Camerino - Matteo Renzi è andato subito nelle zone colpite dal sisma che ieri ha fatto tremare di nuovo l'Italia centrale. Fermati gli impegni precedenti, che oggi lo avrebbero portato in Veneto, il presidente del Consiglio ha raggiunto Camerino, in provincia di Macerata: un borgo arrampicato su un colle, con una storica università, frequentatissima dagli stranieri, che ha visto crollare il campanile e dove ora moltissime case sono inagibili. Una visita per toccare con mano i problemi degli abitanti, ma anche per fare il punto su una scossa che, la prima notte, ha portato fuori di casa 4-5mila persone.
La geologa, "un terremoto è imprevedibile, ma c'erano dei segnali"
Alla vigilia dell'inverno, il premier non vuole pensare a tendopoli. "Ricostruire presto e in modo serio: sono ottimista che riusciremo a farlo", ha detto visitando il paese. Per poi aggiungere, durante una riunione con i vertici della Protezione Civile, con il ministro Graziano Delrio, il sindaco del paese e altre autorità locali che "non possiamo immaginare di fare l'inverno in tenda, non bisogna metterle nemmeno le tendopoli. Questo è l'obiettivo. Vediamo come fare nei prossimi giorni". Un punto cruciale da cui ripartire è proprio l'Università: non solo perché è un simbolo, ma anche perché i suoi studenti sono parte cruciale della linfa vitale di questo territorio, sia per il rapporto con il borgo che per le risorse che portano alle attività commerciali. E proprio questo è stato uno dei temi che, alla fine della visita, è stato posto in maniera più pressante al premier dalle persone che lo hanno atteso alla fine dell'incontro tecnico: una richiesta di "non essere abbandonati", di "fare in fretta" ma anche di controllare che "tutto venga fatto bene". Perché Camerino il sisma l'ha già vissuto quasi 20 anni fa, nel 1997. "Una signora mi ha detto 'avevo appena finito di sistemare la casa del 97'", racconta il premier a un uomo che gli parla dei genitori, della casa al momento inagibile. Le prime risorse sono già state messe in campo, con 40 milioni stanziati questa mattina dal consiglio dei Ministri. "Non bastano neanche per...", dice Renzi, senza nemmeno terminare la frase, consapevole dell'importanza dei danni che anche questa volta hanno colpito queste terre. E' però "un primo segnale", rivendica il premier, che ora vuole "interventi strutturali. Lo dobbiamo spiegare bene a tutti, all'Italia e all'Europa", sottolinea con forza. E se c'é il "sollievo" perche' questa volta almeno non ci sono vittime c'è anche la necessità di "lavorare" e di farlo "tutti assieme": da qui l'appello, pur nel rispetto dei ruoli reciproci, al Parlamento, affinché "approvi in tempi rapidi" il decreto sul terremoto. Che non viene riaperto, ma su cui "stiamo discutendo di fare un emendamento".
Un provvedimento di cui comunque Renzi rivendica la "filosofia innovativa", "molto più filo-aree terremotate"; "quello che stiamo facendo è cercare di inserire anche queste aree nel ragionamento complessivo. Dopo di che noi diamo il messaggio che l'Italia c'è, siamo tutti vicini e lavoriamo tutti assieme senza distinzioni". Senza lasciare che "i riflettori si spengano", con la stessa filosofia che si sta usando ad Amatrice. Dalla cui esperienza, spiega il premier, potrebbero essere mutuati alcuni modelli, come quello del credito d'importa. "Anche se piegati, non possiamo mollare, l'Italia non si fa fermare dal terremoto, tutto il Paese è al vostro fianco", ha concluso il premier, che ha portato il saluto del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, "che vi abbraccia e seguirà con attenzione le vostre vicende". (AGI)