Roma - Un tempo bastava mettere le mani sul negativo, su quelle poche copie che il fotografo era riuscito a stampare e la reputazione era piu' o meno salva. "Oggi, se metto un'immagine on-line, nello stesso istante in cui la pubblico viene duplicata infinite volte senza alcuna perdita di qualita'" sottolinea l'avvocato Mario Ponari, esperto in tutela della privacy e trattamento dei dati personali. E puo' essere l'inizio della fine. Al di la' dell'esito drammatico della vicenda di Tiziana Cantone, i social sono "pieni di ragazzi che si divertono a postare foto degli amici ubriachi fradici. Immagini che in futuro saranno viste dai datori di lavoro, dalle mogli e persino dai figli". Gli strumenti legali di tutela per ci sono e, sottolinea Ponari, "forse in nessuna materia come la privacy il legislatore ha cercato di tenersi al passo: entro due anni, ad esempio, dovra' entrare in vigore il regolamento unico europeo in materia di dati personali. Ma non bisogna illudersi che sia sufficiente, se consideriamo che gia' la normativa sul diritto d'autore del 1933 di fatto metteva al riparo le persone ritratte nelle fotografie dall'uso dell'immagine senza il loro consenso".
Anche oggi i gestori dei social network sono stati abili a mettersi al riparo dalle conseguenze delle condivisioni non autorizzate. E nel momento in cui si pubblica qualcosa, ad esempio su Facebook, si dichiara di avere il consenso delle persone ritratte. "Al di la' di questo caso drammatico bisogna essere consapevoli del fatto che quell'immagine imbarazzante, ingiuriosa o vergognosa, sopravvivra' alla persona stessa" dice ancora Ponari, " ne' bisogna illudersi che non aver postato una foto ci metta al riparo. Nel momento in cui un file - che sia video, foto o audio - lascia il supporto in cui e' stato memorizzato per essere inviato a qualcuno che ci ha giurato che non lo fara' vedere a nessuno, bisogna mettere in conto la possibilita', se non la certezza, che venga condiviso con altri. E che, prima di approdare ai social, sia passato per migliaia di mani, smartphone e sguardi".Qual e' allora la soluzione? "Il diritto all'oblio e le sanzioni penali esistono" ricorda Ponari, "ma a monte serve un'educazione alla condivisione. Il problema e' noto, tant'e' che e' stato preso in considerazione dal garante della privacy che ha pubblicato un vademecum". Ne' vale, persino sul fronte legale, il ragionamento auto assolutorio del 'se l'e' cercata'. "La povera Tiziana" dice Ponari, "aveva tutto il diritto di farsi ritrarre mentre faceva quello che faceva. La discriminante e' nella finalita': si puo' dire che avesse in qualche modo prestato il proprio consenso per finalita' private, non per finalita' pubbliche. Nel momento in cui si esaurisce la finalita' per la quale e' stato dato il consenso, il documento deve essere distrutto o reso anonimo". (AGI)