpo estraneo". Come mai, allora, si piange anche quando non c'è alcun insulto per l'occhio? "Le lacrime di tipo emotivo comunque assolvono ad una funzione simile", sottolinea Loriedo. "Contengono un analgesico e quindi hanno un effetto analgesico. Riducono la sofferenza degli occhi ma vengono anche assorbite internamente".
Anche i 'Grandi' piangono, quando la commozione non si puo' nascondere FOTO
Il pianto inoltre, prosegue lo psichiatra, "ha un effetto sugli altri. Piangiamo per suscitare tenerezza ed empatia. È una richiesta di aiuto. Nelle interpretazioni etologiche prevale l'idea che il nemico non dovrebbe attaccarti se piangi". Le lacrime esprimono anche "condivisione: piangere insieme, per lo stesso avvenimento, vuol dire che siamo uniti e questo ci dà la possibilità di affrontare insieme sfide e difficolta'".
Loriedo ricorda, ad esempio, le lacrime di Federica Mogherini, il capo della diplomazia Ue, subito dopo gli attentati di Bruxelles. Allora Giorgia Meloni la attaccò,invitandola a dimettersi poiché simbolo di "un' Europa debole". Ma in questo caso, osserva l'esperto, quel pianto "non era segno di debolezza bensì di disponibilità a condividere una sofferenza comune".
Colse Odisseo,
— Patrizia Ciardelli (@ghegola) 18 marzo 2016
riconoscendo le ancelle,
un dolce desiderio di
sospiri e lacrime#conUlisse /22#VentagliDiParole pic.twitter.com/TeBhyUyLsO
Ma come originano, a livello fisico, le lacrime? "Quando c'è un'emozione forte, essa genera l'attivazione di una parte del cervello, il sistema limbico, che produce acetilcolina. Si tratta di un neurotrasmettitore che, entrato in circolo, quando arriva all'altezza delle palpebre fa attivare il sistema lacrimale", chiarisce lo psichiatra, secondo cui la maggiore attitudine femminile verso le lacrime affonda anche in una motivazione fisica. "La componente ormonale femminile predispone a reazioni emozionali più intense e più variabili", sottolinea l'esperto.
Resta, nondimeno, anche il tabù culturale per cui piangere - per un uomo - rappresenta un disdicevole segno di debolezza. "Non vedo perché l'uomo debba soffrire più della donna", afferma lo psichiatra. "Piangere fa sicuramente bene, è liberatorio, dà una sensazione di benessere e permette di condividere un'esperienza di empatia e di sostegno. Ammesso che si voglia interpretarlo come segno di debolezza, è comunque una debolezza che induce altre persone alla solidarietà. Riconoscere che si ha bisogno di aiuto, non è certo un segnale di resa ma esprime voglia di recuperare e ristabilire rapporti con gli altri, fattori determinanti nei processi di guarigione". Anzi, sottolinea Loriedo, "riuscire ad esprimere la propria sofferenza quando c'è un dispiacere o una perdita, significa esporsi meno alle patologie, recuperando prima". In In questo senso possiamo affermare che" piangere fa ammalare di meno e sopportare meglio gli eventi avversi".
Fornero piange = Lacrime di coccodrillo
— Alessandro Masala (@ShooterHatesYou) 14 aprile 2016
Obama piange = Tutto finto
Mogherini piange = Fragile, inadatta
Dibba piange = Uno di noi
Ok.
"Dio piange": papa Francesco 'sdogana' le lacrime
Tra i sempre più numerosi' sdoganatori delle lacrime', c' è anche Papa Francesco: nei primi 24 mesi del suo Pontificato, come ricorda Avvenire, Bergoglio ha fatto esplicito riferimento alle lacrime in 54 tra discorsi, messaggi, omelie e meditazioni. Sempre alludendo al pianto come" grazia, bontà e saggezza" perché, ha sottolineato il Papa, anche" Dio piange" e" Gesu' ha pianto per noi". E in quel pianto c' è la rappresentazione del pianto del padre," che ci vuole tutti con sé nei momenti difficili".
Ulisse e il pianto 'segno dei re'
Eppure gli uomini hanno smesso di piangere. E da un momento preciso della loro storia. "Il pianto è una forma di comunicazione che però nelle diverse culture e nel corso della storia e del pensiero occidentale ha avuto significazioni diversissime", spiega Laura Faranda, docente di Antropologia culturale alla Sapienza. "Ai tempi omerici le lacrime sono, in qualche modo, il segno dei re. Pensiamo ad Ulisse alla corte di Alcinoo, che lo ospita e lo sfama. Quando il sovrano vede Odisseo in lacrime, gli offre in sposa la figlia. Nel mondo antico tutti gli eroi piangono. E quanto piu l'eroe si carica di pathos, tanto più è seguito. Il pianto, l'emozione sono la misura dell'eroismo".
Dunque, "finché il pianto è stato appannaggio di una cultura pre-platonica di oralità primaria, il modello del sapere viene spesso associato al modello della sofferenza. L'Agamennone di Eschilo lo dice chiaramente: solo chi soffre sa. Per poter avere la percezione del mondo bisogna saper soffrire, l'apprendistato di dolore serve per piegare il tempo all'avventura conoscitiva". In fondo, prosegue l'antropologa, "tutte le pratiche iniziatiche sono modelli che inducono alla conquista del sapere attraverso la sofferenza. Solo chi piange, rende intellegibile il dolore".
Con Platone e la scrittura non c'è più bisogno di emozionarsi per conoscere
Ma da Platone in poi tutto cambia. E gli uomini non hanno più diritto alle lacrime. "Platone lo dice: basta veder piangere gli dei e gli eroi", sottolinea Faranda. "C'è la nascita della polis, di un sistema in cui la civiltà di segno androcratico necessita di una nuova immagine del maschile. E c'è l'avvento della scrittura. Il cittadino abbandona il pathos per un comportamento improntato alla misura, all'equilibrio e alla razionalita'". Soprattutto, "si introduce una forma di sapere che può essere consegnata a un sistema di scrittura: la memoria può diventare memoria 'irrigidita', non c'è piu bisogno di emozionarsi per conoscere".
Barthes e l'elogio delle lacrime
Ecco dunque che il pianto diventa "appannaggio femminile, 'manifestazione di donnicciola', istituto della sfera domestica, ricondotto all'eros e alla sofferenza intima. Alla donna è consentito piangere mentre all'uomo è vietato". Al maschio, tutt'al più, sono concesse "parentesi emotive dedicate al tema dell'amore o della sofferenza dell'amore. Come nel caso dei cosiddetti eroi romantici", conclude Faranda. Ma qui siamo nella 'ribellione' dell'amore dove tutto - o quasi - è concesso. Persino piangere. Solo l'innamorato, ricorda Roland Barthes nel suo Elogio delle lacrime, "non si cura minimamente della censura che oggi tiene l'adulto lontano dalle lacrime e attraverso cui l'uomo intende affermare la sua virilita'". Abbandonandosi al pianto, "l'innamorato rispetta gli ordini del corpo amoroso, che è un corpo bagnato, in espansione liquida: piangere insieme, sciogliersi insieme".
Per approfondire
Avvenire - Lacrime, l'enciclica silenziosa di Papa Francesco