Roma - Stefano Cucchi morì per un attacco epilettico e non per un pestaggio. E' la conclusione cui sono giunti gli esperti nominati dal gip di Roma, nell'ambito di una nuova inchiesta sul decesso del geometra 22enne, avvenuto all'ospedale Sandro Pertini il 22 ottobre del 2009. Sotto accusa erano finiti i carabinieri del comando stazione di Roma Appia che avevano fermato Cucchi per droga..
Stando ai periti nominati dal gip Elvira Tamburelli nell'ambito dell'incidente probatorio (atto che assume valore di prova in caso di processo) nell'inchiesta bis su cinque carabinieri - tre indagati per lesioni personali aggravate e abuso d'autorità e due per falsa testimonianza - "le lesioni non possono essere considerate correlabili causalmente o concausalmente, direttamente o indirettamente anche in modo non esclusivo, con l'evento morte".
La sorella Ilaria, avremo un nuovo processo per omicidio
Cucchi, affermano i periti, è morto "improvvisamente" alla luce del suo precario stato di salute. "E' stata una morte improvvisa e inaspettata per epilessia, in un uomo con patologia epilettica di durata pluriennale, in trattamento con farmaci antiepilettici". Questa è l'ipotesi ritenuta dai periti "dotata di maggiore forza e attendibilità", considerate "la natura, l'entità e l'effettiva portata delle lesioni".
Al di la' dell'epilessia, "per la quale la tossicodipendenza di vecchia data puo' aver svolto un ruolo causale favorente per le interferenze con gli stessi farmaci antiepilettici", i periti hanno attribuito analoga "concausa favorente" anche alla "condizione di severa inanizione" (l'indebolimento dell'organismo per carenza di alimentazione), in cui versava Cucchi. Gli esperti hanno anche preso in esame l'ipotesi che la morte del ragazzo sia legata "alla recente frattura traumatica di S4 associata a lesione delle radici posteriori del nervo sacrale". Un'ipotesi "possibile" - hanno detto i periti - ma da ritenere comunque meno attendibile di quella connessa all'epilessia. "La frattura della S4, comunque indotta, puo' essere considerata causativa dell'insorgenza della vescica neurogenica, non gia' della sua dilatazione, occorsa misconosciuta in soggetto ospedalizzato e cateterizzato". Ma se Cucchi, durante la sua degenza all'ospedale Sandro Pertini, "fosse stato adeguatamente sorvegliato e sottoposto a monitoraggio infermieristico, con controllo della diuresi, la dilatazione vescicale, del tutto attendibilmente, non si sarebbe verificata". Questo e' un altro passo delle conclusioni della perizia dei medici nominati in sede di incidente probatorio dal gip Tamburelli.
Sul ruolo del globo vescicale come causa della morte in conseguenza della frattura della S4, e quindi del pestaggio subito da Cucchi, hanno sempre insistito i consulenti della famiglia di Stefano. Quanto all'operato di chi ebbe in cura in ospedale il geometra 32enne, la terza Corte d'assise d'appello di Roma, il 18 luglio scorso, ha scagionato dall'accusa di concorso in omicidio colposo, al termine del nuovo processo di secondo grado maturato dopo il rinvio della Cassazione, il primario Aldo Fierro e i sanitari Stefania Corbi, Flaminia Bruno, Luigi De Marchis e Silvia Di Carlo. Erano invece gia' diventate definitive le assoluzioni del medico Rosita Caponetti e degli infermieri Giuseppe Flauto, Elvira Martelli e Domenico Pepe, oltre a quelle degli agenti di polizia penitenziaria Nicola Minichini, Corrado Santantonio e Antonio Domenici, che rispondevano del reato di lesioni volontarie perche' sospettati di aver picchiato Cucchi con violenza. (AGI)